michele
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giovedì 3 ottobre 2013
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un grande film d'apertura per venezia 70
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Due astronauti, Ryan Stone (Sandra Bullock) e Matt Kowalsky (George Clooney) stanno lavorando ad alcune riparazioni di una stazione orbitante, quando una pioggia di detriti li investe distruggendo il loro Shuttle e uccidendo l'equipaggio a bordo. Rimasti isolati, intraprendono una corsa in mezzo alla spazio per raggiungere un'altra stazione orbitante e riuscire a rientrare sulla Terra. Dal un punto di vista narrativo, inteso come concatenazione di eventi che permettono alla pellicola di progredire, assistiamo alla storia più vecchia del mondo; la fuga dell'uomo per trovare la salvezza. Da una prospettiva puramente espressiva siamo invece di fronte a qualcosa di mai visto prima, quella di Cuaron è infatti un'opera prettamente visiva e tecnica che si avvale di lunghissimi piani-sequenza.
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Due astronauti, Ryan Stone (Sandra Bullock) e Matt Kowalsky (George Clooney) stanno lavorando ad alcune riparazioni di una stazione orbitante, quando una pioggia di detriti li investe distruggendo il loro Shuttle e uccidendo l'equipaggio a bordo. Rimasti isolati, intraprendono una corsa in mezzo alla spazio per raggiungere un'altra stazione orbitante e riuscire a rientrare sulla Terra. Dal un punto di vista narrativo, inteso come concatenazione di eventi che permettono alla pellicola di progredire, assistiamo alla storia più vecchia del mondo; la fuga dell'uomo per trovare la salvezza. Da una prospettiva puramente espressiva siamo invece di fronte a qualcosa di mai visto prima, quella di Cuaron è infatti un'opera prettamente visiva e tecnica che si avvale di lunghissimi piani-sequenza. La macchina da presa sembra non avere controllo e gira continuamente intorno ai personaggi, su se stessa, avanti e indietro in maniera scomposta, come se fosse anch'essa in assenza di gravità, entra fin dentro i personaggi stessi (a un certo punto ci accorgiamo che siamo dentro il casco spaziale della Bullock). Forse mai lo spettatore era stato portato così al centro della scena e catapultato all'interno dello schermo e qui dobbiamo anche ringraziare la tecnologia 3D che se fino ad adesso è stata sfruttata più per scopi essenzialmente commerciali, trova in questo film una sua piena giustificazione riuscendo a risaltare in maniera quanto mai efficace l'intera struttura formale del lungometraggio.
Tutta questa estetica visiva però non è fine a se stessa, non è un gioco che tende soltanto a divertire e stupire lo spettatore, Cuaron riesce infatti ad elaborare anche dei contenuti che emergono dal piano espressivo su cui il film è stato prevalentemente pensato e sviluppato. Gravity diventa allora non solo una pellicola di effetti speciali e di strabiliante avventura fantascientifica, ma un film esistenzialista che riesce a toccare le corde più sensibili dell'animo umano che hanno a che vedere con il concetto di vita stessa. L'essere umano è al centro della vicenda, le sue debolezze, le sue difficoltà e l'innata proiezione alla vita che è insita in lui anche qualora questa non abbia più niente di convincente e di bello da offrire, proprio come per l'astronauta Stone che non riesce più a dare un senso alla propria esistenza, dopo la morte della figlioletta.
Eppure in lei c'è un'ostinata e preponderante ostinazione alla vita, è stata per troppo tempo un'anima fluttuante, vagabonda, persa e per ritrovarsi ingaggia una lotta contro se stessa e contro le forze dell'ignoto.
Il suo viaggio si trasforma allora nell'occasione per andare incontro ad una rinascita, una nuova fase embrionale (splendido omaggio a 2001 di Kubrick) da cui uscire per cominciare ad intraprendere un nuovo percorso e pensandoci bene il film sembra tutta una gestazione, tra ansie, palpitazioni, fili sottili che tengono l'astronauta attaccato alla speranza come un cordone ombelicale e un corpo umano incastrato nell'involucro della tuta dal quale non si riesce a liberare. E' un inno alla vita e quindi all'uomo, la Terra da una parte che ne rappresenta l'essenza stessa e lo spazio dall'altra che ne nasconde il mistero da cui tutto si è generato.
