Titolo originale | A Estrada 47 |
Anno | 2013 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Italia, Brasile, Portogallo |
Durata | 108 minuti |
Regia di | Vicente Ferraz |
Attori | Sergio Rubini, Daniel de Oliveira, Francisco Gaspar, Thogun, Julio Andrade Ivo Canelas, Richard Sammel, Ignazio Oliva, Michele Venitucci, Cesare Apolito. |
Uscita | giovedì 23 aprile 2015 |
Distribuzione | Cinecittà Luce |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,11 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 23 aprile 2015
Durante la II guerra mondiale, un gruppo di genieri della Forza di Spedizione Brasiliana, inesperti e a disagio nel terribile gelo europeo, tenta di neutralizzare uno dei numerosi campi minati tedeschi lungo la Linea Gotica.
CONSIGLIATO SÌ
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Dicembre del '44. Sull'Appenino tosco-emiliano l'inverno è gelido e sconosciuto per i militari brasiliani della FEB, mandati a combattere una guerra lontana e per loro incomprensibile. L'esplosione di una mina uccide due di loro e il panico li disperde. In quattro, sbandati, affondati nella neve, si uniranno ad un corrispondente di guerra, ad un disertore repubblichino e ad un sergente tedesco ferito e forse pentito, in cerca del campo minato che ancora sbarra la strada all'avanzata degli Americani e alla liberazione.
La metafora della macchina fotografica in frantumi è chiara: di quel brandello di storia non c'è memoria, la partecipazione dei soldati brasiliani alla Seconda Guerra Mondiale, sul suolo italiano, non è cosa risaputa. Il film insinua l'idea che in qualche modo ci sia un pregiudizio di mezzo, che abbia relegato quella realtà nel faldone ideale del non degno di nota, non memorabile. Lo stesso pregiudizio che nel film è inizialmente incarnato dal personaggio interpretato da Sergio Rubini: un italiano con il mito degli Americani nella testa, l'odio per i Tedeschi nel cuore e una sorta di indifferenza ideologica mista a scherno per questi brasiliani sperduti, incapaci di restare uniti tra loro, tormentati dal freddo, con un addestramento militare minimo alle spalle. Ma è proprio questo pregiudizio, e il suo ribaltamento, a costituire l'oggetto di Road 47 .
Il film combatte l'oblio e l'errore con la propria esistenza, riesumando e preservando il ricordo dei brasiliani che hanno lottato a fianco dei partigiani italiani (ne morirono 450), e lo fa fornendo, con l'avventura della liberazione della Strada 47 lungo la Linea Gotica, quell'impresa storica che può erroneamente apparire come motivazione necessaria all'omaggio cinematografico (come se non bastasse il sacrificio). Invece il film riesce, al di là di qualche squilibrio e qualche ingenuità, proprio perché declina quell'impresa non in un traguardo da eroi, con la retorica che vi si affiancherebbe, ma in un'avventura quotidiana, di persone che compiono il loro dovere mosse da motivazioni personali differenti, persino contrastanti, e nel successo, meritato eppure quasi fortuito, trovano il senso smarrito, l'unione che latitava.
Soprattutto, Ferraz raggiunge questo risultato con il linguaggio silenzioso del cinema, non quello, cioè, dei dialoghi, ma quello della regia, evitando effetti speciali e scene di massa e raccontando la strada percorsa e lo sminamento con i tempi e la precisione di un documentario e trovando così, nella sequenza principale, un momento al presente, che sfugge alla cornice del film d'epoca e alle ragioni d'interesse commemorativo ed extra cinematografico.
Per il pubblico italiano, la presenza di Rubini, col suo volto così noto in mezzo alle facce sconosciute degli altri attori (che diventano famigliari solo strada facendo, man mano che il film si addentra nelle loro storie) rischia di sbilanciare l'equilibrio globale, affidandogli un peso maggiore del dovuto (complice un'uscita di scena pomposa nella scelta dell'inquadratura), ma è l'unico sentore degli accordi di coproduzione internazionale che hanno permesso il film e non ne compromette certo la visione.