writer58
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domenica 21 dicembre 2014
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"fight club" 2
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"Gone Girl" mi ha lasciato un vago senso di irritazione. Lo scrivo non perché i miei stati d'animo possano interessare gli eventuali lettori, ma come punto di partenza delle mie impressioni. Le architravi del film sono:
1. L'analisi spietata del potere dei mass media che costruiscono/demoliscono personaggi, che fabbricano santini o mostri sulla base di elementi labili, convenzionali o stereotipi. Una cultura dell'immagine che costruisce universi di finzione recepiti acriticamente dal pubblico ("L'incredibile Amy", "il marito assassino")
2. La rappresentazione corrosiva del matrimonio come un "inferno a due", un luogo dove esercitare pulsioni di controllo, dominio e morte.
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"Gone Girl" mi ha lasciato un vago senso di irritazione. Lo scrivo non perché i miei stati d'animo possano interessare gli eventuali lettori, ma come punto di partenza delle mie impressioni. Le architravi del film sono:
1. L'analisi spietata del potere dei mass media che costruiscono/demoliscono personaggi, che fabbricano santini o mostri sulla base di elementi labili, convenzionali o stereotipi. Una cultura dell'immagine che costruisce universi di finzione recepiti acriticamente dal pubblico ("L'incredibile Amy", "il marito assassino")
2. La rappresentazione corrosiva del matrimonio come un "inferno a due", un luogo dove esercitare pulsioni di controllo, dominio e morte.
3. La rappresentazione di una donna (Amy) che dispone apparentemente di un potere di manipolazione illimitato, quasi un archetipo di "femme fatale", capace di ridurre all'impotenza chiunque osi porsi di traverso, chiunque non corrisponda ai suoi desideri o non sia disponibile ad essere plasmato dalle sue necessità di controllo.
Dal punto di vista realistico, il film di Fincher è disastroso. La sparizione della moglie, l'accumulo di prove contro il marito, la sua incriminazione per l'omicidio della moglie, il ritorno di Amy in circostanze particolari (che non intendo rivelare per non spoilerare troppo il film) non reggono e propongono un'immagine deliberatamente artefatta dei rapporti tra gli investigatori,i mass media e i protagonisti, come se ci trovassimo davanti a un circo virtuale in cui la "verità" scompare e viene rimodellata in funzione di esigenze di spettacolarizzazione o di dominio individuale.
Ma non è su questo versante che va cercata la "cifra" dell'opera. Così come "Fight club" era una violentissimo atto d'accusa nei confronti della razionalità occidentale, del suo conformismo, dei suoi rituali, dei suoi miti e delle sue ipocrisie, allo stesso modo "Gone girl" demolisce l'istituzione della coppia e del matrimonio, la trasforma in un palcoscenico di pulsioni sadico-aggressive, fino a terremotare la nozione stessa di realtà, riducendola a mero epifonemeno di ciò che i mass media veicolano tramite i loro sacerdoti (nel caso specifico, la conduttrice del talk show).
In questo universo finzionale, Amy brilla come un gigante che sovrasta un esercito di pigmei: i poliziotti, gli uomini del passato,i genitori, lo stesso marito appaiono come un accolita di imbecilli in grado solo di alimentare il mito della "amazing Amy", della donna perfetta capace di gesti estremi, pur di mantenere il proprio dominio sui suoi oggetti d'investimento.
Le caratteristiche deliberatamente artificiose del film costituiscono insieme il suo pregio e il suo limite: demolisce la retorica dell'amore e dei sentimenti ,ma, nel farlo, propone un universo abitato da marionette a due dimensioni, succubi dei meccanismi di costruzione delle convenzioni.
Da qui la mia irritazione, da qui l'interesse della pellicola.
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ilpoponzimo
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domenica 21 dicembre 2014
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l'urlo di fincher
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Stupore. Angoscia. Silenzio. Si fa quasi fatica a commentare un film del genere. Si fa quasi fatica a rimanerne impassibili. Perche Gone Girl è un film irreale, ma che si guarda con un’atroce senso di realtà. Tutti noi ci sentiamo parte di quel mondo caotico, subdolo, vorace e nauseante che ci viene mostrato da uno degli occhi più complessi del cinema moderno. Già, perche David Fincher è una figura complessa e spesso irrisoluta, che percepisce e fa percepire il suo cinema come un grido d’aiuto. Un grido che agghiaccia lo spettatore e lo condanna al più macabro dei mondi possibili. Una figura complessa e spesso irrisoluta come dicevamo, ma estremamente banalizzata dietro l’immaginario comune che pone Fincher come un punto di passaggio necessario nella dialettica del cinema d’intrattenimento.