La gravità non è solo una forza fisica, ma anche umana che attrae l'uomo verso la vita.
Michele I.
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(di andrea giostra)
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(di santonit)
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andrea giostra
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mercoledì 23 ottobre 2013
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cuaròn originale e spaziale!
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Gravity (2013)(recensione di Andrea Giostra)
Film di fantascienza atipico ma estremamente originale, quindi da vedere assolutamente per i cinefili che vogliono essere sorpresi. L’ignoto è la parte più affascinante e seduttiva del film di Cuaròn che si conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno!, un grande regista e un grande sceneggiatore. Le riprese in 3D sono straordinariamente realistiche e catapultano lo spettatore all’interno di una dimensione spaziale che sa ben innescare emozioni forti, ansia, angoscia, speranza, paura, disperazione, in uno spazio dominato da una straordinaria ed incantevole vista della terra, dove la solitudine è l’unica “compagna” di viaggio possibile di quello che nel film è una missione scientifica, ma anche un viaggio straordinario, per divenire poi una catastrofe: non c’è nessuno che verrà a salvarti, tranne te stesso.
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Gravity (2013)(recensione di Andrea Giostra)
Film di fantascienza atipico ma estremamente originale, quindi da vedere assolutamente per i cinefili che vogliono essere sorpresi. L’ignoto è la parte più affascinante e seduttiva del film di Cuaròn che si conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno!, un grande regista e un grande sceneggiatore. Le riprese in 3D sono straordinariamente realistiche e catapultano lo spettatore all’interno di una dimensione spaziale che sa ben innescare emozioni forti, ansia, angoscia, speranza, paura, disperazione, in uno spazio dominato da una straordinaria ed incantevole vista della terra, dove la solitudine è l’unica “compagna” di viaggio possibile di quello che nel film è una missione scientifica, ma anche un viaggio straordinario, per divenire poi una catastrofe: non c’è nessuno che verrà a salvarti, tranne te stesso. Stanley Kubrick avrebbe visto questo film e certamente lo avrebbe molto apprezzato, anche se il suo “2001: Odissea nello spazio”, al quale Cuaròn certamente si ispira per la realizzazione di alcune scene, rimane un capolavoro cinematografico insuperabile. I due attori protagonisti, Clooney e Bullock, sono molto bravi, ma sono la sceneggiatura, la fotografia e gli effetti speciali quello che fanno di questo film un grande film di fantascienza che ha il merito di aprire un nuovo ed interessante filone interpretativo di quello che forse è il genere più amato della settima arte.
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(di voss117)
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no_data
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giovedì 11 settembre 2014
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diventare adulti
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Durante la riparazione di un telescopio spaziale, alcuni astronauti sono investiti improvvisamente da una pioggia di detriti, in seguito ad una reazione a catena provocata dalla collisione di una prima ondata con altri satelliti in orbita. All'impatto, i due sopravvissuti, la neofita Ryan Stone e il veterano Matt Kowalsky, vengono trascinati alla deriva, verso l'abisso dello spazio, potendo contare soltanto l'uno sull'altro per ritornare sulla terra. Non ci soffermeremo sulle sue presunte inverosimiglianze astrofisiche, sulla sua accurata realizzazione tecnica, su un solo ipotetico messaggio, sugli eventuali ingredienti ammiccanti al grande pubblico. Qui si sceglie un approccio critico diverso, che considera l'opera come una sintesi, di forma e contenuto, dove il risultato finale è decisamente più della somma delle sue parti.
