nino pell.
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sabato 3 novembre 2012
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un film retrò da superata avanguardia
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Un Bertolucci ormai stanco tenta di affascinare con un film le cui tematiche risalgono già a molti anni addietro: la scoperta intima di due giovani, inizialmente non proprio simili tra loro, riguardo la nascosta ricchezza del loro mondo introspettivo e, per contrasto,un mondo esterno che non è in grado di capirli. Tematiche che, indipendentemente dal discorso se sono o meno ancora attuali,esplicano, nella forma, un messaggio d'avanguardia palesemente retrò e comunque visto e rivisto in tante altre pellicole del genere. Non dico che sia un film inutile, ma "pesantemente" superato. Questo si.
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derriev
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sabato 3 novembre 2012
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i 40 colpi
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I 40 colpi.
Come molti registi dalla lunga carriera, Bertolucci gira film come pallide ombre di glorioso un passato nemmeno tanto distante, vedi "L'ultimo imperatore".
"Io e te" fa eco al suo ultimo, vacuo e inconcludente, "The dreamers", con protagonisti ancora i giovani.
Trama: un adolescente introverso evita la "gita di classe" per richiudersi in cantina e isolarsi quella settimana.
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I 40 colpi.
Come molti registi dalla lunga carriera, Bertolucci gira film come pallide ombre di glorioso un passato nemmeno tanto distante, vedi "L'ultimo imperatore".
"Io e te" fa eco al suo ultimo, vacuo e inconcludente, "The dreamers", con protagonisti ancora i giovani.
Trama: un adolescente introverso evita la "gita di classe" per richiudersi in cantina e isolarsi quella settimana. Il suo piano è scombussolato dall'arrivo della sorellastra, "sbandata" e drogata, che si insedia con lui.
Il film è "costretto", per la maggior parte, in unico ambiente, la cantina, e il nucleo della vicenda è la scoperta reciproca di due fratelli che, causa le separazione dei genitori, non si conoscono, e addirittura sanno cose diverse sulla propria famiglia.
Il film descrive il loro lento avvicinamento, appena velato da sfumature sensuali con la curiosità/gelosia di lui per gli amanti di lei.
La "verbosità" della storia, siamo comunque lontanissimi da film come "Carnage" o "Cena tra amici", giacché quella del ragazzo è presentata dall'inizio del film, svela poco a poco la vita di lei, in conflitto con il loro padre comune, drogata e artista disorientata.
Ma se la devastante incompiutezza delle loro vite emerge dai dialoghi, alla fine la sceneggiatura, scritta da quattro persone!…, dice davvero poco.
Per metà film lei vomita e si dispera in astinenza, quando può dorme; lui ci litiga e ascolta musica.
Ma lentamente il loro rapporto evolve: si scoprono e si apprezzano, fino al dolcissimo consolatorio ballo/abbraccio finale, dove è il cantante a parlare per entrambi: una scena forse "datata" ma bella, intensa e salvifica per entrambi.
Cos'è che non convince in "Io e te"?
E' la cifra minimalistica del tutto, sintetizzata già nel titolo.
Nei loro dialoghi, nel loro costrutto, nella vicenda… c'è davvero troppo poco.
Due vite così, evidentemente complesse e tormentate, alla fine sono condensate in due "figure": la "ragazza sbandata" e il "l'adolescente problematico".
Così la sceneggiatura, anziché partire dalle "figure" per sviluppare il film, parte dal film per poi approdare, ed implodere, su questi due stereotipi.
Non c'è una scoperta dei personaggi, ma una loro immediata rivelazione che poi non prosegue, non sviluppa, non conduce da alcuna parte.
Il finale consola con la loro rivalsa: escono dal quel loro rifugio, sembra, più forti nell'affrontare la vita.
E il fermo immagine su lui redivivo, a fine film, è un chiaro rimando a "I 400 colpi", anche se lì c'era invece lo smarrimento del ragazzino.