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Stupore. Angoscia. Silenzio. Si fa quasi fatica a commentare un film del genere. Si fa quasi fatica a rimanerne impassibili. Perche Gone Girl è un film irreale, ma che si guarda con un’atroce senso di realtà. Tutti noi ci sentiamo parte di quel mondo caotico, subdolo, vorace e nauseante che ci viene mostrato da uno degli occhi più complessi del cinema moderno. Già, perche David Fincher è una figura complessa e spesso irrisoluta, che percepisce e fa percepire il suo cinema come un grido d’aiuto. Un grido che agghiaccia lo spettatore e lo condanna al più macabro dei mondi possibili. Una figura complessa e spesso irrisoluta come dicevamo, ma estremamente banalizzata dietro l’immaginario comune che pone Fincher come un punto di passaggio necessario nella dialettica del cinema d’intrattenimento. Ma Fincher è tutt’altro. E’ colui che smaterializza la componente autoriale all’interno di un’apparato filmico totalmente classichegiante e lo imbeve di cinema moderno. Non esiste Fincher senza Hitckock dicono molti, e nella realtà dei fatti hanno ragione. Non esiste Fincher senza cinema classico. Ma non esiste cinema moderno senza Fincher, è questo il punto. Come in Seven e (il mai apprezzato abbastanza) Zodiac, offre allo spettatore i punti d’appiglio alla quale è cosi strettamente legato e con l’ancedere della narrazione li sposta uno ad uno fino a lasciarlo fluttuante nel vuoto più assoluto a godersi lo spettacolo. E sta li la magia di questo grande regista. Ci sottomette all’immagine, che scorre violentemente e inesorabilmente verso il prossimo colpo di scena, e lo fa senza mai farcelo percepire. Scrive,elabora e riscrive un genere che pende sempre maggiormente dalle sue labbra e dal suo occhio: il Thriller. Questa volta non si accontenta però. Solca i generi e li mischia tra loro in modo perfetto, come se ognuno fosse il pezzo necessario di un puzzle. NECESSARIO, quando in realtà non lo è. Nella prima ora di film Fincher costruisce un Thriller in piena regola, con tutti i crismi che lui conosce meglio di ogni altro e proprio quando siamo sicuri che sia quello sia il film che stiamo guardando, il regista cambia tutto. Si invertono i soggetti, il MacGuffin iniziale viene svelato e la storia si mostra per quello che è in realtà. Una critica spietata alla società dell’immagine, come se ne vedono tante in questo periodo, ma nessuna di esse con questa fredda lucidità. Infatti mentre il Thriller in piena regola si trasforma in una commedia grottesca e i personaggi invertono le proprie sfaccettature, c’è un’unica cosa che rimane costante. L’occhio. L’occhio della macchina da presa che rimane nitido su ciò che è la realtà dietro l’immagine pubblica. I personaggi si evolvono in una maniera che sembra quasi incomprensibile, ma che mantiene la coerenza di quel mondo che ci viene mostrato. Il colpo di scena non è mai fatto solo per sorprendere lo spettatore, ma si va ad incassellare alla perfezione nel mosaico che riusciremo a vedere con chiarezza soltanto alla fine. Ben Affleck ( paradossalmente adatto al personaggio) e Rosamund Pike sono la perfetta nemesi l’uno dell’altro e non possono far altro che vivere di questo rapporto. Come il miglior Polanski in Rosemary’s baby prima, e successivamente in Carnage analizza il rapporto di coppia e la sua tremenda realtà aldilà dell’opinione comune, anche Fincher fa della vita matrimoniale il più temibile dei ritratti, nella quale le pulsioni, i difetti e le tragicità dei personaggi vengono alla luce. E non ci lascia via di scampo. Tutti siamo imperfetti. Tutti siamo alla fine costretti a desistere e a quel punto possiamo solo farci scudo con la nostra artificiosa felicità da mostrare a un pubblico ignobilmente compiaciuto che sa e non vede l’ora di essere ingannato. Una colonna sonora stupefacente ci ingloba totalmente all’interno della vicenda e segue con un ritmo estremo il mutare dei personaggi e del vero protagonista di questa vicenda: Rosamund Pike. Uno dei personaggi più complessi e geniali degli ultimi anni attraverso il quale tutto l’impianto narrativo prende forma e si smonta autonomamente. Come Rooney Mara nel suo Millenium è la carnalità dell’immagine femminile che diventa spietata e piega ogni tipo di realtà al suo volere. Un volere di libertà, di indipendenza e soprattutto di dominio nei confronti dell’uomo, e della società da lui costruita. Per questo Gone Girl nonostante non sia il miglior film del regista e considerabile comunque la summa del suo cinema e forse il suo film più completo. Tutto ciò che vuole dire lo dice alla perfezione, dalla prima immagine fino all’ultima che ci lascia sgomenti, con un vuoto e con un’angoscia che solo una figura complessa e spesso irrisoluta può regalarci. Alla fine, si rimangono a fissare i titoli di coda e ci si sente male e le uniche cose che ci rimangono sono lo stupore,l’angoscia, il silenzio assordante della nostra asfittica,artificiosa felicità e quell’assordante grido d’aiuto che ancora una volta David Fincher ci lancia sperando che questa volta non rimanga inascoltato.