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Durante la riparazione di un telescopio spaziale, alcuni astronauti sono investiti improvvisamente da una pioggia di detriti, in seguito ad una reazione a catena provocata dalla collisione di una prima ondata con altri satelliti in orbita. All'impatto, i due sopravvissuti, la neofita Ryan Stone e il veterano Matt Kowalsky, vengono trascinati alla deriva, verso l'abisso dello spazio, potendo contare soltanto l'uno sull'altro per ritornare sulla terra. Non ci soffermeremo sulle sue presunte inverosimiglianze astrofisiche, sulla sua accurata realizzazione tecnica, su un solo ipotetico messaggio, sugli eventuali ingredienti ammiccanti al grande pubblico. Qui si sceglie un approccio critico diverso, che considera l'opera come una sintesi, di forma e contenuto, dove il risultato finale è decisamente più della somma delle sue parti. Grazie a questo senso di magia, Gravity ci accompagna in una dimensione primordiale servendosi di motivi fantascientifici, ci parla, nell'assenza, della necessità di una presenza, di una vita che, a contatto con la morte, non si deve ridurre all'autoconservazione, ma tendere al superamento di quelle resistenze che impediscono la realizzazione della propria umanità. Nel momento in cui Ryan(una straordinaria Sandra Bullock) si ritroverà sola, dovrà intraprendere un viaggio ai confini di se stessa, incontrando i suoi limiti: il senso di colpa, la paura della morte, la fatica che precede la sua rinascita, la mancanza di uno scopo per "non mollare ora". La responsabilità della sua vita sarà un peso tremendo. La sosterrà per breve tempo Matt, il personaggio interpretato da G. Clooney, il quale rappresenta fin da subito, in modo antitetico, l'uomo adulto, saggio e ironico, che "sa lasciare andare", che sa accettare. Il suo Virgilio nella selva oscura, l'angelo custode, la consapevolezza di chi ha colto il senso di ogni esperienza. E proprio dopo il suo sacrifico, dopo aver affrontato, un nuovo travaglio, Ryan riuscirà a dire" mai più senza meta", a trovare il coraggio per scegliere di vivere, ad abbandonare quella identificazione tra il pianeta terra e la morte di sua figlia che ostacolava il desiderio del suo ritorno a casa. Non rinuncerà alla vita, ma trasformando il dolore per la perdita in forza per agire, diventerà adulta, madre di se stessa. Partorita dal grembo del cosmo. Gravity è un film fortemente simbolico: l'aurora che emoziona Matt, la posizione fetale che assume nella navicella, l'acqua, il silenzio, il vuoto etc. Un film sulla rinascita, sulla solitudine e il coraggio che comporta diventare adulti. La forza di "gravità" che àncora alla terra è simboleggiata dalle spinte prenatali di un bambino pronto a nascere, che una madre deve assecondare e non trattenere. Fino a quando per natura non viene al mondo. Come Ryan che, una volta atterrata, si alza e accenna un movimento verso una natura incontaminata, verso la sua vera natura, come a dire che questo è il primo passo, da qui in poi si comincia a vivere. 7 oscar compreso quello alla regia per A. Cuaron.
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zagabry
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giovedì 17 ottobre 2013
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sceneggiatura inesistente?
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La tensione che rimane costante in tutto il film vi ricordo che non è dovuta agli effetti speciali, bensì alla sceneggiatura, che certo non sarà niente di originale, (stiamo sempre parlando di un blockbuster costato chissà quanto in computer grafica, cosa vi aspettavate?) ma è comunque lodevole nel suo riuscire a immedesimare lo spettatore, mantenere alto l'interesse e risultare credibile praticamente per tutta la durata del film, nonostante la presenza di un solo attore.
2.
E' assurdo criticare i dialoghi (comunque ben riusciti) di un film che vede 2 attori in scena per 15 minuti e poi 1 solo attore fino alla fine.
No, non siamo davanti un capolavoro del cinema, ma davanti un capolavoro tecnico di regia ed effetti speciali.
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1.
La tensione che rimane costante in tutto il film vi ricordo che non è dovuta agli effetti speciali, bensì alla sceneggiatura, che certo non sarà niente di originale, (stiamo sempre parlando di un blockbuster costato chissà quanto in computer grafica, cosa vi aspettavate?) ma è comunque lodevole nel suo riuscire a immedesimare lo spettatore, mantenere alto l'interesse e risultare credibile praticamente per tutta la durata del film, nonostante la presenza di un solo attore.
2.
E' assurdo criticare i dialoghi (comunque ben riusciti) di un film che vede 2 attori in scena per 15 minuti e poi 1 solo attore fino alla fine.
No, non siamo davanti un capolavoro del cinema, ma davanti un capolavoro tecnico di regia ed effetti speciali.
Son due cose diverse.
