Titolo originale | Al Doilea Joc |
Anno | 2014 |
Genere | Documentario, Sportivo |
Produzione | Romania |
Durata | 97 minuti |
Regia di | Corneliu Porumboiu |
Attori | Adrian Porumboiu, Corneliu Porumboiu . |
Tag | Da vedere 2014 |
MYmonetro | 3,42 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 15 gennaio 2015
Attraverso le riprese sgranate di una partita di calcio il regista e suo padre ricordano il passato politico del loro paese.
CONSIGLIATO SÌ
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3 dicembre 1988: a Bucarest si svolge il derby tra le due squadre cittadine, Steaua e Dinamo. Sotto una neve incessante, le due formazioni si sfidano con accanimento, senza risparmi, in uno stadio al completo. Selezionato al Forum di Berlino nel 2014, The Second Game è la riproposizione integrale di quella partita (intervallo compreso), commentata in voce costantemente off da due uomini, che verso la fine del primo tempo, grazie a un ricordo intimo, si rivelano l'arbitro di quel match nonché padre del regista (Adrian Porumboiu) e suo figlio Corneliu (il regista stesso, rivelazione del cinema rumeno degli ultimi anni, che tredicenne seguì quella partita in diretta televisiva).
L'unica eccezione a questa scelta è una didascalia iniziale che riporta il ricordo di Corneliu bambino: la telefonata di uno sconosciuto che gli suggeriva di convincere il padre a rinunciare ad arbitrare un incontro. Si apprende poi che quelle due importanti società sportive rappresentavano due poteri forti della Romania di allora: lo Steaua era emanazione dell'Esercito nazionale e Ceausescu, dittatore che verrà rovesciato e giustiziato poco più di un anno dopo, nell'83 aveva posto nella dirigenza della squadra il figlio Valentin; la Dinamo invece era legata alla Securitate, la famigerata polizia segreta rumena.
Assume tutto un altro significato quindi la tensione agonistica che si accese su quel campo al limite del praticabile. La nuova visione di quella gara si carica di nuovi significati politici e tecnici: il regista e l'arbitro trovano il passato rispettivamente interessante e irrilevante, noioso, in una singolare contrapposizione generazionale e di punti di vista.
The Second Game non è solo documento del calcio come non lo ricordavamo: senza ausili tecnologici né sponsor sulle maglie, né interruzioni pubblicitarie. Pochissimi replay, nessuna simulazione né vezzi narcisistici dei professionisti. Soprattutto c'è una direzione essenziale, con tre telecamere che corrispondono a tre punti di vista: una principale, che dà un totale seguendo il gioco su una linea orizzontale; una piazzata a bordo campo; una sugli spalti, chiamata in causa solo quando l'attenzione del pubblico deve essere distolta dal campo per comportamenti antisportivi tra i giocatori o con l'arbitro.
Camera d'or a Cannes per A est di Bucarest (2006) e premio della giuria a Cannes nel 2009 in Un certain regard con Politist, adjectiv, Corneliu Porumboiu crea un dialogo affascinante tra passato e presente, lasciando entrare lunghi silenzi e interruzioni telefoniche nella visione nel tempo lineare, storico, cristallizzato in quell'immagine video compromessa dall'età. Dimostrando come una seconda osservazione non sia mai un esercizio sterile, semmai una nuova lettura e che dietro ogni immagine c'è sempre una costruzione, un pre-testo.
A maggior ragione se i due osservatori sono, in un certo modo, colleghi: la calcistica regola del vantaggio non è forse un metodo registico? Corneliu si concede perfino una nota autoironica («non pensi che sembri uno dei miei film? È lungo e non succede niente»). Rievocazione di un'era in cui la politica dei blocchi limitava non solo i diritti civili di una nazione, ma anche uno dei suoi sport più amati, The Second Game è insieme magnetico confronto familiare e curioso esperimento semantico.