Ma siamo distantissimi dall'intensità di quella pellicola.
Qui, al massimo, di colpi ve ne sono 40.
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giulio vivoli
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sabato 3 novembre 2012
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ancora bertolucci
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Il grande regista si riconosce non solo quando racconta i grandi accadimenti storici come in L'Ultimo Imperatore o Novecento, ma soprattutto nella capacita' di restare ad alto livello in storie piu' quotidiane non sorrette da un contesto di per sè sovrastante.
E' il caso di Io e Te, in cui Bernardo Bertolucci si conferma a suo perfetto agio nell'ambientazione chiusa a quattro mura: come gia' in Ultimo Tango a Parigi e The Dreamers, il regista supera i rischi claustofobici con una narrazione proiettata alla risoluzione dei conflitti verso l'io e verso il mondo esterno da parte dei due protagonisti, entrambi adolescenti problematici e chiusi in se' stessi.
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Il grande regista si riconosce non solo quando racconta i grandi accadimenti storici come in L'Ultimo Imperatore o Novecento, ma soprattutto nella capacita' di restare ad alto livello in storie piu' quotidiane non sorrette da un contesto di per sè sovrastante.
E' il caso di Io e Te, in cui Bernardo Bertolucci si conferma a suo perfetto agio nell'ambientazione chiusa a quattro mura: come gia' in Ultimo Tango a Parigi e The Dreamers, il regista supera i rischi claustofobici con una narrazione proiettata alla risoluzione dei conflitti verso l'io e verso il mondo esterno da parte dei due protagonisti, entrambi adolescenti problematici e chiusi in se' stessi.
La convivenza settimanale costretta e casuale tra fratello e sorella di medesimo padre svela problematiche adolescenziali irrisolte, ma si rivela terapeutica e funzionale al recupero di entrambi alla vita normale una volta tornati in superficie dalla cantina-appartamento fatiscente vintage.
I lati patologici e paranoici sono resi spesso con carica ironica e paradossale, che smorza e allegerisce la tensione narrativa e strappa perfino qualche risata spontanea.
A parte la concessione allo stereotipo dei genitori borghesi pariolini affettivamente assenti, i profili dei due protagonisti sono credibili e veri, insieme alla recitazione degli attori curata fino all'impeccabile linguaggio gestuale del corpo.
Fa da sfondo una fotografia illuminante e artisica specialmente negli interni da sottoscala, con cornice una colonna sonora ritmata e un inedito duo Bowie-Mogol.
Anche stavolta il Maestro non stecca al contrario di altri colleghi illustri ultimamente sottotono.
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gaara
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venerdì 2 novembre 2012
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"io e te"?
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Facile impersonare i panni di un adolescente quando lo si è. Eppure per Jacopo Olmo Antinori, protagonista della pellicola in oggetto, diventa difficile immedesimarsi nella vita e nella personalità di un quattordicenne, che preferisce una settimana d’isolamento in una cantina-tugurio alla compagnia dei suoi pseudo coetanei. Espressioni forzate, finte e una evidente difficoltà a recitare in modo credibile accompagnano la sua interpretazione.
Non basta certo qualche brufolo e una peluria adolescenziale a fare di Jacopo Lorenzo e di Jacopo un attore.
Le critiche sono purtroppo inevitabile quando il film non ha l’intenzione di apparire frivolo, ma trasuda la presunzione di voler far conoscere delle realtà più o meno lontane, lasciare morali e dispensare taciti giudizi, fatti di fotogrammi, sguardi e battute strappate ad una sceneggiatura molto poco incidente.
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Facile impersonare i panni di un adolescente quando lo si è. Eppure per Jacopo Olmo Antinori, protagonista della pellicola in oggetto, diventa difficile immedesimarsi nella vita e nella personalità di un quattordicenne, che preferisce una settimana d’isolamento in una cantina-tugurio alla compagnia dei suoi pseudo coetanei. Espressioni forzate, finte e una evidente difficoltà a recitare in modo credibile accompagnano la sua interpretazione.
