pensierocivile
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martedì 12 novembre 2013
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umanità
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GRAVITY è la storia di una donna, che un dolore immane consegna inerme al destino; una donna che si astrae dalla propria vita rifugiandosi nel lavoro di ingegnere biomedico e affronta la sua prima missione spaziale; una donna che guarda il mondo “dall'alto”, quel mondo che l'ha costretta al dolore più terribile per una madre, guarda e nega la vita, così come la bellezza del pianeta azzurro. Ma GRAVITY è anche il racconto di una intensa ricerca interiore, dal desiderio di cedere finalmente alla “sconfitta” al vigore di una forza nuova; di una scelta coraggiosa ed enorme quanto la volontà di rovesciare il dolore e tornare alla vita, rinascere per poter convivere con la sofferenza e dalla sofferenza risvegliarsi più forte, senza dimenticare.
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GRAVITY è la storia di una donna, che un dolore immane consegna inerme al destino; una donna che si astrae dalla propria vita rifugiandosi nel lavoro di ingegnere biomedico e affronta la sua prima missione spaziale; una donna che guarda il mondo “dall'alto”, quel mondo che l'ha costretta al dolore più terribile per una madre, guarda e nega la vita, così come la bellezza del pianeta azzurro. Ma GRAVITY è anche il racconto di una intensa ricerca interiore, dal desiderio di cedere finalmente alla “sconfitta” al vigore di una forza nuova; di una scelta coraggiosa ed enorme quanto la volontà di rovesciare il dolore e tornare alla vita, rinascere per poter convivere con la sofferenza e dalla sofferenza risvegliarsi più forte, senza dimenticare. Non solo, accanto a tanta umanità GRAVITY si eleva anche per la tecnica, con una regia ammaliante, mai protagonista, a disposizione del racconto per l'esaltazione del racconto, con un 3D fondamentale capace di descrivere, sottolineare, stupire, spaventare, angosciare. Un film importante non scevro da difetti, molto concentrati nel personaggio “solito” di Clooney, superfluo, e dall'eloquio poetico, filosofico, poco in sintonia con la drammaticità del racconto, così come le scelte di sceneggiatura che semplificano e affrettano il ritorno “a terra”, deviando un po' troppo sulle rotte del blockbuster.
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killbillvol2
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martedì 12 novembre 2013
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gravity voto: 3.5
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Il vuoto. Questo è il vero protagonista del ritotorno al grande schermo del regista messicano, dopo otto anni di assenza. Il vuoto dell'immenso spazio, così grande ed esteso che ci soffoca, l'unico spazio sconfinato a risultare claustrofobico. Ed è su questo paradosso che gira tutto il film. Sul vuoto che circondo la protagonista, ma anche sul vuoto[+]
Il vuoto. Questo è il vero protagonista del ritotorno al grande schermo del regista messicano, dopo otto anni di assenza. Il vuoto dell'immenso spazio, così grande ed esteso che ci soffoca, l'unico spazio sconfinato a risultare claustrofobico. Ed è su questo paradosso che gira tutto il film. Sul vuoto che circondo la protagonista, ma anche sul vuoto che lei cova all'interno di sé. Un vuoto che non si può colmare, proprio come quello intorno a lei: la vita nello spazio è impossibile, e, naturalmente, là in alto, parafrasando uno dei più grandi film di fantascienza di tutti i tempi, nessuno può sentirti urlare. Ma nonostante le premesse, nonostante la campagna che ci induce a credere il contrario, Gravity non è un film di fantascienza. Il fantastico è praticamente eliminato (anche se ci vuole una grande sospensione dell'incredulità per apprezzarlo), e ciò è stata una mossa vincente: nel suo approccio quasi minimalista e riflessivo, Cuaròn gira uno dei film più introspettivi di questo 2013, e anche uno dei più riusciti. E' una storia di sopravvivenza, ma ancor di più è una storia di una donna che ha perso tutto, e che si trova nello spazio quasi per caso, per una coincidenza. Ed è così che, quando una pioggia di detriti colpisce la sua base, il viaggio della dottoressa Ryan Stone