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jayan
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giovedì 3 ottobre 2013
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un film bello, sulla solitudine nello spazio
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Ottimo film sullo spazio e sulla possibilità concreta di morirvi. Scenari stupendi - il film va guardato in 3d! - ed effetti speciali, ma non solo quelli! C'è una storia molto umana e commovente, un'intensa interpretazione di Sandra Bullock - mentre George Clooney è minore, una sua spalla, ma dopotutto questa è la sua parte, e la fa bene - e un finale che ci fa amare di poter vivere sulla terra. La storia è avvincente fino all'ultimo, anche se poco credibile. Un film da vedere!
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alecarid
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venerdì 18 ottobre 2013
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da vedere in 3d
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Amo lo spazio ed in 3d questo film merita di essere visto per i paesaggi e le sensazioni che riesce a dare, come al solito quando c'e' molta immagine la storia diventa banale e irrealistica, nulla di quello che succede potrebbe succedere veramente non con quei tempi, non con quelle coincidenze e poi che dire del rientro, bello da vedere ma imbarazzante.
A parte questi commenti da nerd, lo consiglio .. ma in 3D mi raccomando.
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ca55p
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domenica 13 ottobre 2013
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bello tecnicamente,banalotto come contenuti
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dopo aver visto questo film la cosa che spontaneamente viene da dire è che sia dal punto di vista visivo uno dei più belli degli ultimi anni.
grazie anche alla visione tridimensionale fa godere decisamente di immagini ed emozioni particolari ed inoltre la lunghezza non particolare è un vantaggio perchè non ci sono quasi momenti di stanca.
quindi per un film direi che tutto ciò sia importante.
D'altra parte io personalmente mi aspetto sempre anche dei contenuti di valore da una pellicola e qui mi pare che ci sia poco o niente.La presenza del piacione George è per un bel pezzo insopportabile con le sue classiche battute da eroe che magari piaceranno molto al pubblico americano con quella ironia che vorrebbe sdramattizzare tutto e che siamo abituati da sempre a sopportare in molti film e telefilm made in usa.
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dopo aver visto questo film la cosa che spontaneamente viene da dire è che sia dal punto di vista visivo uno dei più belli degli ultimi anni.
grazie anche alla visione tridimensionale fa godere decisamente di immagini ed emozioni particolari ed inoltre la lunghezza non particolare è un vantaggio perchè non ci sono quasi momenti di stanca.
quindi per un film direi che tutto ciò sia importante.
D'altra parte io personalmente mi aspetto sempre anche dei contenuti di valore da una pellicola e qui mi pare che ci sia poco o niente.La presenza del piacione George è per un bel pezzo insopportabile con le sue classiche battute da eroe che magari piaceranno molto al pubblico americano con quella ironia che vorrebbe sdramattizzare tutto e che siamo abituati da sempre a sopportare in molti film e telefilm made in usa.
Molto meglio direi la SandraB. credibile nel suo ruolo di eroina,al di là della poco verosimiglianza della situazione che si trova a vivere.
Mi è piuaciuta la trovata della riapparizione di clooney,come "spirito guida" e per fortuna solo quello...
Per concludere secondo me un film che non resterà negli annali ma che si può godere piacevolmente come un bel prodotto
visivo.
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gianluca ranieri bandini
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lunedì 7 ottobre 2013
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gravity, da rimanere senza fiato.
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Spesso accade che, un'aspettativa troppo elevata, venga disattesa e distrutta dall'effettivo esito delle cose. Per quanto riguarda la pellicola Gravity, è accaduto esattamente il contrario: non solo ogni attesa è stata rispettata, ma già dopo i primi minuti di visione, avevo ben intuito come fossi di fronte a qualcosa di mai visto prima.
Pur non essendo un horror, la sequela di scene che si sussegue, suscita nello spettatore emozioni di paura, a tratti di orrore, in una sfera di suspense senza soluzione di quantità.
Il coinvolgimento che si subisce, equivale ad una vera e propria esperienza di novanta minuti, destinata a rimanere nella memoria.
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Spesso accade che, un'aspettativa troppo elevata, venga disattesa e distrutta dall'effettivo esito delle cose. Per quanto riguarda la pellicola Gravity, è accaduto esattamente il contrario: non solo ogni attesa è stata rispettata, ma già dopo i primi minuti di visione, avevo ben intuito come fossi di fronte a qualcosa di mai visto prima.