Non basta certo qualche brufolo e una peluria adolescenziale a fare di Jacopo Lorenzo e di Jacopo un attore.
Le critiche sono purtroppo inevitabile quando il film non ha l’intenzione di apparire frivolo, ma trasuda la presunzione di voler far conoscere delle realtà più o meno lontane, lasciare morali e dispensare taciti giudizi, fatti di fotogrammi, sguardi e battute strappate ad una sceneggiatura molto poco incidente.
Non è da meno la regia bertolucciana che dirige un film destinato a rimanere incompiuto già a metà dell’opera, quando lo spettatore è cosciente che i risvolti della storia saranno pochi o inesistenti, e pervaso da sensazioni di poche pretese che lo accompagneranno verso la fine della settimana di isolamento - verso la fine del film - in maniera “ossimoricamente” appagata.
Al di qua dello schermo ci si convince che nulla è dovuto.
Il Lorenzo pensiero non è assolutamente sviluppato e viene lasciato appeso nei suoi dilemmi psichici che mai trovano spiegazioni, facendo risultare il personaggio forzato più di quanto lo forzi Antinori. Lorenzo risulta così un anomalia, che probabilmente non trova riscontri nella attuale infelicità adolescenziale e nonostante la diversità sia un bene, in tale contesto sembra demarcare un solco invalicabile all’immedesimazione dei propri disagi. Tutto questo risulta ancora più strano se si pensa che l’involuzione e il nostro modus vivendi ci sta conducendo verso un freddo “isolamento binario”, dove ognuno potrebbe trovare il tempo e la necessità di rinchiudersi nella propria “cantina”.
Tea Falco, nei panni di Olivia prende la scena. Irrompe nella vita del fratello Lorenzo così come nel film, dando la parvenza di un personaggio quanto meno più ricercato, riuscendo così ad avvilupparsi di maggiore credibilità. La stranezza è che la scena non dovrebbe essere la sua, ma di Lorenzo o quantomeno di quel “Io e Te” che invece non trova un seguito al di là del titolo.
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vedonero
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venerdì 2 novembre 2012
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io e te, perchè?
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Inutile dire che Bertolucci "ha fatto" dei grandissimi film. Ininfluente sottolineare il suo (nostro) gradito ritorno a fare cinema. Se si deve recensire, che recensione sia.
Con dispiacere, dato dal fatto che dispiace vedere un brutto film fatto da un bravo regista, bisogna ammettere che la storia non respira mai. I due protagonisti si rubano la scena a vicenda in quel palco teatrale che è la (chic)cantina-nobile. Formicaio di turbe giovanili, che non appaiono mai gravi, in questo modo non ci si affezziona mai a Lorenzo (Antinori): semplice adolescente che attraversa come tutti il suo periodo "introverso", poi un bel giorno si cresce e tutto passa. La sorellasta (Falco) cresciuta troppo in fretta, figlia di genitori separati da balzelli sociali, che sfoga il suo bisogno di affetto e la sua sensibilità artistica nell'eroina non diventerà il nostro eroe.
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Inutile dire che Bertolucci "ha fatto" dei grandissimi film. Ininfluente sottolineare il suo (nostro) gradito ritorno a fare cinema. Se si deve recensire, che recensione sia.
