Anno | 2018 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Cina |
Durata | 230 minuti |
Regia di | Hu Bo |
Attori | Yu Zhang, Yuchang Peng, Uvin Wang . |
Tag | Da vedere 2018 |
MYmonetro | 3,28 su 2 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 2 novembre 2018
Sotto il cielo plumbeo di una cittadina nel nord della Cina, si intrecciano diverse vite.
CONSIGLIATO SÌ
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In una giornata qualsiasi nella periferia di una città della Cina settentrionale, le vite di quattro personaggi sono destinate a incontrarsi. Hoodlum Yang Cheng, che ha tradito il suo migliore amico andando a letto con la moglie, viene scoperto dall'uomo e assiste impotente al suo suicidio. Wei Bu, dopo aver reagito a un atto di bullismo, è in fuga dalla scuola inseguito dal fratello del suo aggressore. La sua compagna di classe Huang Ling ha una relazione con un uomo sposato e una madre alcolista da cui vorrebbe scappare. E l'anziano Wang Jin decide di mettersi in strada, cacciato di casa dal figlio che lo vorrebbe in un ospizio.
A unire i loro destini, il desiderio di raggiungere una città della Manciuria in cui, secondo una diceria popolare, si troverebbe un leggendario elefante che sopravvive senza nutrirsi né muoversi, dotato di un distacco quasi soprannaturale dalla realtà.
Più che un film, un monumento e un documento. Un'opera che racconta il talento post-neorealista di Hu, sfiorito prima ancora di sbocciare, e insieme la fotografia agghiacciante di una società apatica, crudele e immobile, capace di schiacciare con il suo peso gli individui che non sanno sfuggirle.
Perché se pure An Elephant Sitting Still sembra suggerire, nella toccante sequenza finale, che la speranza sia l'unica forza in grado di sostenere l'uomo durante un viaggio che è pura sofferenza ("La vita è agonia - dice uno dei protagonisti - dal momento in cui si nasce fino a quello in cui si muore"), è evidente che per lo stesso regista - morto suicida a 29 anni, poco dopo la fine delle riprese - la speranza non è che un miraggio destinato a rivelarsi un'illusione. L'elefante del titolo, non a caso, non lo mostrerà mai.
Film fiume da 230 indispensabili, a tratti insostenibili, minuti - punteggiati da una discreta, ipnotica, colonna sonora - l'esordio-epilogo della carriera di Bo Hu si presenta sin dall'inizio come un viaggio attraverso l'infelicità sociale (l'incapacità degli individui come singoli di comunicare tra loro; l'incapacità degli individui come società a formarsi in gruppo solidale) compiuto attraverso un giorno nella vita di quattro personaggi, finiti in uno stallo esistenziale.
Nella Cina dipinta da Hu non c'è rispetto per gli anziani, cacciati di casa, percossi e umiliati come il novello Umberto D. Wang Jin, o semplicemente dimenticati, lasciati morire soli e abbandonati. Gli adulti, generazione di mezzo, rifuggono dalle responsabilità del fallimento esistenziale ("Non è colpa mia", continua a ripetere ossessivamente Hoodlum Yang Cheng rifiutando di sentirsi coinvolto nel suicidio dell'amico) mentre ragazzi come Wei Bu e Wang Yuwen sono condannati allo status di vittime - dei coetanei, dei genitori, di un sistema scolastico che ne predetermina grigi orizzonti ("Studierete e poi andrete in strada, a fare gli ambulanti").
Un mondo in cui non c'è spazio nemmeno per l'arte, come racconta l'aneddoto del pescatore e dell'intellettuale, intermezzo crudele di metà film: non sapendo nuotare, il poeta è destinato a morire annegato, nonostante il bagaglio di preziose conoscenze che ne nobilitano l'animo. Un racconto che il tragico destino di Hu ha trasformato, fatalmente, in realtà: e viene il sospetto che l'elefante racconti sì la speranza, ma quella che almeno nella morte si possa trovare un sereno distacco dall'orrore del mondo.
Un film come "an elephant sitting still" non viene mai archiviato dalla memoria di chi l'ha visto. Definire capolavoro un film di quasi 4 ore è coraggioso come il coraggio di chi si prende la briga di vederlo. Ma la potenza (neo?)realistica e l'intensità espressiva di tutti i protagonisti ripagano alla grande lo sforzo.
Voci diverse, sempre fuori campo, riportano la storia di un circo e del suo elefante nel nord della Manciuria. L'animale si trova nella cittadina di Manzhouli e si limita a stare lì, sempre seduto e immobile, vivo, forte del magnifico e illimitato potere di restare indifferente al mondo, ai bisogni della fame e della sete, alla sofferenza. Atarassico.