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mattiabertaina
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giovedì 23 ottobre 2014
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narratori mendaci e risvolti noir, ecco fincher
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Menzogna, paura, sospetto, tradimento, vendetta, pentimento. Il nuovo lavoro del regista David Fincher, Gone girl – l’amore bugiardo, tratto dal romanzo di Gillian Flynn (e sceneggiato da quest’ultimo ndr), è un thriller con risvolti noir serrato, chirurgico, senza sbavature. Fincher è tornato, e con esso la sua messinscena più cupa, come già in Zodiac o Seven, senza sconti, lavorando di cesello e di suggestioni. Gone girl porta sullo schermo la vita matrimoniale di una coppia in difficoltà, tra le vicissitudini familiari e le avversità lavorative; Nick Dunne, interpretato da Ben Affleck e la moglie Amy, Rosamund Pike, sono giunti al loro quinto anniversario, giorno in cui lei scompare lasciando dietro di sé soltanto un tavolino da salotto rovesciato e tracce di sangue frettolosamente ripulite in cucina.
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Menzogna, paura, sospetto, tradimento, vendetta, pentimento. Il nuovo lavoro del regista David Fincher, Gone girl – l’amore bugiardo, tratto dal romanzo di Gillian Flynn (e sceneggiato da quest’ultimo ndr), è un thriller con risvolti noir serrato, chirurgico, senza sbavature. Fincher è tornato, e con esso la sua messinscena più cupa, come già in Zodiac o Seven, senza sconti, lavorando di cesello e di suggestioni. Gone girl porta sullo schermo la vita matrimoniale di una coppia in difficoltà, tra le vicissitudini familiari e le avversità lavorative; Nick Dunne, interpretato da Ben Affleck e la moglie Amy, Rosamund Pike, sono giunti al loro quinto anniversario, giorno in cui lei scompare lasciando dietro di sé soltanto un tavolino da salotto rovesciato e tracce di sangue frettolosamente ripulite in cucina. Il resto è lo snodo del canovaccio, che narra e dissimula, senza sapere, molte volte, dove si ponga il confine tra verità e menzogna. Dopo un inizio più canonico ed ordinario, dove si vede meno la mano registica fincheriana, si passa a quello che il cineasta americano sa fare con maggior maestria: costruire una narrazione in cui lo spettatore si addentra, (in)consapevole che presto le strutture rodate e le previsioni più ovvie saranno inesorabilmente destinate a saltare. Questo è Fincher, che fagocita e si fagocita, cita e si autocita, con un’ipertestualità evidentissima. Da rimandi Hitchcockiani a The Game, da Millennium – uomini che odiano le donne a The social network, Gone girl è un turbinio di rinvii a personaggi già sviscerati in passato, a tematiche trattate di petto, ma senza diventare mai didascalico o ripetitivo, tantomeno prevedibile. Una Rosamund Pike che fa inneggiare alla rivelazione; una iniziale voce narrante che fa presagire il divenire e lo sguardo di Amy dritto in macchina. Gone girl rappresenta un lavoro di altissimo profilo con una critica sapida alle convenzioni sociali, ai mass-media che tutto estremizzano ed esasperano, alla volubilità dell’opinione pubblica. Il punto di vista del narratore è ingannevole e cangiante, conferendo un senso di smarrimento e di dubbio.
Un film caldamente consigliato.