Con dispiacere, dato dal fatto che dispiace vedere un brutto film fatto da un bravo regista, bisogna ammettere che la storia non respira mai. I due protagonisti si rubano la scena a vicenda in quel palco teatrale che è la (chic)cantina-nobile. Formicaio di turbe giovanili, che non appaiono mai gravi, in questo modo non ci si affezziona mai a Lorenzo (Antinori): semplice adolescente che attraversa come tutti il suo periodo "introverso", poi un bel giorno si cresce e tutto passa. La sorellasta (Falco) cresciuta troppo in fretta, figlia di genitori separati da balzelli sociali, che sfoga il suo bisogno di affetto e la sua sensibilità artistica nell'eroina non diventerà il nostro eroe. Pellicce troppo vintage e maculati retrò, non sono abbastanza crudi per non farci rimpiangere Cristiana F. I fratellastri rimangono in superficie coperti dai loro clichè. Manca il coraggio di calare l'asso, rendendo esplicita l'attrazzione incestuosa tra i due. Il conflitto è spuntato, perfino Muccino con una storia così forse avrebbe fatto meglio. Imbarazzante l'inserto onirico, lasciato a penzolare in mezzo al film come un didascalia manieristica. Ricomicia a pensare in grande Bertolucci, quando l'hai fatto i risultati sono stati eccellenti.
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[+] ahi, la zeta
(di pepito1948)
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[+] esaltazione delle banalità
(di leo grimaldi)
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procuste
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venerdì 2 novembre 2012
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un unica domanda
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Un solo interrogativo esistenzale mi ha lasciato il film. Cosa ci facesse Pippo delBono a fare lo psicologo, anche lui in carrozzina.
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francisdeckhaunt
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venerdì 2 novembre 2012
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la solitudine adolescenziale secondo bertolucci
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Lorenzo, ragazzo problematico, decide di fare finta di essere andato in settimana bianca con la sua classe delle superiori, ma in realtà, dopo aver fatto provviste, si chiude nella cantina del suo condominio per prendersi una sorta di vacanza personale dalla vita di tutti i giorni, finalmente solo. Il suo piano verrà, però, dissolto nel momento in cui Olivia, la sua sorellastra, piomba nel suo microcosmo in preda ad una crisi di astinenza da eroina e senza nessun altro posto dove andare. Lorenzo, all'inizio, è reticente, ma con il passare dei giorni tra i due si svilupperà un forte legame, attraverso il quale entrambi impareranno una lezione di vita.
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Lorenzo, ragazzo problematico, decide di fare finta di essere andato in settimana bianca con la sua classe delle superiori, ma in realtà, dopo aver fatto provviste, si chiude nella cantina del suo condominio per prendersi una sorta di vacanza personale dalla vita di tutti i giorni, finalmente solo. Il suo piano verrà, però, dissolto nel momento in cui Olivia, la sua sorellastra, piomba nel suo microcosmo in preda ad una crisi di astinenza da eroina e senza nessun altro posto dove andare. Lorenzo, all'inizio, è reticente, ma con il passare dei giorni tra i due si svilupperà un forte legame, attraverso il quale entrambi impareranno una lezione di vita. L'ultimo film di Bertolucci, se devo essere sincero, mi ha lasciato abbastanza interdetto, perché accosta elementi curati in ogni minimo particolare ad altri totalmente scialbi e approssimativi. Se da un lato abbiamo una sceneggiatura impeccabile che ci fa entrare benissimo nella testa dei personaggi e ci fa comprendere la loro psicologia all'istante, dall'altro abbiamo un finale, con tanto di zoomata, degno di un film sentimentale per famiglie dei primi anni '90. Se da una parte abbiamo una prova attoriale eccelsa dei due protagonisti (lui più di lei), dall'altra ci troviamo di fronte ad una fotografia certamente non degna di un regista del calibro di Bertolucci, povera e piena di trovate discutibili (una su tutte, la scena del sogno di Lorenzo nella prima parte del film). Il film, certo, non è privo di scene memorabili, come quella del ballo e quella del movimento ad “otto” (o ad “infinito”, se vogliamo) dell'armadillo in gabbia che si fonde con quello del protagonista in cantina. In conclusione, Io e Te mi è piaciuto, ma non abbastanza, se consideriamo la figura che c'è dietro e tutte le aspettative che, volenti o nolenti, c'eravamo creati per questo film.
