Titolo originale | 1987 |
Anno | 2017 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Corea del sud |
Durata | 129 minuti |
Regia di | Joon-Hwan Jang |
Attori | Kim Yun-seok, Ha Jung-woo, Hae-jin Yoo, Tae-ri Kim, Hee-soon Park Hee-jun Lee, Eui-sung Kim, Ko Chang-Seok, Lee Hee-joon, Kim Jong-soo, Oh Dal-soo, Seong-kun Mun, Woo Hyeon, Jo Sin-je, Park Ji-hwan, Seung-Mok Yoo, Sul Kyoung-gu, Park Kyung-Hye, In-gi Jeong, Yeo Jin-gu, Gang Dong-Won, Daekyum Ahn, Han Soo Hyun, Chul-Hyung Im, Seung-gil Jeong, Park Ji-Yeol, Jeong-woo Kang, Kyung-Duk Kim, Lee Hyun Kyun, Chang-Hoon Lee, Ji-Hong Park, Seo Suk-Kyu, Jo-a Yang. |
MYmonetro | 2,99 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 26 aprile 2018
Nel 1987 uno studente attivista viene catturato dalla polizia e torturato a morte. Nasce una battaglia per svelare la verità al mondo.
CONSIGLIATO SÌ
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Seul, 1987. Durante un interrogatorio della polizia segreta, incaricata di individuare possibili cellule comuniste, uno studente muore. I segni sul corpo sembrano attribuibili a delle torture. Il governo cerca da subito di insabbiare il caso evitando un'autopsia, ma lo zelo di un procuratore e il coraggio di un giornalista fanno emergere la verità. Dopo i fatti di Gwanju del 1980 e con i giochi olimpici alle porte, l'opinione pubblica diviene una polveriera e la dittatura di Chun Doo-hwan trema.
Il vento del cambiamento in politica ha immancabilmente goduto di un corrispettivo cinematografico in Corea del Sud.
Le dimissioni del Presidente Park Geun-hye e l'insediamento del democratico Moon Jae-in, uniti a una volontà di riconciliazione nazionale sempre più forte, trovano riscontro in un cinema sempre più guidato da una volontà di giustizia. Una riflessione sulla propria storia coraggiosa e pressoché unica, accostabile forse solo a quanto avvenuto negli Stati Uniti con la guerra in Vietnam. La Corea del Sud utilizza in sostanza la sua arma più forte, il cinema, per riflettere su fatti avvenuti trent'anni fa, su ferite mai rimarginate che riguardano persone ancora vive e talora operanti nella cosa pubblica. 1987: When Day Comes arriva sulla scia di opere come The Attorney e A Taxi Driver, spingendo ancor più l'acceleratore sull'urgenza di raccontare come sono andate le cose, a scapito - se necessario - di vincoli e convenzioni di forma. Jang Joon-hwan (Save the Green Planet) trasforma il suo stile, mettendosi al servizio di un racconto a forti tinte, ideato per parlare al cuore di tutti i coreani.
Un'opera tripartita, in cui il testimone della ricerca di giustizia passa dal coraggio di tre personaggi differenti, accomunati dai medesimi antagonisti. Il capo di questi, il Direttore della sezione anticomunista Park Cheo-won, è una maschera di rabbia e violenza, motivato da una vendetta personale. A guidare il corso delle azioni, anche nei momenti più disperati, è il fato, l'oscuro disegno che rende possibile, spesso avvalendosi di coincidenze, il compimento del destino di una nazione.
Come per A Taxi Driver, successo precedente di qualche mese, 1987: When the Day Comes è un'opera necessaria al di là dei suoi difetti: come dimostra la storia recente della Corea del Sud, i demoni dell'oppressione sono sempre in agguato, ma vigili e pronti a riprendere le redini del potere. Sul piano dello stile 1987: When the Day Comes sancisce l'apparente impossibilità, per questa tipologia di film, di conservare la necessaria sobrietà. Ogni evento principale dello script viene sottolineato da un'epicità e da un pathos eccessivi, secondo una tendenza comune a molto cinema mainstream sudcoreano.
Stupisce riscontrare queste caratteristiche nel lavoro di Jang, rivelatosi in passato con titoli inconsueti e anticonformisti come Save the Green Planet. Alcune caratterizzazioni in particolare risultano figlie di un eccesso di tratteggio. Il personaggio dello studente destinato al martirio esiste esclusivamente in funzione del suo (intuibile) scopo narrativo, così come il Direttore delle attività anticomuniste Park assomiglia al villain di un fumetto più che a una persona reale. La tendenza alla caricatura finisce per attenuare il realismo e quindi la drammaticità di quanto avvenuto, così come il fatto di ribadire i concetti più volte - la scena della scarpa smarrita, tratta da un evento reale, che ritorna più volte nella storia - aiuta lo spettatore meno smaliziato ma compromette la pazienza del cinefilo. Ma diviene tutto più comprensibile considerando l'importanza storica del film, peraltro premiato da lusinghieri esiti al botteghino.