comincia, e (dopo un grandioso piano sequenza di 15 minuti) comincia anche il nostro. Un altro merito di Cuaròn sta proprio in questo: nel rendere quasi impossibile la differenza tra spettatore e personaggio, rendendolo un tutt'uno. Ed è così che quando Stone finalmente si toglie la tuta spaziale in un momento di temporanea salvezza, anche noi siamo sollevati, mentre si mette in posizione fetale, omaggiando il suo bisnonno, 2001. Naturalmente gli effetti speciali vanno lodati, così come il 3D per una volta non superfluo, ma fondamentale per godersi al massimo il film. Una nota di merito va anche fatta a Sandra Bullock, che dà qua (per una volta) una buona interpretazione reggendo sulle sue spalle l'intero film (SPOILER: la parte di Clooney è poco più che una cammeo. FINE SPOILER). Molti l'hanno osannato, dichiarandolo un capolavoro, cosa che non è, e paragonandolo al già citato 2001: Odissea Nello Spazio. A parte le inverosimiglianze (muoversi nello spazio con un estintore non credo sia proprio possibile...), non si può paragonarlo a un grande capolavoro come il film di Kubrick, innovativo film sia per gli effetti speciali nonché padre dei film di fantascienza moderna. Gravity (che a rigor di logica avrebbe dovuto intitolarsi Zero-Gravity, ma sorvoliamo) è un buon film, uno dei migliori della stagione, grazie a una regia praticamente perfetta (anche se un po' "vanitosa") e ai grandissimi, onnipresenti, ma mai opprimenti, effetti speciali. Comunque rimane un'opera di grande rispetto, da vedere, e da vedere in 3D.
VOTO: 3.5/5
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(di hollyver07)
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agota80
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giovedì 7 novembre 2013
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la sopravvivenza
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Per essere un film di fantasceinza è molto originale. tutto il film è concentrato su un unico episodio, un incidente. Lo spazio come sfondo fantastico e scenografico, l'aurora, il tramonto, le stelle. Dentro, il dramma, la tragedia, il costante pericolo. La vera protagonista è Sandra Bullock e la sua continua lotta alla sopravvivenza. La sua vita è appesa ad un filo, contro il tempo, contro il vuoto, contro i meteoriti, ma alla fine si sopravvive sempre è questo il messaggio del film, si sopravvive a tutto, anche ai propri drammi e ci si lascia andare agli eventi, la vita ci spinge a resistere e a farcela comunque. lo consiglio in 3D
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vincenzo2222
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martedì 5 novembre 2013
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effetti speciali da urlo, storia discreta
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Bravi attori ed effetti speciali strepitosi sono gli elementi che mi hanno colpito di questo film. La sceneggiatura invece è semplice - fin troppo - ma efficace. Insomma, "Gravity" non mi ha lasciato il segno, ma l'ho guardato con piacere.
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eugenio
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martedì 5 novembre 2013
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la nuova frontiera della fantascienza
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La diffidenza verso il 3D perde questa volta la scommessa. Lontano da ogni più rosea previsione avviene un piccolo miracolo cinematografico che stupisce per bellezza visiva e grafica. Ecco allora che ricordarsi di illustri passati come 2001 Odissea nello Spazio e Solaris trova un senso nella scelta di inquadrature, nella cura dei dettagli, nell’introspezione psicologica a migliaia di chilometri di distanza dalla Terra che l’attrice, Sandra Bullock, riesce perfettamente a incarnare.
Gravity è tutto questo: un film che stupisce (negativamente) per l’abbondanza di inesattezze scientifiche ma (positivamente) soprattutto per la peculiarità e il contesto in cui esso esse sono inserite che rendono meno “traumatica” la caratterizzazione
Ci troviamo nello spazio dove due coraggiosi astronauti, la dottoressa Stone (Bullock) e Kowalsy (Clooney) durante una missione di manutenzione sul telescopio Hubble, vengono colpiti da un'onda di detriti.