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[+] le vere relazioni umane, dissolte nel nulla…
(di antonio montefalcone)
[ - ] le vere relazioni umane, dissolte nel nulla…
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dystopia
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sabato 25 aprile 2015
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sopravvalutato
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Un film sceneggiato non con i piedi, ma con dei moncherini. Chiunque è capace di scrivere una sceneggiatura ricca di twist ed assurdità, l'abilità sta nel renderla credibile e farla funzionare, fornendo spiegazioni e dettagliando in modo che non si creino buchi narrativi, incongruenze e soprattutto situazioni irrealistiche, perché da un film del genere io mi aspetto una trama consistente e solida, non cose messe lì tanto per allungare la minestra e creare l'effetto sorpresa con dei colpi di scena (anche abbastanza prevedibili, tra l'altro) e situazioni il cui realismo è paragonabile ad un episodio di Tom & Jerry. Potrei fare un elenco interminabile di difetti nello script di questo film, ma non mi sembra corretto spoilerare il tutto a chi eventualmente voglia vederlo ed incappi in questo commento.
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Un film sceneggiato non con i piedi, ma con dei moncherini. Chiunque è capace di scrivere una sceneggiatura ricca di twist ed assurdità, l'abilità sta nel renderla credibile e farla funzionare, fornendo spiegazioni e dettagliando in modo che non si creino buchi narrativi, incongruenze e soprattutto situazioni irrealistiche, perché da un film del genere io mi aspetto una trama consistente e solida, non cose messe lì tanto per allungare la minestra e creare l'effetto sorpresa con dei colpi di scena (anche abbastanza prevedibili, tra l'altro) e situazioni il cui realismo è paragonabile ad un episodio di Tom & Jerry. Potrei fare un elenco interminabile di difetti nello script di questo film, ma non mi sembra corretto spoilerare il tutto a chi eventualmente voglia vederlo ed incappi in questo commento. Mi limito a dire che avrebbe potuto essere un film leggermente migliore se il finale fosse stato diverso, ma così è davvero una presa per i fondelli nei confronti dello spettatore e concludendo ribadisco: un film sopravvalutato che viene elogiato da gente a cui piace fare il profiler di personaggi mal-scritti, accusando gli altri di mancare di sensibilità e cercando di difendere l'indifendibile.
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laurence316
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martedì 11 luglio 2017
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disturbante e angoscioso thriller dai toni noir
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Sceneggiato dalla stessa autrice a partire dal romanzo "L'amore bugiardo", Gone Girl (ambiguo titolo il cui significato letterale è "ragazza andata"), il 10° film di Fincher regista, è un tremendo e angoscioso film che, per la prima ora, si limita a distribuire indizi e a concentrarsi sul fragore mediatico derivante dall'improvvisa scomparsa di Amy, ma che nel tempo restante diventa una turbinosa discesa in un abisso di follia, cinismo, sospetto e tradimento. Inizialmente si è portati a respingere l'oscura figura che è Nick, ma poi il gioco si ribalta e si avvia verso un crescendo di tensione e suspense dove nulla è più certo, dove il film diventa più imprevedibile, violento e tipicamente dark.
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Sceneggiato dalla stessa autrice a partire dal romanzo "L'amore bugiardo", Gone Girl (ambiguo titolo il cui significato letterale è "ragazza andata"), il 10° film di Fincher regista, è un tremendo e angoscioso film che, per la prima ora, si limita a distribuire indizi e a concentrarsi sul fragore mediatico derivante dall'improvvisa scomparsa di Amy, ma che nel tempo restante diventa una turbinosa discesa in un abisso di follia, cinismo, sospetto e tradimento. Inizialmente si è portati a respingere l'oscura figura che è Nick, ma poi il gioco si ribalta e si avvia verso un crescendo di tensione e suspense dove nulla è più certo, dove il film diventa più imprevedibile, violento e tipicamente dark. Il finale, spesso non compreso, suggerisce una sospensione della storia, una storia da cui (soprattutto per Nick) non esiste via d'uscita.
Certo, alcuni passaggi posso risultare poco chiari o frettolosi, ma nel complesso il film offre una trama solida, ottimamente congegnata, dinamica, spaesante, con buone interpretazioni e ottima regia. Elogiato da critica e pubblico, è senza ombra di dubbio uno dei più intriganti, interessanti e migliori film della stagione, forse troppo violento e sarcastico per non attrarre inevitabili critiche, ma che offre una cupa e realistica visione del mondo (dell'America) e una tagliente e sferzante critica al sistema dei mass-media e dell'intrattenimento. Uno dei migliori risultati di Fincher, dopo Seven, Fight Club e Zodiac e assolutamente irrinunciabile per chiunque abbia visto (ed apprezzato) i suddetti film.
