Figlio di un uomo politico vicino al partito democratico, cresciuto tra New York e Washington, Whit Stillman ha abbandonato il liceo al secondo anno per andare a vivere presso dei paRenti in Messico. Da questo viaggio è nata una breve carriera giornalistica, seguita dal diploma a Harvard, da un periodo come tuttofare presso Doubleday, da una ripresa del lavoro presso giornali come “Harper’s” e “The Wall Street Journal”.
Ma dopo il matrimonio con una ragazza di Barcellona, Stillman si ritrova negli Stati Uniti a fare l’agente e l’addetto alla promozione di molti registi spagnoli, per alcuni dei quali (ad esempio Fernando Trueba) ha anche lavorato come attore, sempre nel ruolo dell’americano. Con lo spagnolo Fernando Colomo ha collaborato per Skyline, poi ha rilevato una piccola agenzia di disegnatori di cartoni animati e illustratori. Il suo primo film, Metropolitan, presentato nel 1990 a Cannes, è stato subito un successo. Premiato dal New York Film Critics Circle come miglior opera prima, ha vinto un Pardo d’argento a Locarno e ha ottenuto una candidatura all’Oscar (ma è stato battuto da Ghost). Metropolitan è una commedia divertente e amarognola sulle aspirazioni e lo stile di vita dei giovani bene di New York, tra cui si infila un ragazzo della piccolissima borghesia che ricorda, rimpicciolite, le ambizioni del giovane Fitzgerald: StilInian sperimenta con risultati piacevoli e intelligenti la strada di un woodyallenismo giovanile e malinconico e lancia la sigla U.H.B. (Urban Haute Bourgeoisie).
Il suo secondo film, Barcelona, racconta le avventure di due cugini americani nella Spagna del dopo-Franco e conferma le qualità di divertimento e di finezza di un regista molto abile in “Conversation pieces” - ovverossia in quei film tutti dialogo che per fortuna costano poco e permettono a gente come Stillman di lavorare.
Da Irene Bignardi, Il declino dell’impero americano, Feltrinelli, Milano, 1996