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rdn75
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venerdì 2 novembre 2012
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un grande ritorno
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La prima cosa che colpisce in questo film è la cura per la fotografia e le inquadrature da parte del regista, che riesce a raccontare una storia di crescita e maturazione di due giovani, girando praticamente solo in un unoco ambiente, anche buio.
La luce viene espressa dalle parole e i gesti dei due giovani protagonisti che si fanno conoscere e svelano le loro paure e speranze con il sussegursi del racconto. Aiutato dal fatto che il film è tratto da un famoso film di Ammaniti, i protagonisti fanno vivere le loro emozioni solo attraverso le parole dei loro racconti, senza però che questi possano emozionare meno che vedere le scene narrate.
Ottima la scelta anche dei due protagonisti perferttamente calzati nei ruoli
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remo valitutto
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giovedì 1 novembre 2012
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bentornato, bernardo bertolucci!
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In bilico tra l'illusione e la realtà, tra la poesia e il cinema stesso, il ritorno dietro la m.d.p. di Bertolucci scardina ogni volontà di resistenza critica.
Lorenzo (Jacomo Olmo Antinori), quattordicenne introverso e solitario, dal volto devastato dai brufoli, compie la sua ennessima fuga dalla vita, trincerandosi in cantina,mentre, racconta ai genitori di essere partito in settimana bianca con la classe.
Tutto scorre secondo i piani dell'adolescente fino a quando non irrompe Olivia (Tea Falco), la sorellastra siciliana drogata che ottiene ospitalità nella cantina.
Inizia, tra i due, una specie di passo a due, inizialmente, segnato dai contrasti e dalla palesata diffidenza reciproca che si trasformeranno, in seguito, in volontà di conoscersi per ritrovare il naturale e profondo amore fraterno che li lega.
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In bilico tra l'illusione e la realtà, tra la poesia e il cinema stesso, il ritorno dietro la m.d.p. di Bertolucci scardina ogni volontà di resistenza critica.
Lorenzo (Jacomo Olmo Antinori), quattordicenne introverso e solitario, dal volto devastato dai brufoli, compie la sua ennessima fuga dalla vita, trincerandosi in cantina,mentre, racconta ai genitori di essere partito in settimana bianca con la classe.
Tutto scorre secondo i piani dell'adolescente fino a quando non irrompe Olivia (Tea Falco), la sorellastra siciliana drogata che ottiene ospitalità nella cantina.
Inizia, tra i due, una specie di passo a due, inizialmente, segnato dai contrasti e dalla palesata diffidenza reciproca che si trasformeranno, in seguito, in volontà di conoscersi per ritrovare il naturale e profondo amore fraterno che li lega.
Senza ambiguità, questa volta, la m.d.p.conduce la sua indagine sui corpi in modo lieve, avvalendosi di una lenta e costante mobilità, che ci permette di cogliere nella loro totalità il corpo dei protagonisti, senza alcun intento meramente voyeuristico.
Nel complesso, Io e te, diventa rara testimonianza di come il cinema di Bertolucci, seppur densamente ricco di implicazioni semantiche, nella sua essenzialità emotiva riesca ad irradiare allo spettatore l'amore profondo che vi è alla base dell'atto creativo stesso.
Bentornato, Bernardo Bertolucci!
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tad56
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giovedì 1 novembre 2012
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un film giovane, di un regista "giovane".
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Finalmente un film giovane, diretto da un grande maestro del cinema, ancora giovane. I ritmi del rock sbalordiscono chi entra in sala e sente la canzone prima del film, che accende un insolito entusiasmo. Finalmente siamo al passo con il tempo e con il ritmo del Mondo. I due ragazzi risolvono i loro problemi, da soli, in cantina, che sembra migliore degli appartamenti di lusso dei piani superiori... senza l'aiuto di chi ha veri problemi esistenziali e mai potrebbe risolvere quelli degli altri. Giovani che, alla fine, dalla cantina escono per vivere la loro città e la loro vita. Un bel film davvero.
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