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La diffidenza verso il 3D perde questa volta la scommessa. Lontano da ogni più rosea previsione avviene un piccolo miracolo cinematografico che stupisce per bellezza visiva e grafica. Ecco allora che ricordarsi di illustri passati come 2001 Odissea nello Spazio e Solaris trova un senso nella scelta di inquadrature, nella cura dei dettagli, nell’introspezione psicologica a migliaia di chilometri di distanza dalla Terra che l’attrice, Sandra Bullock, riesce perfettamente a incarnare.
Gravity è tutto questo: un film che stupisce (negativamente) per l’abbondanza di inesattezze scientifiche ma (positivamente) soprattutto per la peculiarità e il contesto in cui esso esse sono inserite che rendono meno “traumatica” la caratterizzazione
Ci troviamo nello spazio dove due coraggiosi astronauti, la dottoressa Stone (Bullock) e Kowalsy (Clooney) durante una missione di manutenzione sul telescopio Hubble, vengono colpiti da un'onda di detriti. A seguito della distruzione della navetta spaziale, i due superstiti rimangono separati l’uno dall’altro con scarse possibilità di comunicazione con la stazione base a causa del danneggiamento dei ponti radio. A ciò si aggiunge la mancanza di ossigeno, la lontananza da una stazione spaziale che pare una chimera e non ultimo dato la speranza che minuto dopo minuto diventa sempre più flebile......
Fin qui tutto regolare: la trama è catastrofica come si deve ma la novità viene guardando. Dopo una prima analisi convenzionale pur se ricercata e coraggiosa nelle inquadrature frutto di un intenso lavoro d’equipe che ha richiesto mesi e mesi di studio e ricerche, la seconda parte quasi avulsa dalla prima e legata da un filo molto labile che ha come cuore la storia della dottoressa Stone, diviene più psicologica. Quasi immersi dalla contemporaneità tecnologica della stazione spaziale, rimaniamo visivamente coinvolti dalla disperazione della giovane mente razionale,dal suo senso di ansia dinanzi al vuoto infinito dell’universo nel quale si fatica a trovare un senso, una ragione strettamente ancorati a un’esistenza che nello spazio è priva di saldi punti di riferimento. La rinascita e le allucinazioni indotti dallo stress psicologico alla Solaris riflettono sul destino metafisico della vita, sul significato di un Paradiso laico dove poter indirizzare il senso di un’esplorazione spaziale frutto di curiosità e intraprendenza.
Strumento essenziale che questa volta coadiuva l’effetto speciale è il silenzio. Finalmente un film che riflette,lontano dal caos delle “guerre spaziali” in un’atmosfera rarefatta e solitaria. La nuova frontiera dello spazio è sancita: non un territorio da conquistare e poi salvaguardare (Oblivion), non una guerra costante di lotta contro i propri demoni interiori (After Earth) ma un obbligato strumento di ricerca interiore.
Quattro anni dopo Moon e a quarantacinque di distanza 2001 Odissea nello spazio, Cuaron rielabora le teorie metafisiche di Kubrick per “adattarle” al contesto consumistico odierno. La vicenda della dottoressa Stone in lotta contro lo spettro della morte e le belle inquadrature delle Terra che ricordano -per immagini- la cupezza di Melancholia scorre veloce e coinvolge lo spettatore malgrado l’eccesso occasionale di retorica (che delle volte a causa dell’eccessiva metafora può annoiare) e l’artificiosità voluta che non scalda il cuore.
Gli occhi però sono soddisfatti e la mente pure. Una mezza vittoria che vuol dire già qualcosa in questo tempo.
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noodles76
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sabato 2 novembre 2013
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e' stato un grandissimo viaggio
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Sono uscito dalla sala,ho guardato il cielo buio e stellato...e ho pianto!
Ho pianto perché avevo appena fatto un viaggio nello spazio e nell'animo umano.
Perché avevo appena vissuto un'esperienza visiva ed emozionale.
