Il ponte tra blockbuster e cinema d'autore. Così è giustamente etichettato il geniale e controcorrente Christopher Nolan, un regista il quale, in un periodo dove le opere filmiche sguazzano nella scontatezza e negli incassi, e il pubblico in sala è attratto soltanto dall'intrattenimento e dal 3D, ha saputo cogliere il testimone di un cinema puro, classico, idealista, e di sollevarlo all'apice dell'epoca artistica moderna, confezionando irresistibili, originali e magistrali prove di regia quali Memento, The Prestige, Inception e Il Cavaliere Oscuro (non a caso, tutti nella lista dei 250 film più belli della storia del cinema), in grandi kolossal, che solitamente invece sono dettati dai soldi delle grandi produzioni che si approfittano delle vulnerabilità del pubblico.
E così Nolan si conferma il compromesso del tutto, nel concludere la leggendaria trilogia de 'Il Cavaliere Oscuro', in un'opera spettacolare, potente, emozionante, e chi più ne ha più ne metta. Certo, imperfetta: la sceneggiatura conta alcune lacune che non ci si aspetta da autori come Goyer, e ci si ritrova davanti a eventi già trattati in altri film (anche se Nolan li rigioca a modo suo); ma è il caso di fare i puntigliosi, dinanzi a un capolavoro simile? Epicità, drammaticità, spettacolarità si intrecciano tra di loro per le quasi 3 ore di film che sembrano volare fino all'immenso ed emozionante epilogo, che scivolando tra le indimenticabili e commoventi note di Hans Zimmer, riesce a sprigionare un pathos tale da rabbrividire il pubblico fino allo stremo, e a creare una sensazione di 'infinito' e di 'vuoto' che percuote l'animo dello spettatore anche a distanza di giorni dopo la visione, rendendogli impossibile lasciarsi emozionare momentaneamente da altri film.
Un altro elemento da apprezzare nell'opera, si identifica nell'assurdo realismo degli effetti speciali, mai esagerati, estremamente veri, i quali tutti gli altri film che abusano di effetti visivi devono soltanto invidiare, essendo Nolan un regista impegnato nell'usare il meno possibile le tecniche della computer grafica, strutturando una propria poetica impregnata di idealismo puro, dove 'bisogna andare sempre oltre' ciò che è proiettato sullo schermo, e studiare l'immenso bagaglio di significati profondi che si nascondono dietro le azioni dei personaggi.
Definire 'The Dark Knight Rises', un film d'azione sui supereroi, è del tutto offensivo. Superficiale è colui che dice: "C'è poco Batman in questo film". DEVE essere così, perchè elogiare le solite vittorie di un eroe, significherebbe essere scontati; bisogna invece allontanarsi dall'idea di fumetto, e studiare la morale umana in tutte le sue sfumature, le debolezze e le paure dell'uomo dietro la maschera, e la psicologia dell'antagonista, in questo caso del colosso Bane, che sì, fa sentire la mancanza del Joker di Ledger, ma si tratta di un tipo di nemico diverso e molto fisico, che concentra la sua profondità nella forza drammatica degli sguardi, attraverso gli occhi dell'attore Tom Hardy. Grande spazio d'interpretazione anche agli altri protagonisti, in particolare a Bale, Oldman e al grande Micheal Caine, 'convertiti' all'italiano in modo vergognoso dal doppiaggio del bel paese.
C'è da ricordare che a causa della soggettività dei gusti, non stiamo trattando un film che possa piacere a tutti. Ma bisogna comprendere che il cinema di Nolan non è per 'quei tutti'. Per apprezzarlo bisogna diventare uno spettatore che non si limita a guardare, ma a vivere un film.
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