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zarar
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giovedì 1 gennaio 2015
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una volta ci davano almeno il lieto fine
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Film deludente. Confezionato con lusso patinato, abbondanza di colpi di scena, attenzione iperrealistica alla tipologia dei caratteri, dosaggio calcolato con bilancino di ambiguità, follia, ingenuità, sadismo, sesso, sangue, con astuta immersione del plot in temi di facile presa (le famiglie distruttive, il potere dei media, la socialità distorta) non ha tuttavia né il sapore diabolico e sulfureo del gioco perverso e gratuito alla Tarantino, né quello di un’analisi convincente e coinvolgente alla Hitchcock di una patologia psicotica. I grandi temi sono ridotti al grado zero di complessità, i personaggi sono totalmente senza qualità, agiti, non agenti, pedine di un gioco meccanico fortemente a tesi.
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Film deludente. Confezionato con lusso patinato, abbondanza di colpi di scena, attenzione iperrealistica alla tipologia dei caratteri, dosaggio calcolato con bilancino di ambiguità, follia, ingenuità, sadismo, sesso, sangue, con astuta immersione del plot in temi di facile presa (le famiglie distruttive, il potere dei media, la socialità distorta) non ha tuttavia né il sapore diabolico e sulfureo del gioco perverso e gratuito alla Tarantino, né quello di un’analisi convincente e coinvolgente alla Hitchcock di una patologia psicotica. I grandi temi sono ridotti al grado zero di complessità, i personaggi sono totalmente senza qualità, agiti, non agenti, pedine di un gioco meccanico fortemente a tesi. Lasciamo stare palesi assurdità come la tranquilla visita notturna dell’amante ad un uomo sotto il controllo della polizia, o il Grand Guignol della protagonista sanguinolenta che si presenta alla conferenza stampa…se cercate un minimo di senso dell’ironia o il sapore autentico del dramma andate altrove. L’unico senso che sembra si possa riconoscere a questo film è il suggerire che in questo mondo pazzo in cui nessuno è totalmente innocente e nessuno totalmente colpevole, la pazzia sfrenata e lucida è quella che trionfa su ogni lucida resistenza razionale fino all’estremo di imporsi come restituita, sorridente normalità. Potrebbe essere un grande tema, se avesse un minimo di profondità e non fosse sviluppato in modo così meccanico. Così non c’è da stupirsi che i poveri spettatori – ignari di questo o altri profondi significati - dopo 145’ di martellamento della pazza trionfante escano dal cinema brontolando collettivamente contro il mancato lieto fine.
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[+] recensione perfetta..
(di luanaa)
[ - ] recensione perfetta..
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filippo catani
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lunedì 22 dicembre 2014
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un nuovo capolavoro per fincher
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Il giorno del quinto anniversario di nozze, una giovane e bella scrittrice scompare letteralmente nel nulla. Il marito, rientrando a casa e notando i segni di una possibile collutazione, avverte immediatamente la polizia. Le indagini porteranno alla luce fatti sconvolgenti.
Possiamo stappare i tappi dello champagne: è tornato il Fincher dei capolavori quali Seven ma soprattutto Fight Club. Purtroppo per elogiare a pieno il film bisognerebbe scendere nei particolari della trama cosa che non farò affatto onde evitare di svelare nulla anche perchè proprio la sceneggiatura a puzzle è uno dei cavalli di battaglia del film. Difficile scorgere un difetto al film che smaschera le tante ipocrisie che spesso si celano dietro le mura di casa e dietro ai sorrisi di circostanza delle interviste.
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Il giorno del quinto anniversario di nozze, una giovane e bella scrittrice scompare letteralmente nel nulla. Il marito, rientrando a casa e notando i segni di una possibile collutazione, avverte immediatamente la polizia. Le indagini porteranno alla luce fatti sconvolgenti.
Possiamo stappare i tappi dello champagne: è tornato il Fincher dei capolavori quali Seven ma soprattutto Fight Club. Purtroppo per elogiare a pieno il film bisognerebbe scendere nei particolari della trama cosa che non farò affatto onde evitare di svelare nulla anche perchè proprio la sceneggiatura a puzzle è uno dei cavalli di battaglia del film. Difficile scorgere un difetto al film che smaschera le tante ipocrisie che spesso si celano dietro le mura di casa e dietro ai sorrisi di circostanza delle interviste. La pellicola inoltre mostra in pieno il cinico mondo dei media sempre pronto ad abbattersi sulla sciagura di turno ora per sostituirsi a chi indaga ora a inscenare processi sommari. Il cast femminile è assolutamente fantastico dalla sua interprete principale fino alle coprotagoniste.La Pike è fantastica nel calarsi nel difficile e terribile ruolo che le è stato assegnato: cinica, algida e senza scrupoli. Un'interpretazione da Oscar. Non sfigura affatto nemmeno Ben Affleck che ultimamente pare non sbagliare un colpo e anche quì risulta perfetto nella parte del marito che diventa il primo sospettato per la scomparsa della moglie. Ottime anche le ambientazioni e la fotografia con una scena verso il finale davvero da brivido. Ci fermiamo quì; Fincher è ancora tra noi ed è ancora capace di regalarci una pellicola che, per quasi due ore e mezzo, tiene lo spettatore incollato alla sedia grazie anche ad una sapiente alchimia di generi ma soprattutto facendolo partecipare in prima persona alla caccia al tesoro (guardando il film si capisce a cosa mi riferisco). Tra i tre film più belli del 2014.
