Titolo internazionale | I Was a Dreamer |
Anno | 2016 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Italia |
Durata | 97 minuti |
Regia di | Michele Vannucci |
Attori | Mirko Frezza, Alessandro Borghi, Vittorio Viviani, Milena Mancini, Ivana Lotito Ginevra De Carolis (II), Crystel Frezza, Franco Boccuccia. |
Uscita | giovedì 24 novembre 2016 |
Distribuzione | Kino Produzioni |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 2,74 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 7 novembre 2017
La storia di un sogno fragile e irrazionale, capace di regalare un futuro a chi non credeva di meritarsi neanche un presente. Il film ha ottenuto 1 candidatura ai Nastri d'Argento, 1 candidatura a David di Donatello,
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CONSIGLIATO SÌ
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Mirko è appena uscito di prigione. Alla soglia dei quarant'anni vuole ricominciare da capo, recuperando il rapporto con la compagna Vittoria e le figlie Michelle e Crystel, ma non è facile: se Vittoria e Crystel lo accolgono con fiducia, Michelle lo guarda con diffidenza e ostilità. L'occasione per rifarsi una vita sembra arrivare da un'improbabile candidatura: Mirko, a suo modo popolare nella borgata degradata in cui vive, viene eletto presidente del comitato di quartiere, e si appresta a cambiare le circostanze non solo sue ma di tutti coloro che lo circondano. Ad affiancarlo è l'amico di sempre, Boccione, prodotto dell'incuria e dell'incultura del suo ambiente ma dotato di buon cuore e buone intenzioni. Per entrambi il rischio del fallimento è dietro l'angolo, come è vicino il pericolo di una ricaduta nel vecchio giro di malaffare. Riuscirà Mirko a trovare la sua strada e a costruirsi una nuova identità?
La figura cristica di Mirko (che ha sempre "pensato di morire a 33 anni") porta la croce del suo passato con la paura di non riuscire di chi "ce sta a provà" ma teme la disillusione, e il quartiere segue la sua parabola: una periferia che Vannucci racconta attraverso inquadrature sovraffollate, dove la nostra vista da spettatori è quasi sempre bloccata da ingombri fisici così come è ostruita (e spesso oscurata) la visione del futuro dei personaggi che racconta, cui manca lo spazio vitale, prima ancora che l'apertura mentale, per immaginarsi un destino migliore.
Il più grande sogno è il film di esordio di Michele Vannucci - classe 1987, diplomato al Centro sperimentale di cinematografia - e mescola in egual misura coraggio narrativo, talento registico e vezzi da scuola di cinema, scontando l'eredità visiva di alcuni suoi giovani predecessori, da Claudio Noce a Claudio Giovannesi a Matteo Botrugno e Daniele Coluccini.
La storia è quella vera di Mirko Frezza che nel film interpreta se stesso (come la figlia Crystel): l'idea di trasformare la realtà in fiction semidocumentaria è buona, e assai carismatica l'interpretazione di Frezza, così come valide sono quelle dei suoi comprimari, con un elogio particolare ad Alessandro Borghi, che dà a Boccione sfumature di bonaria ottusità non esplicitate dalla sceneggiatura, e a Vittorio Viviani, assai credibile come padre alcolizzato del protagonista. Quando un cast misto di professionisti e attori dilettanti funziona in modo così fluido e coerente significa che il regista sa il fatto suo, cosa del resto evidente nella padronanza con cui gira alcune scene (una per tutte: la festa del quartiere). Anche la scelta di rimanere in equilibrio fra melodramma e commedia è coraggiosa e fa intuire un futuro promettente per Vannucci.
Ciò non toglie che il suo stile sia, come già accennato, molto già visto in quel filone di documentazione estetizzante del degrado urbano che rischia di diventare un cliché del nuovo cinema italiano, come la cinepresa col fiato sul collo dei personaggi. Lo stesso Borghi, attore versatile e di razza, rischia lo stereotipo dopo ripetute interpretazioni del coatto romano, pur nella sottigliezza delle varianti.
Ma il seme del cambiamento, come insegna Il più grande sogno, mette radici tenaci. Ci auguriamo che quello stesso seme germogli nei prossimi film di Vannucci liberandolo di ridondanze, sottolineature e manierismi per far spuntare la sua voce più originale.
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Roma, quartiere La Rustica. Mirko (Mirko Frezza) è appena uscito dal carcere quando torna nel suo quartiere periferico per riallacciare il legame con le figlie che crescono in fretta, ma la moglie fa muro; col fido amico Alessandro (Alessandro Borghi) cerca di orientarsi navigando a vista nel buio pesto de La Rustica, assediata da tralicci dell’alta tensione, tra abitazioni anonime [...] Vai alla recensione »
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