Anno | 2013 |
Genere | Commedia |
Produzione | Svizzera, Francia, Portogallo |
Durata | 85 minuti |
Regia di | Lionel Baier |
Attori | Michel Vuillermoz, Valérie Donzelli, Patrick Lapp, Francisco Belard . |
MYmonetro | 2,67 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 26 luglio 2013
Julie, Bob e Cauvin vengono inviati da un'emittente radiofonica svizzera per un reportage sul ruolo svizzero in Portogallo, durante la dittatura di Salazar. Inaspettatamente i tre si trovano nel mezzo della Rivoluzione e ne "seguono l'onda".
CONSIGLIATO NÌ
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Julie, Bob e Cauvin sono gli inviati di un'emittente radiofonica svizzera. Raggiungono il Portogallo per realizzare un reportage sul ruolo svizzero durante la dittatura di Salazar. Inaspettatamente i tre si trovano nel mezzo della Rivoluzione dei Garofani e, anziché andarsene, scelgono di "seguire l'onda".
Nel titolo internazionale Longwave, ancor più che in quello originale Les grandes ondes (À l'ouest), sta tutto il senso dell'operazione compiuta da Lionel Baier; parafrasando Craxi e la sua "onda lunga" in senso politico, il regista sceglie di immortalare la Rivoluzione e, da questa angolazione privilegiata, di stabilire il mutevole ruolo dell'informazione, ora strumento del potere, ora veicolo del messaggio rivoluzionario. Nella sua apparente semplicità, si tratta di un oggetto invero indecifrabile il lavoro di Lionel Baier, criptico quasi come un messaggio in codice trasmesso a onde medie. Perché di onde medie o lunghe in sostanza si parla, in quello che rimane un omaggio alla radio e al suo fascino intramontabile, che passa attraverso le folli avventure di una troupe di inviati della radio svizzera.
A stupire è il registro adottato, quello del pastiche di generi e stili; ora commedia a rotta di collo, ora sapientemente intimista ed evidentemente autoriale, ora divertissement sghembo, con tanto di inserti musical. Centrifugare Gershwin, Valérie Donzelli (con La guerra è dichiarata ormai cineasta di se stessa e icona capace di condizionare l'andamento di un intero film), la Rivoluzione dei Garofani come esempio inarrivabile di moto democratico e come prodromo del 1989, l'ingenuità rivoluzionaria e la sua forza trascinante e, infine, il potenziale dell'informazione (quando libera da condizionamenti) in un unico script, per giunta iper-cinetico, non è una faccenda semplice. E quindi è comprensibile e lecito che Baier scivoli qua e là, quando l'amalgama degli ingredienti non funziona e si avverte eccessivamente la volontà di ruotare il quadro per evitare che ci si soffermi troppo (e pericolosamente) su un dettaglio. Quasi un Louis de Funès odierno con annesso messaggio, confuso quanto appassionato.