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Sono uscito dalla sala,ho guardato il cielo buio e stellato...e ho pianto!
Ho pianto perché avevo appena fatto un viaggio nello spazio e nell'animo umano.
Perché avevo appena vissuto un'esperienza visiva ed emozionale.
Perché ho visto una lacrima galleggiare nello spazio e nel tempo.
Perché ho visto dare un bacio alla Terra.
Perché ho sentito l'odore di quella terra e della vita.
E perché ho sentito la necessità di ringraziare qualcuno,in Cielo e in Terra.
Ho pianto perchè avevo appena visto un capolavoro.
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lorbrush
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lunedì 28 ottobre 2013
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gravity
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Il film nasce da una buona intuizione: rappresentare la solitudine dell'essere umano in rapporto alla drammaticità di certi eventi mediante la metafora di una solitaria avventura cosmica. Dal punto di vista squisitamente narrativo le premesse e le potenzialità delle idee, tuttavia, non sono sfruttate appieno, e ben presto il film scivola nel più comune degli esiti dell'allegoria: quello di banalizzare e appiattire la riflessione. Probabilmente è il circuito del mainstream (cui inevitabilmente il film è destinato) che ha costretto gli autori a certe eccessive concessioni alla spettacolarizzazione, e a qualche caduta nella più banale retorica (il momento in cui Sandra Bullock si rannicchia in posizione fetale nella navicella, con tanto di cordone ombelicale), ciò non toglie che dal punto di vista dell'impegno intellettuale, il film risulti insipido (e talvolta già visto).
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Il film nasce da una buona intuizione: rappresentare la solitudine dell'essere umano in rapporto alla drammaticità di certi eventi mediante la metafora di una solitaria avventura cosmica. Dal punto di vista squisitamente narrativo le premesse e le potenzialità delle idee, tuttavia, non sono sfruttate appieno, e ben presto il film scivola nel più comune degli esiti dell'allegoria: quello di banalizzare e appiattire la riflessione. Probabilmente è il circuito del mainstream (cui inevitabilmente il film è destinato) che ha costretto gli autori a certe eccessive concessioni alla spettacolarizzazione, e a qualche caduta nella più banale retorica (il momento in cui Sandra Bullock si rannicchia in posizione fetale nella navicella, con tanto di cordone ombelicale), ciò non toglie che dal punto di vista dell'impegno intellettuale, il film risulti insipido (e talvolta già visto).
Questo è un peccato giacchè l'idea di base avrebbe potuto essere decisamente fertile, se avesse seguito un percorso del tutto diverso.
Dal punto di vista squisitamente narrativo e visivo, è invece un ottimo film: splendide immagini, voli vorticosi della mdp tra oggetti digitali e non, phatos costante, colpi di scena (sebbene il maggiore di questi sia telefonato, almeno per chi ha visto "i figli degli uomini") e un finale che tutto sommato non stona con l' identità che infine si è attribuita al film (tra ammiccamenti a 2001 e qualche eccessiva concessione all'hollywoodiana spettacolarizzazione).
La storia regge, sebbene i (il) personaggi(o) non siano certamente approfonditi quanto si vorrebbe. Qualche situazione e qualche dialogo banale (i consigli di Clooney, il lutto che ha sofferto la bullock, che viene spiattellatto senza troppa originalità e non interiorizzato), insomma: tutte cose che rientrano nel discorso con il quale ho aperto questa breve lettura: il film non ha voluto o potuto diverntare qualcosa di più, o tenersi in efficace equilibrio.
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evildevin87
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lunedì 28 ottobre 2013
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una buona opera in 3d
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Non sono un amante del cinema 3D, l'ho sempre trovato fastidioso, fatto male (nella maggior parte dei casi) e totalmente inutile se non a fini commerciali. Ma poi ci sono quei film in cui il 3D non è solo un'aggiunta a scopo commerciale ma una vera e propria componente visiva del film e che se tolta fa perdere un sacco di punti. Questo è il caso di Gravity: decisamente il primo film che mi son visto in 3D che non mi abbia causato emicranie ma, anzi, mi abbia affascinato e coinvolto come se fossi insieme ai due protagonisti e unici personaggi presenti (Sandra Bullock intepreta Ryan e George Clooney Matt). Del resto che dire? Trama è un po' vista e rivista e i personaggi caratterizzati in maniera sufficiente.
