Anno | 2010 |
Genere | Documentario |
Produzione | Italia |
Durata | 52 minuti |
Regia di | Steve Della Casa, Giancarlo Rolandi |
Attori | Sandra Milo, Giuliano Montaldo . |
MYmonetro | 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 3 settembre 2010
Un documentario-omaggio a Ennio Flaiano, o - come egli si auto-definiva - allo "scrittore minore satirico dell'Italia del benessere" Il film ha ottenuto 1 candidatura ai Nastri d'Argento,
CONSIGLIATO SÌ
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Ennio Flaiano, pescarese fuggito a Roma, critico di teatro, di cinema, fine giornalista, eccelso scrittore, firma di una sessantina tra i migliori film del cinema italiano, tra cui i capolavori di Federico Fellini. Uomo malinconico e orgoglioso, turbato nel privato dalla tragedia dell'unica figlia, Lelé, menomata da un'encefalite a 4 mesi. Uomo pigro per sua stessa ammissione, nel lavoro, ma capace di dare un'importanza inesauribile al tempo passato con le persone e con gli amici. Interprete senza eguali dei costumi degli italiani, specchio delle loro bugie comportamentali, profeta della loro marcia verso la nuova religione della televisione.
Il documentario di Giancarlo Rolandi e Steve Della Casa lo riporta a giusta memoria, allo scadere dell'anno del centenario della nascita. Nel titolo del mediometraggio c'è un aforisma, "Il meglio è passato", piccola spia di un talento per la forma breve, per il ritratto in estrema sintesi della condizione umana, di cui è stato forse l'ultimo grande performer.
Partendo da un piccolo grande mistero, vale a dire la brusca rottura dei rapporti tra Flaiano e Fellini dopo vent'anni di amicizia e collaborazione, l'inchiesta dei due autori interpella Sandra Milo, protagonista di "8 e ½" e della banda che nel marzo del '64 prendeva l'aereo per Hollywood e l'Oscar; Giuliano Montaldo, che dal libro premio Strega di Flaiano, "Tempo di uccidere", trasse un film che non si perdona; Enrico Vaime, compagno di scrittura; e Pupi Avati, che dopo quel film decise la sua carriera per sempre. Flaiano non superò l'umiliazione di essere stato messo su quel volo in "turistica", né la processione dei compagni che cambiarono classe per andarlo a salutare. Non ce la fece più, sbarcato a New York per uno scalo, tornò a Roma e cessò i contatti.
Dei suoi capolavori il documentario non può permettersi di mostrare che mezzo costosissimo minuto e qualche stralcio di audio: supplisce dunque con l'intervento creativo di Elio Germano. È una cornice opinabile, forse non necessaria, che comunque trova un paio di belle soluzioni visive ed è ottima nel commento: Germano interpreta, non si limita a leggere, ma lo fa molto bene.
A brillare, però, non è né la struttura, lineare, né i contributi degli intervistati di oggi. Sono invece le parole che escono dalle teche della RAI e riportano in vita per qualche secondo la moglie, Rosetta, e il miglior nemico, Federico. Parlano all'indomani della morte di Flaiano, sono le persone che lo hanno conosciuto più intimamente e dicono poco, ma è un poco che (s)muove. Il resto se lo sono portati via con loro, schivi, prima che la tv raggiungesse le vette di curiosità che ha ora. Nessun documentarista troverà mai quel materiale che non c'è. È una bella beffa. A Flaiano sarebbe piaciuta.
Salve, suggerisco sommessamente di ri-progammare la messa in onda del documentario su Flaiano in fascia oraria più accessibile a chi lavora... studia... fa, insomma, una vita "normale", grazie per l'attenzione.
come si intitola la musica che chiude il documentario? grazie