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matteo calvesi
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martedì 6 gennaio 2015
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bugiardo come le maschere, vero come la finzione
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Imprevedibile e intenso, a volte al limite del surreale. Non come la finzione, quella è più che reale. L’amore bugiardo è un film pieno di svolte e cambi di direzione inaspettati che rendono il film originale, sempre vivo e partecipato. Ogni qualvolta sembri che la spiegazione sia lì per esser colta, vicino allo spettatore, la storia e quindi il thriller cambia direzione e prende una piega inaspettata. Dietro alla risoluzione dell’enigma c’è sempre una piano diabolico e meschino più grande di quello che ci si aspetti. Perché “la risposta vera a volte è quella più facile”, ma non è questo il caso.
Al centro di tutto c’è la sparizione di una donna, una moglie aristocratica e snob di New York, sposata con un bravo ragazzotto del Missouri, troppo semplice e mediocre per non sentirsi continuamente inferiore rispetto alla moglie.
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Imprevedibile e intenso, a volte al limite del surreale. Non come la finzione, quella è più che reale. L’amore bugiardo è un film pieno di svolte e cambi di direzione inaspettati che rendono il film originale, sempre vivo e partecipato. Ogni qualvolta sembri che la spiegazione sia lì per esser colta, vicino allo spettatore, la storia e quindi il thriller cambia direzione e prende una piega inaspettata. Dietro alla risoluzione dell’enigma c’è sempre una piano diabolico e meschino più grande di quello che ci si aspetti. Perché “la risposta vera a volte è quella più facile”, ma non è questo il caso.
Al centro di tutto c’è la sparizione di una donna, una moglie aristocratica e snob di New York, sposata con un bravo ragazzotto del Missouri, troppo semplice e mediocre per non sentirsi continuamente inferiore rispetto alla moglie. In questa opera, ogni personaggio è messo in gioco e può esser la soluzione all’enigmatico crimine. Il primo sospettato tra tutti è proprio il protagonista, il marito della donna, interpretato dall’attore e regista Ben Affleck, ed il movente a volte sembra quasi evidente. In questo film l’attore però, proprio perché non dotato di una forte espressività e grazie ad una interpretazione “a togliere”, alimenta il mistero e i dubbi sul personaggio. L’imprevedibilità, a volte sembra quasi surreale e grottesca, mentre la finzione e le maschere dei personaggi sono più vere che mai, reali, fin troppo contemporanee. Attuale e vero, come il mondo della tv e della cronaca nera che viene presentato, purtroppo così vicino a ciò che ci viene proposto ogni giorno.
Quando proprio la linea sembra tracciata, dopo il primo colpo di scena, lo spettatore sembra indirizzato verso la soluzione del thriller, che in quel momento sembra assomigliare anche ad altri film del genere. La trama è invece quasi all’inizio, e i cambi di volta si susseguono più volte fino al finale, così intenso e più che mai originale, il quale ci rende una amara e inaspettata affermazione della finzione meschina e bugiarda. Ad un certo punto non si distingue più il vero dal falso, la ragione dalla follia. I personaggi diventano tutti schiavi di questo gioco diabolico e meschino e non c’è possibilità ormai di tornare indietro, di uscire dalla finzione per ritornare ad esser quello che si era stato. Non si può più seguire la verità, i propri principi devono esser messi da parte, bisogna andare avanti e utilizzare una nuova maschera.
