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Nel Missouri Nick (Affleck) e Amy (Pike) sono una coppia sposata e apparentemente felice. Un giorno però Amy scompare e dapprima si pensa ad un semplice rapimento ma in realtà quasi subito quest’ipotesi è abbandonata: si tratta di omicidio. Il principale sospettato? Chi se non Nick, personaggio a dir poco ambiguo, e peraltro con il farsi avanti dell’inchiesta il matrimonio tra Nick e Amy sembra assumere tratti decisamente meno idilliaci che non all’inizio. La scrittrice Gillian Flynn adatta il suo romanzo con non poca fedeltà, e Fincher si fa carico di una non indifferente durata per metterlo in scena. La storia è senza dubbio nelle corde del regista americano, un thriller freddo, spietato, elegante, raffinato e maestoso nella brillante costruzione del suo intreccio interno. E poi se la prima parte è tradizionale, pur nella sua genialità, nella seconda Flynn e Fincher girano le carte in tavola e mettono in piedi una delle più agghiaccianti e radicali riflessioni sul matrimonio mai create sullo schermo e non solo. E dipingono un ritratto di moglie-matrigna memorabile, cui la Pike dona tutta se stessa in un’interpretazione che si può solo definire memorabile. Un ruolo così non lo ritroverà più. Affleck gioca in understatement, la sua è un’interpretazione in sottrazione, e per quanto sfiguri di fronte alla crudeltà devastante e calcolatrice della Pike, la sua è una delle interpretazioni più credibili della sua carriera. Fincher mette in scena con l’abituale raffinatezza glaciale, gira scene di violenza e crudeltà tremende con il suo classico distacco e indugia anche nelle scene più truculente (la scena dello sgozzamento di Neil Patrick Harris è agghiacciante quanto indimenticabile). Ottimo come sempre il cast tecnico: fotografia ormai collaudata di Jeff Cronenweth e musiche tesissime di Trent Reznor e Atticus Ross. Uno dei migliori film dell’anno.
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