Titolo originale | Jesus |
Anno | 2016 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Francia, Cile, Germania, Grecia, Colombia |
Durata | 86 minuti |
Regia di | Fernando Guzzoni |
Attori | Nicolás Durán, Alejandro Goic, Gastón Salgado, Sebastián Ayala, Esteban Gonzalez Esteban Gonzalez, Constanza Moreno, Pablo Gutiérrez, Carlos Espinoza (II), Diego Cardona, Gloria Granja, Nick Bolt, Nicolás Oliva. |
MYmonetro | 2,41 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento sabato 26 novembre 2016
Quando si accorge di aver fatto una sciocchezza, Jesus chiede aiuto alla persona con cui fino a quel momento ha avuto meno legami, suo padre. Il film è stato premiato a Torino Film Festival,
CONSIGLIATO NÌ
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Santiago del Cile. Jesus ha diciotto anni e vive solo con il padre, che si assenta spesso per lavoro. I due non comunicano più di tanto e il ragazzo mente spudoratamente al genitore, per avere più soldi da spendere con gli amici. Quando non fa le prove per esibirsi in discoteca con la boy band di pop koreano, Jesus e i suoi coetanei si sballano con tutto quello che trovano e fanno sesso dove e con chi capita. Una notte, in un parco, quella che inizia come una buona azione nei confronti di un ragazzino quasi privo di sensi, trascina il protagonista e i suoi sodali lungo un tragico crinale. A questo punto, a Jesus non resta che chiedere aiuto al padre.
L'opera seconda di Fernando Guzzoni è un film volutamente disturbante, non per l'integralità dell'approccio alle immagini, ma invece per la vacuità dell'universo che racconta. La contraddizione è voluta, ed è la prima di tante. Mentre il corpo del ragazzo non si lascia sfuggire una sola occasione di esibizione e di impiego, all'apparenza perfettamente maturo e in pieno controllo di sé, non c'è nulla che sembri turbare la routine della sua mente, nessun sussulto di volontà, nessuna domanda. La voce di Jesus, se c'è mai stata, si è persa, ha lasciato il posto alle parole delle canzonette seriali o ai dialoghi della televisione, che gli risparmia generosamente quelli con il padre. Di quella voce, di quello che potrebbe dire o pensare, lui non sembra avvertire la mancanza o percepire l'assenza. Sono i kids alla Larry Clark, belli e spaventosi, ripresi in maniera documentaristica, così da vicino, così senza filtri, che non è possibile per lo spettatore chiamarsi fuori, così come non gli è possibile non reagire, non agitarsi sulla poltrona. Quel che fa Guzzoni non è cosa nuova, ed è un approccio che, a suo modo, rischia il moralismo, pur lavorando al contrario, e cioè sulla crudezza del profilmico. Perché è la reazione che cerca, e il giudizio che induce.
Più interessante è invece il modo in cui l'autore sposta il punto di vista tra padre e figlio, dapprima nelle brevi scene in cui sono compresenti e poi con un sollevamento totale del carico del figlio a favore della figura del padre. Incapace di assumersi alcuna responsabilità, impaurito come una bestiola, Jesus delega la propria salvezza al genitore e Alejandro Goic (attore caro a Larrain) passa al centro dell'inquadratura. Ma ognuno ha il suo modo di intendere le cose.
Jesus , allora, è anche e soprattutto un film che chiama il suo finale dal primo momento. Viene da pensare che sia stato scritto in vista di quell'epilogo, che dà senso a tutto ciò che viene prima; che sia stato ideato a partire da esso. In questo, però, starà la sua ragione, ma sta anche il suo limite maggiore.