La regia ed il montaggio del film sono eccezionali e impreziosiscono la imprevedibilità del film. I continui flashback sembrano aiutare lo spettatore nella comprensione e nella ricostruzione del crimine, ma invece spesso lo ingannano e lo portano a conclusioni errate. La sceneggiatura è senza dubbio originale anche se quasi esasperata. Il film è intenso, vivo e originale anche se le svolte di rotta sembrano quasi forzate ed eccessive. E’ un film in cui la finzione è al centro di tutto, portata all’eccesso, ai limiti della follia umana e diabolica, perché ogni cosa può sembrare reale se noi vogliamo che lo sia, anche l’amore. I personaggi sono continuamente in discussione, possono esser vittime o colpevoli allo stesso tempo. Ciò che vogliamo sembrare ed apparire a volte rischia di esser più importante dei nostri principi e valori, come se oggi giorno ognuno di noi dovesse ricercare una sua maschera, a tutti i costi, anche di un crimine, vero o presunto che sia.
Matteo Calvesi
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yanomotoharu
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domenica 28 dicembre 2014
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troppe cose che non tornano!
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Come giudichereste un film che vi tiene letteralmente incollati allo schermo dal primo all’ultimo minuto? Può sembrare una domanda banale, ma non è così.
Gone Girl potrebbe essere un film da 10+, eppure durante tutta la pellicola sono disseminate incongruenze, reazioni innaturali e fatti inspiegabili che lo rendono eccessivamente irreale. Diventa progressivamente difficile immedesimarsi nei personaggi. La mia sensazione è che l’eccessiva contortezza della trama abbia in qualche modo reso impossibile concludere la storia in modo credibile. Forse anche per questo motivo il finale è inesistente! Un finale troppo aperto per come la vedo io non è un finale.
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Come giudichereste un film che vi tiene letteralmente incollati allo schermo dal primo all’ultimo minuto? Può sembrare una domanda banale, ma non è così.
Gone Girl potrebbe essere un film da 10+, eppure durante tutta la pellicola sono disseminate incongruenze, reazioni innaturali e fatti inspiegabili che lo rendono eccessivamente irreale. Diventa progressivamente difficile immedesimarsi nei personaggi. La mia sensazione è che l’eccessiva contortezza della trama abbia in qualche modo reso impossibile concludere la storia in modo credibile. Forse anche per questo motivo il finale è inesistente! Un finale troppo aperto per come la vedo io non è un finale. Voi potreste dirmi: “si, ma è fatto apposta, vuole lasciare più interpretazioni, ecc.”. Beh allora tagliamo il finale di Titanic quando la nave inizia ad affondare così uno può interpretarsi da solo il finale. Chissà che fine avranno fatto Jack e Jane? No, non funziona così. Una trama deve avere un inizio e una fine. Tra l’altro lo pseudo finale proposto è totalmente irreale.
Mi spiego meglio. Ecco alcune delle cose che non mi tornano (SPOILER):
- com’è possibile che Amy torni a casa di punto in bianco, tutta sporca di sangue dopo aver ucciso un uomo e il caso venga chiuso nel giro di… due ore? La versione di Amy fa acqua da tutte le parti!
- ci sono circa un milione di telecamere nella casa al lago dove Amy dice di essere stata portata con la forza, legata al letto e stuprata per giorni. Le uniche telecamere che hanno registrato delle immagini utili per la polizia sono quelle in cui lei fa finta di essere stata aggredita bagnandosi con del vino rosso le mutande? (Davvero?!);
- il piano originale della ragazza era prendersi a martellate e gettarsi in un fiume. Ma una volta ritrovato il cadavere sarebbe stato così difficile per la scientifica accorgersi che le contusioni sono state auto-inferte? Tra l’altro con un oggetto contundente diverso da quello che Amy voleva far passare come l’arma del delitto.
- Ma soprattutto. Lei scrive nel diario che suo marito vuole ucciderla, che ha comprato una pistola per difendersi, che ha paura… e poi alla domanda: “ma non ha paura di suo marito?” lei sorride e risponde “si, ma lo amo”. Dai! E lui? Prima dice “che stupido che sono stato, mi ha manipolato fin dall’inizio” e poi accetta di tornare a vivere con lei (dopo che lei ha tentato di incriminarlo per omicidio e sgozzato un uomo fingendo uno stupro) solo perché Amy gli dice di aspettare un figlio da lui... Insomma, un uomo dai sani principi morali.
Queste sono solo alcuni dei “particolari” inspiegabili che ho notato. Non so se tutte queste cose hanno una spiegazione nel romanzo da cui il film è tratto.
In conclusione Gone Girl è un grande film per quanto riguarda la capacità di mantenere alta l’attenzione e la suspance, ma ha diverse falle nella trama e per quanto riguarda la credibilità stessa dei personaggi. E’ anche vero che un film rimane un prodotto di intrattenimento e quindi la valutazione non può che essere positiva. Tuttavia, con un po’ più di precisione e attenzione ai dettagli sarebbe potuto essere un autentico capolavoro.
