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La custode di mia sorella, il libro

Un romanzo pieno di sentimento da cui è stato tratto l'omonimo film di Nick Cassavetes
di Fabio Secchi Frau

La recensione ***

mercoledì 26 agosto 2009 - Libri

La recensione ***
Come ci si sente a essere nati come angeli involontari della vita di qualcun altro? Come ci si sente ad avere, a soli 13 anni, il destino di un'intera famiglia scritto dentro i propri geni, oltre che sentirne il peso sulle proprie spalle? E che accadrebbe se, riflettendo su se stessi, come sono soliti fare gli adolescenti a quell'età, si giungesse alla conclusione che il senso della propria vita e il motivo della propria esistenza sia solo e unicamente in funzione della vita della propria sorella malata di cancro e che, se questa morisse, il proprio percorso vitale ed evolutivo sarebbe stato vano, inutile, del tutto irrilevante? Come una stella che fa luce a un pianeta, ma che poi quando il pianeta muore, non può più illuminare niente, se non il vuoto del buio cosmico appena lasciato. Queste sono le prime questioni che il romanzo di Jodi Picoult pone a chi si avventura ne "La custode di mia sorella" (Corbaccio, pagg. 432), dal quale è stato tratto un omonimo film con Cameron Diaz e diretto da Nick Cassavetes. Jodi Picoult trascina il lettore in un fruscio di voci differenti (la madre Sara, il padre Brian, la figlia Anna, il fratello Jesse, l'avvocato Campbell e il tutore Julia) che compongono un valzer intorno alle questioni morali ed etiche della vita e della morte, scuotendo e riattivando i loro circuiti sentimentali imballati, ma anche quelli di chiunque incontri questo libro. Spicca, fra tutte queste voci, la splendida Anna, la protagonista assoluta di questo romanzo, una bambina di 13 anni che chiede l'emancipazione medica per non dover più vivere in relazione al cancro della sorella. Ma un piccolo plauso va anche al bel ritratto di Jesse, il prototipo del bravo ragazzo americano che diventa gioventù bruciata (in tutti i sensi), ma che sotto la pelle vive con estrema passione le vicende familiari: è decisamente uno dei personaggi secondari meglio riusciti. Non si esagera nel dire che "La custode di mia sorella" infiamma il lettore grazie a un flusso di ragionamenti e pensieri che spingono a comprendere appieno il perché una "donatrice" come Anna dovrebbe ritrarsi orgogliosamente dal ruolo della buona samaritana, alla ricerca di quel passaggio alla Verità dentro il quale condurre un'intera famiglia. Garbata e senza nerbo, Jodi Picoult analizza le scelte che hanno spinto i genitori a condannare a un'infanzia poco spensierata (ma che darà tanti frutti esistenziali) una figlia per favorirne l'altra che, con tenera passività, poca comunicatività e tanta indecisione, accetta la situazione. La scrittrice non vuole insegnare nulla, ma solo sottolineare la giusta apertura per un'empatica capacità di ascoltare gli altri. Ed è proprio qui il bello del romanzo che non si prende mai troppo sul serio, anche se possiede però l'acutezza di smarcarsi da alcune trappole abusate nella letteratura drammatica e che slittano definitivamente via in dialoghi perfetti e scoppiettanti. Alla fine otterranno tutti quello che cercavano (e serviva loro), ma perderanno qualcosa di molto più importante, in un colpo di scena finale.

In sintesi
I Fitzgerald erano una tipica famiglia felice della provincia statunitense: bella casa e dei bei figli. Lei, Sara, casalinga che ha lasciato il mestiere di avvocato, è una madre che ama con tutta se stessa la propria figlia Kate, un piccolo angelo pieno di infantile perfezione. Lui, Brian, è un marito affettuoso e sempre presente nella cura dell'unico figlio maschio, Jesse, nonostante il suo mestiere di pompiere lo spinga ad assentarsi molto spesso da casa. Ma poi succede qualcosa che non va nel corpo di Kate e che, per riflesso, si estenderà a tutta a famiglia. Leucemia. Unica salvezza? Una nuova figlia, frutto dell'ingegneria genetica e compatibile sotto ogni aspetto biologico con Kate. Anna viene al mondo con questo scopo. Il senso della sua vita, fin da quando è nel ventre materno, è quello di salvare e di custodire l'esistenza e la salute della sorella maggiore tramite continue trasfusioni di piastrine e donazioni di midollo osseo. Nonostante questo, nonostante il male che li ha afflitti sia anche il fulcro della loro unione, nonostante la facciata di una famiglia che lotta coraggiosamente e senza tregua contro il cancro, nascono le prime fratture. E l'ultimo muro a cadere è proprio quello portante: Anna. Anna che, alla luce del momento più cruciale della battaglia di Kate (che per un'insufficienza al rene potrebbe anche morire e che quindi necessita del trapianto dello stesso organo da parte della sorella), si tira indietro, rifiuta di donarle ancora qualcosa e si rivolge a un avvocato, il migliore sulla piazza, il misterioso e affascinante Campbell Alexander, per fare causa ai propri genitori e per riavere così i diritti sul proprio corpo, chiedendo un'emancipazione medica…

L'autrice
Jodi Picoult nasce il 19 maggio 1966 a Nesconset, nei pressi di Long Island. Lì, cresce, e solo all'età di 13 anni si trasferirà, con tutta la sua famiglia, nel New Hampshire. Ha solo 5 anni quando capisce che il suo sogno è quello di diventare la scrittrice, infatti è a quell'età che ultima la sua prima storia intitolata "The Lobster Which Misunderstood". Dopo aver studiato alla Princeton University, dalla quale ne esce laureata nel 1987, pubblica due racconti brevi nella rivista per teenagers. Si impegna in un numero impressionante di lavori che vanno da quello di editor fino a insegnante di inglese. Successivamente a un master in Educazione all'Harvard University, si interessa ai fumetti firmando le sceneggiature di un volume di "Wonder Woman", pubblicate dalla DC Comics. Sposata con Tim Van Leer (un suo compagno di college) e madre di tre figli, dalle sue opere letterarie sono state tratte finora solo film per la tv che le hanno fatto guadagnare nel 2003 il New England Bookseller Award.

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