Pur non essendo un horror, la sequela di scene che si sussegue, suscita nello spettatore emozioni di paura, a tratti di orrore, in una sfera di suspense senza soluzione di quantità.
Il coinvolgimento che si subisce, equivale ad una vera e propria esperienza di novanta minuti, destinata a rimanere nella memoria. La peculiarità che più mi ha sorpreso, è stata la capacità di far sperimentare allo spettatore l'esperienza dell'assenza di gravità, pur stando a terra incastrati fra delle poltrone, a volte anche anguste.
Da lasciare senza fiato la lotta per la sopravvivenza, in cui si evince un istinto primordiale e universale, in una tensione frammista a profondi momenti contemplativi, in una maniera che non si vede dai tempi di "2001 Odissea nello Spazio."
I dettagli tecnici sono incredibili e, la scenografia sublime, da il meglio di sé con il 3D.
In definitiva un film destinato a coinvolgere anche lo spettatore meno propenso al genere "spaziale", e far vacillare per l'emozione tutti gli appassionati e non solo.
Il voto va ben oltre le classiche 5 stelline.
Buon divertimento.
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filippo catani
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lunedì 14 ottobre 2013
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alla deriva nello spazio
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Due astronauti si trovano nello spazio ad operare alcune riparazioni ad una stazione orbitante; lei è al suo primo incarico mentre lui è all'ultimo. Improvvisamente vengono avvertiti dalla centrale di Houston che una pioggia di detriti li sta per investire. Nel giro di pochissimo i due si ritrroveranno alla deriva nello spazio e dovranno cercare di salvarsi prima che termini l'ossigeno.
Dunque questo film merita una recensione abbastanza articolata in quanto ci sono cose che funzionano molto bene e altre decisamente no. Diciamolo subito: finalmente un film che vale la pena di essere visto in 3D. D'altra parte erano anni che Cuaròn aveva in mente questo film e attendeva che la tecnologia gli regalasse la possibilità di realizzarlo.
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Due astronauti si trovano nello spazio ad operare alcune riparazioni ad una stazione orbitante; lei è al suo primo incarico mentre lui è all'ultimo. Improvvisamente vengono avvertiti dalla centrale di Houston che una pioggia di detriti li sta per investire. Nel giro di pochissimo i due si ritrroveranno alla deriva nello spazio e dovranno cercare di salvarsi prima che termini l'ossigeno.
Dunque questo film merita una recensione abbastanza articolata in quanto ci sono cose che funzionano molto bene e altre decisamente no. Diciamolo subito: finalmente un film che vale la pena di essere visto in 3D. D'altra parte erano anni che Cuaròn aveva in mente questo film e attendeva che la tecnologia gli regalasse la possibilità di realizzarlo. Le immagini dello spazio e della Terra vista dallo spazio sono veramente suggestive. Un'altra cosa che funziona è la tensione che per buona parte del film tiene lo spettatore inchiodato alla poltrona. Quindi arriviamo a Sandra Bullock e alla sua grande interpretazione. Il regista arriva a lei dopo che la parte era stata rifiutata da diverse altre attrici e lei si cala perfettamente nella parte regalando un'ottima prestazione che potrebbe forse regalarle un'altra nomination all'Oscar (e pare incredibile che per tanti bei ruoli interpretati l'abbia vinto per lo sciatto The Blind side). Detto questo veniamo alla nota dolente che sostanzialmente risiede in un'unica parola: la trama. Ora capisco che questo genere di film vada apprezzato per le innovazioni tecnologiche che porta (magari un Oscar "tecnico" potrebbe pure scapparci) però un film vive anche della sua trama che in questo caso risulta essere decisamente troppo banale e infarcita di retorica. Per una buona ora, come detto in precdenza, lo spettatore rimane in tensione poi da un certo momento in poi (che ovviamente non sveleremo per chi ancora deve andare a vederlo) tutto risulta fin troppo chiaro e "l'apoteosi" finale si ha con la scena madre finale. Insomma mettiamola così: se insieme a tutti gli sforzi per realizzarlo se ne metteva qualcuno in più per la trama ne poteva uscire fuori un capolavoro.
