Insidious 2 e la potenza del cliché.
di Roy Menarini
Più che confermare James Wan come campione del cinema occulto contemporaneo, Oltre i confini del male - Insidious 2 ribadisce una tendenza quasi ossessiva dei film horror più recenti: la casa infestata. Lo stesso Wan è andato alle radici del sottogenere nel notevole L'evocazione - The Conjuring, ripescando due medium davvero esistiti e cercando di costruire una sorta di albero genealogico dello spiritismo cinematografico. Oltre i confini del male - Insidious 2, invece, si limita a ripercorrere alcune costanti del primo capitolo e a imprimere alla storia un'intensità martellante e paurosa. La sceneggiatura del regista, scritta insieme al fido Leigh Wannell, a un certo punto, riporta i personaggi di questo secondo racconto a stretto contatto con il primo film e con se stessi, quasi a osservarsi vicendevolmente in un delirio autoreferenziale; e Josh, protagonista sempre più inaffidabile, finisce col perdersi nell'Altrove e cercare una via di uscita attraverso se stesso bambino... Insomma, l'horror - come accadeva in Il seme della follia di John Carpenter - mostra di dover sempre ritornare sui propri passi, pena la perdita di identità. Dopo il periodo anni '90 di decostruzione del genere e di parodia dei luoghi comuni imposto dalla serie Scream, negli anni Duemila (complice il clima infausto e violento del post-11 settembre e delle guerre statunitensi in Afghanistan e Iraq) l'horror aveva riacquisito realismo e corporeità. Proprio Wan, con Saw - L'enigmista, era riuscito a squarciare il velo di prevedibilità lungo ormai un decennio e a offrire un controverso presente al torture movie. E ora, insieme ad altri colleghi, è lo stesso Wan ad aver imposto un nuovo paradigma, probabilmente suggerito anche dai più simbolici effetti della crisi economica americana, a causa della quale è la proprietà (la casa in primis) ad essere minacciata. Fantasmi = allegoria dei mutui subprime? Non ci spingiamo troppo in là, eppure il legame tra default collettivo, personale e fantasmi della mente sembra assai solido - Sam Raimi lo ha persino teorizzato nel suo bellissimo Drag Me to Hell.
La casa stregata, però, è davvero un topos longevo. Inventarsi qualcosa di nuovo appare impossibile, e l'ultima frontiera è stata probabilmente il paradosso di un horror "senza cinema", ovvero una paura che può scaturire anche solamente da telecamere di sorveglianza e di ripresa domestica: Paranormal Activity e relativi seguiti. Wan invece non ha alcuna intenzione di seguire strade innovative: anzi, l'interesse delle sue operazioni sta proprio nella consapevolezza che l'horror è strettamente legato alla ripetizione, al cliché e che - soprattutto - il suo spettatore appassionato non può fare a meno di porte che scricchiolano, oggetti che si mettono in funzione da soli, spettri che compaiono ai lati dell'inquadratura, tonfi dal soffitto, armadi profondi e scuri, e così via. I suoi film, paradossalmente, esaltano le doti primarie del cinema proprio perché intensificano e rimettono in vita, ancora una volta, i meccanismi essenziali del genere, senza nemmeno porsi il problema di un loro rinnovamento. Il gioco funziona, e Oltre i confini del male - Insidious 2 tematizza con sorniona ironia il tema dell'eterno ritorno dell'horror sui suoi passi: persino i personaggi del sequel infestano i se stessi del primo capitolo.