Titolo originale | Le petit poucet |
Anno | 2011 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Francia |
Durata | 82 minuti |
Regia di | Marina De Van |
Attori | Denis Lavant, Adrien de Van, Rachel Arditi, Valérie Dashwood, Nathalie Vignes Ilian Calaber. |
MYmonetro | 2,92 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 5 settembre 2011
Una nuova trasposizione cinematografica della fiaba di Pollicino di Charles Perrault.
CONSIGLIATO SÌ
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Incapaci di sfamare i cinque figli maschi, un povero taglialegna e sua moglie decidono di abbandonarli nel bosco. Il più piccolo, soprannominato Pollicino, ascolta però per caso la loro conversazione e raccoglie dei sassolini bianchi da seminare lungo il cammino, così che i piccoli ritrovano la strada di casa. Finiti ben presto di nuovo in miseria, i genitori decidono di ripetere il tentativo: purtroppo le briciole lasciate da Pollicino questa volta vengono mangiate dagli uccelli e i bambini si perdono nel bosco. Sul fare del buio, infreddoliti e terrorizzati dai lupi, giungono ad una casa e chiedono rifugio. La padrona cerca di mandarli via, avvertendoli che suo marito è un orco ghiotto di carne giovane, ma non fa in tempo a persuaderli. Rientrato dalla caccia, l'orco trova i bambini e si prepara al banchetto, pur accettando il consiglio della moglie di rimandarlo all'indomani. Durante la notte, invece, si sveglia affamato e decide di divorarli senz'altri indugi. Ma ancora una volta la prontezza di spirito di Pollicino salva la vita a se stesso e ai fratelli.
Marina De Van, classe 1971, collaboratrice di François Ozon per Otto donne e Sotto la sabbia, prosegue con Pollicino il lavoro sulle fiabe di Perrault promosso da Arté e inaugurato dalle riletture di Barbablù e La Bella Addormentata firmate da Catherine Breillat. Apparentemente più fedele al testo-base rispetto all'operato della collega, la regista di "Ne te retourne pas" trasforma maggiormente la materia a livello di significato profondo. Basti pensare al carattere ambivalente che assumono alcuni personaggi centrali, laddove la fiaba è per antonomasia il luogo della separazione assoluta tra bene e male, buoni e cattivi. Basta una riga di dialogo alle De Van per aprire uno squarcio destabilizzante nella figura del buon taglialegna (quando, per esempio, per convincere la moglie ad abbandonare i piccoli le fa presente che torneranno ad essere la coppia senza impegni dei primi anni) o la scelta di un attore piuttosto straordinario come Denis Lavant per riempire di sfumature l'orco golosone. Così facendo, da un lato la regista esplicita con pochi cruciali tratti degli interrogativi insiti da secoli nella fiaba, dall'altro cambia progressivamente e quasi impercettibilmente di segno i valori interni del racconto, fino ad esplicitare il processo nel ribaltamento finale, che coinvolge lo stesso protagonista.
È in queste sottolineature sottili ma radicali dei personaggi che risiede l'interesse maggiore del film, molto più che nell'insistenza tutta contemporanea (da Twilight a True Blood) su carne e sangue, vampirismo e vegetarianesimo. Al film va inoltre riconosciuta una fotografia d'atmosfera, anche se non particolarmente inventiva, fatta eccezione per la sequenza ambientata all'interno del ventre dell'orco che si distingue per una bambinesca e oscura poeticità.