Un'estate fa

Elio Santamaria è un avvocato con una bella moglie, una figlia affettuosa e una vita soddisfacente. Ma quando la polizia recupera dalle acque un'automobile con dentro il cadavere di una ragazza, Elio compie un salto indietro nel passato: il corpo ritrovato è quello di Arianna, scomparsa quando sia lei che Elio erano adolescenti. Ed è un ritorno immediato all'estate del 1990 e al campeggio in cui Elio e Arianna, ma anche i loro amici Carlo, Costanza, Adriano e Lauretta stavano trascorrendo le loro spensierate vacanze. Solo che per Elio il ritorno non è solo quello della memoria, poiché a causa di un'amnesia aveva rimosso del tutto quel periodo. Ora, guardando una foto di Arianna, viene letteralmente catapultato nel passato: non si limita a ricordare, è proprio lì, con la consapevolezza di quello che poi sarebbe successo nel futuro, ma con il corpo di un ragazzo e, forse, la possibilità di cambiare il destino della ragazza di cui era follemente innamorato.

A fare tanti salti avanti e indietro fra presente e passato, oltre ad Elio, siamo noi spettatori, e la sfida più grande della serie Un'estate fa è proprio quella di rendere credibile una premessa narrativa che richiede una notevole sospensione dell'incredulità.

Davide Marengo e Marta Savina, lui regista delle due prime e ultime puntate, lei regista di quelle centrali, ci riescono anche grazie ad una sceneggiatura costruita in modo intelligente (sebbene con grandi implausibilità, una per tutte la trasformazione mai spiegata di Carlo da femminaro frustrato a prete sui generis) dall'head writer Valerio Cillio insieme a Federico Favot, Michele Alberico e Massimo Bacchini, gli ultimi due anche ideatori del soggetto, e al montaggio sapiente di Francesco Di Stefano e Jan De Grassi.

Ma è soprattutto la regia immaginifica di Marengo e Savina a fare la differenza, prendendosi anche notevoli libertà creative (come le bellissime scene iniziali del quinto episodio) che pescano nel realismo magico, nella dimensione onirica e in quella allucinatoria. Un'estate fa combina in modo coraggioso la detection con il mood vintage, facendo leva sulla nostalgia di chiunque ricordi quei primi anni Novanta a base di Calippo e biliardino, di campeggi ruspanti e falò sulla spiaggia, di mondiali visti tutti insieme e telefoni a gettone, insomma in quelle estati che sembrava non dovessero finire mai e che invece sono sparite, come gran parte dell'oggettistica che le contraddistingueva. Quello che Un'estate fa ci ricorda è soprattutto un modo di divertirsi che prescindeva completamente dalle tecnologie e da Internet, e contava sulla prossimità dei corpi e sulla frequenza delle occasioni di contatto fisico e sentimentale.

L'eccezionale lavoro di ricostruzione del 1990, che crea davvero l'effetto vertiginoso di tuffo nel passato, si deve alle scenografie e il set design di Marcello Di Carlo e Sabina Cellitti, ai costumi di Francesca Sartori e alla fotografia di Davide Manca: lui e i registi utilizzano lenti anamorfiche vintage e telecamere analogiche che ottengono immediatamente quell'effetto nostalgia, ulteriormente rafforzato da una scelta di brani anni Novanta curata da Valerio Errico e Marco De Angelis, che abbina a-Ha e Depeche Mode, Kim Carnes e i Tears for Fears, Nada e la Nannini, i Frankie Goes To Hollywood e Califano (reinterpretato da Francesca Michielin). La colonna sonora originale, che riesce a mescolare suspence e rimpianto, nonché a sottendere di minaccia e senno di poi anche i più spensierati fra i brani già citati, è del pirotecnico Michele Braga.

Semmai il problema della serie è che dei due piani narrativi, quello contemporaneo e quello retrò, funziona molto meglio il secondo, e non solo per tutto quanto appena illustrato, ma per la credibilità del lavoro attoriale fra un gruppo di giovani interpreti che, certamente anche grazie al coaching dei registi, restituisce il senso di un'amicizia reale fra ragazzi di quell'epoca: da Filippo Scotti, qui anche più intenso che in È stata la mano di Dio, alla carismatica e misteriosa Antonia Fotaras, da Tobia De Angelis a Martina Gatti, da Luca Maria Vannuccini (che saggiamente è un alter ego apparentemente scanzonato di Scotti, anche nel fisico) a Sofia Iacuitto, cui si aggiunge l'ottimo Francesco Foti nei panni del padre di Elio. Fra gli attori del piano narrativo contemporaneo eccelle Alessio Praticò nel ruolo di Gori, mentre curiosamente il solitamente infallibile Paolo Pierobon "carica" in modo eccessivo il suo ispettore Zancan, non aiutato da una scrittura che concentra su di lui tutti i cliché della detection.

Un'estate fa riesce comunque ad attingere al cinema, soprattutto di oltreoceano, e adattarlo efficacemente ad una realtà italiana quasi scomparsa, sollevando temi per nulla scontati che riguardano l'andamento binario delle nostre vite, le ossessioni che ognuno porta con sé e il rimpianto per le strade non prese e le possibilità non concretizzate. E ci ricorda un'adolescenza meno spaventata e con molto più tempo a disposizione, immersa in una dimensione fisica e tattile che molti ragazzi avrebbero poi dimenticato. 