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Non sono un amante del cinema 3D, l'ho sempre trovato fastidioso, fatto male (nella maggior parte dei casi) e totalmente inutile se non a fini commerciali. Ma poi ci sono quei film in cui il 3D non è solo un'aggiunta a scopo commerciale ma una vera e propria componente visiva del film e che se tolta fa perdere un sacco di punti. Questo è il caso di Gravity: decisamente il primo film che mi son visto in 3D che non mi abbia causato emicranie ma, anzi, mi abbia affascinato e coinvolto come se fossi insieme ai due protagonisti e unici personaggi presenti (Sandra Bullock intepreta Ryan e George Clooney Matt). Del resto che dire? Trama è un po' vista e rivista e i personaggi caratterizzati in maniera sufficiente. Il film scorre in maniera lenta ma in un modo che, a tratti, fa quasi sopraggiungere la noia. Indubbiamente un film a livello visivo spettacolare e fatto egregiamente, il problema è che senza il 3D questo film non avrebbe molto senso di esistere.
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joker 91
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domenica 27 ottobre 2013
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gravity
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Alfonso Cuaron realizza un film studiato sino nel dettaglio a livello tecnico,la fotografia come l'effetto 3d sono immensi,forse solo Avatar di James Cameron aveva un 3d realmente utile allo scopo artistico in questi anni prima di questa pellicola.
Il film è angosciante con una Sandra Bullock degna della miglior Weaver che affronta il percorso interiore di una donna fantastica ricordandoci attraverso i suoi monologhi che cosa è l'amore per la vita,la solitudine ma soprattutto il nostro rapporto con il creato che va assolutamente rivisto. Clooney in secondo piano fa il suo senza sfigurare,il tutto accompagnato da stupende musiche e inquadrature mozzafiato sul nostro bel pianeta minacciato dalla peggiore delle bestie-l'uomo.
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Alfonso Cuaron realizza un film studiato sino nel dettaglio a livello tecnico,la fotografia come l'effetto 3d sono immensi,forse solo Avatar di James Cameron aveva un 3d realmente utile allo scopo artistico in questi anni prima di questa pellicola.
Il film è angosciante con una Sandra Bullock degna della miglior Weaver che affronta il percorso interiore di una donna fantastica ricordandoci attraverso i suoi monologhi che cosa è l'amore per la vita,la solitudine ma soprattutto il nostro rapporto con il creato che va assolutamente rivisto. Clooney in secondo piano fa il suo senza sfigurare,il tutto accompagnato da stupende musiche e inquadrature mozzafiato sul nostro bel pianeta minacciato dalla peggiore delle bestie-l'uomo. Qualsiasi occhio sensibile rimarrà pervaso dalla bellezza prorompente con il quale è ripreso il nostro pianeta come bellissimo è il rapporto del personaggio della Bullock con Clooney nei pochi attimi passati insieme senza dimenticare l'interiorità umana grandiosa con il quale Bullock affronta il suo personaggio nella pellicola a livello psicologico ricordando le debolezze di ognuno di noi. Un bellissimo film che ci ricorda la grande bellezza dal quale sia circondati ed al quale spesso non facciamo caso. Un bellissimo film
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stefano73
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sabato 26 ottobre 2013
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solitario e fantastico
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Alcuni tecnici NASA stanno eseguendo ordinaria manutenzione su un satellite orbitante. Purtroppo alcuni frammenti di altri satelliti si avvicinano pericolosamente. Alfonso Cuaròn è da considerarsi un fenomeno della cinepresa con riprese straordinarie e dettagliate. Film sofferto, solitario e claustrofobico, ma fantastico! Voto : 8
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