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[+] perchè 4 stelle?
(di pando49)
[ - ] perchè 4 stelle?
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gio gi 2
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venerdì 2 gennaio 2015
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un thriller zoppo
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Personalmente non amo il thriller, ma questo non mi impedisce di unire i puntini.
In una cittadina del Missouri un uomo (Ben Affleck) torna a casa e la trova stranamente sottosopra. Teme il rapimento della moglie e chiama la polizia.
La polizia comincia a indagare sul caso e i più semplici indizi sembrano indicare il marito colpevole dell'omicidio della moglie. Per gli spettatori, che imparano a conoscere da vicino Ben Affleck la situazione non è chiara, ma per media e masse si tratta ovviamente di uxoricidio.
Eppure il film è un giallo, nessuno degli spettatori potrebbe credere così facilmente alla colpevolezza del marito. E infatti l'ispettrice di polizia che si occupa del caso non ha paura di avvertirci a chiare lettere, rispondendo a un suo collega paurosamente privo di spessore, che "spesso la soluzione più semplice non è quella vera".
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Personalmente non amo il thriller, ma questo non mi impedisce di unire i puntini.
In una cittadina del Missouri un uomo (Ben Affleck) torna a casa e la trova stranamente sottosopra. Teme il rapimento della moglie e chiama la polizia.
La polizia comincia a indagare sul caso e i più semplici indizi sembrano indicare il marito colpevole dell'omicidio della moglie. Per gli spettatori, che imparano a conoscere da vicino Ben Affleck la situazione non è chiara, ma per media e masse si tratta ovviamente di uxoricidio.
Eppure il film è un giallo, nessuno degli spettatori potrebbe credere così facilmente alla colpevolezza del marito. E infatti l'ispettrice di polizia che si occupa del caso non ha paura di avvertirci a chiare lettere, rispondendo a un suo collega paurosamente privo di spessore, che "spesso la soluzione più semplice non è quella vera".
Quindi - forse anche troppo presto e in modo abbastanza brusco - veniamo catapultati nella versione reale dei fatti, dove la moglie psicopatica ha architettato la messa in scena del suo omicidio per incastrare il marito, e si nasconde in un motel sperduto in campagna
(ma perché? Perché questa donna è ossessionata dall'incastrare gli uomini con cui sta? La ragione è a malapena accenata e potrebbe essere il malsano rapporto coi genitori che hanno usato il suo nome per creare tra le pagine dei libri l'immagine di una figlia perfetta. Forse: non si sa.)
Ebbene, il povero Ben Affleck è appeso a un filo perché nello stato del Missouri applicano la pena di morte. Cosa farà a questo punto Fincher (o l'autore del libro da cui il film è tratto)? Non ci dà una soluzione totalmente a favore dell'uno o dell'altro. Non ci dà il bramato happy ending, dove Ben Affleck viene scagionato e la moglie incarcerata, e non ci dà nemmeno la tragedia, dove la moglie se la squaglia e lascia il marito nel braccio della morte in Missouri. Ci dà una via di mezzo.
Ma ci riesce? Secondo il mio modesto parere: no.
Non amo i gialli ma riesco a unire i puntini: che ne è delle settimane di video ripresi nella casa del riccone ucciso? La comparsata di Rosamund Pike legata e urlante non vale i giorni seduta tranquilla a guardare la TV. Che ne è delle indagini del riccone ucciso? Non è possibile che la polizia, anzi l'FBI - perché con un saggio deus ex machina il caso è stato tolto all'ispettrice che cominciava a capirne qualcosa - non indaghi sul suo omicidio solo perché la responsabile è troppo stanca. Si tratta comunque di omicidio colposo. Che ne è del primo uomo che era stato condannato a causa dello stesso stupro nei confronti di Rosamund? Lui non parla e la polizia non si accorge di nulla. Eppure basterà scrivere un nome nei database della polizia americana per avere tutta la storia di condanne e denunce, quindi per vedere che Rosamund aveva denunciato per lo stesso tipo di stupro (precisamente con cravatte) molti anni prima.
Ok, il potere dei media nell'America del Missouri è praticamente assoluto, ma non posso più crederci. Il film ha smesso di essere film ed è diventato una serie di immagini proiettate sullo schermo.
E tu caspita, Ben Affleck, perché non parli?
Tutti questi interrogativi mal riposti non sarebbero sorti con un banale finale, "tragedia" o "commedia" che fosse. Il film non sarebbe stato un capolavoro forse, ma sarebe stato quanto meno credibile. Scusa Fincher, non mi hai convinto.
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