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macbeth87
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mercoledì 2 ottobre 2013
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bagliori metafisici e grande intrattenimento
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Quale che sia il giudizio personale su di un’opera come Gravity è indubbio che ci si trovi di fronte ad un’esperienza visiva singolarmente intensa. In poco più di novanta minuti, la versatile maestria di Alfonso Cuarón ci consegna un’ennesima riflessione sul tema della catarsi, il ritorno alla vita e l’elaborazione del lutto e lo fa coniugando meravigliosamente gli stilemi di un ottimo prodotto di intrattenimento ad alto budget con la forza narrativa del grande cinema d’autore.
Uno spaventoso incidente trasforma una missione spaziale di routine in un incubo ad occhi aperti (e gravità zero) e costringe i due astronauti superstiti, la dottoressa Ryan Stone (Bullock) e il cosmonauta Matt Kowalsky (Clooney) in primis a correre contro il tempo per rientrare sulla Terra prima che carburante ed ossigeno si esauriscano e, in secondo luogo, a confrontarsi con se stessi, i propri limiti, traumi e debolezze.
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Quale che sia il giudizio personale su di un’opera come Gravity è indubbio che ci si trovi di fronte ad un’esperienza visiva singolarmente intensa. In poco più di novanta minuti, la versatile maestria di Alfonso Cuarón ci consegna un’ennesima riflessione sul tema della catarsi, il ritorno alla vita e l’elaborazione del lutto e lo fa coniugando meravigliosamente gli stilemi di un ottimo prodotto di intrattenimento ad alto budget con la forza narrativa del grande cinema d’autore.
Uno spaventoso incidente trasforma una missione spaziale di routine in un incubo ad occhi aperti (e gravità zero) e costringe i due astronauti superstiti, la dottoressa Ryan Stone (Bullock) e il cosmonauta Matt Kowalsky (Clooney) in primis a correre contro il tempo per rientrare sulla Terra prima che carburante ed ossigeno si esauriscano e, in secondo luogo, a confrontarsi con se stessi, i propri limiti, traumi e debolezze.
Una volta perdonato a Cuarón (e al suo co-sceneggiatore, il figlio Jonas) qualche ricorso all’effetto facile (la macabra scoperta dei cadaveri degli altri astronauti) o al ricatto sentimentale (il riferimento alla figlia tragicamente scomparsa di Ryan), l’approccio scelto dal regista è vincente nel momento in cui rielabora, come si è già detto, motivi non nuovi con una padronanza dei contenuti e della messa in scena davvero stupefacente. Se è obiettivamente difficile non ravvisare nella protagonista molti elementi in comune con la Ellen Ripley interpretata da Sigourney Weaver in Aliens - scontro finale o, più in generale, ritrovare qua e là le stesse atmosfere di un film come Apollo 13 (sarà un caso se, qui come nell'opus di Ron Howard, troviamo Ed Harris a far da timoniere della missione da Houston?...), la differenza la fa innanzitutto il modo in cui lo spazio e le sue immense profondità vengono descritti e narrati. Diversamente dalle pellicole citate, il cosmo qui non è solamente cupo ed ostile ma diventa un luogo al contempo fisico e metafisico, di struggente e luminosa bellezza ma anche irto di pericoli e insidie e la lotta per la sopravvivenza di Ryan diventa, allo stesso tempo, fisica e psicologica, concreta e astratta perché è sì un confronto diretto con un ambiente inospitale ma anche, se non soprattutto, una sfida con la propria intrinseca fragilità. In tal senso i meriti vanno ascritti oltre che al regista, alla performance senza compromessi di Sandra Bullock (senza trucco, smagrita e vagamente androgina) capace di restituirci un personaggio che è insieme fragile e caparbio, duro e commovente cui George Clooney fa da spalla molto professionalmente; i momenti in cui la macchina da presa le si attacca letteralmente addosso sono di una potenza espressiva davvero rara. Menzione d’onore infine, com’era evidente, alla fotografia dei “maghi” Emmanuel Lubezki e Michael Seresin, già (meritatamente) in lizza per un Oscar assieme a Mark Sanger (impegnato con Cuarón in veste di montatore) e a tutto il reparto effetti speciali e sonori. In conclusione, un unico timore: la possibilità che il risultato di tale sforzo produttivo e artistico sia penalizzato dal piccolo schermo, ragion per cui se ne consiglia vivamente la visione al cinema.
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