Gravity |
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Un film di Alfonso Cuarón.
Con Sandra Bullock, George Clooney, Ed Harris, Orto Ignatiussen.
continua»
Fantascienza,
Ratings: Kids+13,
durata 92 min.
- USA, Gran Bretagna 2013.
- Warner Bros Italia
uscita lunedì 10 giugno 2024.
MYMONETRO
Gravity
valutazione media:
3,63
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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La nuova frontiera della fantascienzadi EugenioFeedback: 34763 | altri commenti e recensioni di Eugenio |
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martedì 5 novembre 2013 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
La diffidenza verso il 3D perde questa volta la scommessa. Lontano da ogni più rosea previsione avviene un piccolo miracolo cinematografico che stupisce per bellezza visiva e grafica. Ecco allora che ricordarsi di illustri passati come 2001 Odissea nello Spazio e Solaris trova un senso nella scelta di inquadrature, nella cura dei dettagli, nell’introspezione psicologica a migliaia di chilometri di distanza dalla Terra che l’attrice, Sandra Bullock, riesce perfettamente a incarnare. Gravity è tutto questo: un film che stupisce (negativamente) per l’abbondanza di inesattezze scientifiche ma (positivamente) soprattutto per la peculiarità e il contesto in cui esso esse sono inserite che rendono meno “traumatica” la caratterizzazione Ci troviamo nello spazio dove due coraggiosi astronauti, la dottoressa Stone (Bullock) e Kowalsy (Clooney) durante una missione di manutenzione sul telescopio Hubble, vengono colpiti da un'onda di detriti. A seguito della distruzione della navetta spaziale, i due superstiti rimangono separati l’uno dall’altro con scarse possibilità di comunicazione con la stazione base a causa del danneggiamento dei ponti radio. A ciò si aggiunge la mancanza di ossigeno, la lontananza da una stazione spaziale che pare una chimera e non ultimo dato la speranza che minuto dopo minuto diventa sempre più flebile...... Fin qui tutto regolare: la trama è catastrofica come si deve ma la novità viene guardando. Dopo una prima analisi convenzionale pur se ricercata e coraggiosa nelle inquadrature frutto di un intenso lavoro d’equipe che ha richiesto mesi e mesi di studio e ricerche, la seconda parte quasi avulsa dalla prima e legata da un filo molto labile che ha come cuore la storia della dottoressa Stone, diviene più psicologica. Quasi immersi dalla contemporaneità tecnologica della stazione spaziale, rimaniamo visivamente coinvolti dalla disperazione della giovane mente razionale,dal suo senso di ansia dinanzi al vuoto infinito dell’universo nel quale si fatica a trovare un senso, una ragione strettamente ancorati a un’esistenza che nello spazio è priva di saldi punti di riferimento. La rinascita e le allucinazioni indotti dallo stress psicologico alla Solaris riflettono sul destino metafisico della vita, sul significato di un Paradiso laico dove poter indirizzare il senso di un’esplorazione spaziale frutto di curiosità e intraprendenza. Strumento essenziale che questa volta coadiuva l’effetto speciale è il silenzio. Finalmente un film che riflette,lontano dal caos delle “guerre spaziali” in un’atmosfera rarefatta e solitaria. La nuova frontiera dello spazio è sancita: non un territorio da conquistare e poi salvaguardare (Oblivion), non una guerra costante di lotta contro i propri demoni interiori (After Earth) ma un obbligato strumento di ricerca interiore. Quattro anni dopo Moon e a quarantacinque di distanza 2001 Odissea nello spazio, Cuaron rielabora le teorie metafisiche di Kubrick per “adattarle” al contesto consumistico odierno. La vicenda della dottoressa Stone in lotta contro lo spettro della morte e le belle inquadrature delle Terra che ricordano -per immagini- la cupezza di Melancholia scorre veloce e coinvolge lo spettatore malgrado l’eccesso occasionale di retorica (che delle volte a causa dell’eccessiva metafora può annoiare) e l’artificiosità voluta che non scalda il cuore. Gli occhi però sono soddisfatti e la mente pure. Una mezza vittoria che vuol dire già qualcosa in questo tempo.
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