Advertisement
Venezia, a Jarmusch il Leone d’Oro, a Hind Rajab l’applauso del mondo

il grido di Hind Rajab commuove Venezia ma il Gran Premio della Giuria sa di occasione persa.
di Giovanni Bogani

domenica 7 settembre 2025 - Mostra di Venezia

È il Leone d’oro di Jim Jarmusch, è un Leone d’oro un po’ pallido. È il Leone che premia il suo cinema indie, minimal, fatto di piccoli gesti, sospensioni, imbarazzi, silenzi. Un cinema sospeso, in bilico fra le cose che è quasi impossibile filmare. Un premio ben educato, che celebra un regista che era giovane e rivoluzionario negli anni ’80, ai tempi di Stranger than Paradise, ma che ora appare rassicurante, con il suo sottile esercizio di stile che non crea nessuno scandalo.

    C’era, invece, eccome, l’occasione di trasformare quel palmarès in un grido. Perché la Mostra è stata, quest’anno, la Mostra della voce di Hind Rajab, la bambina che grida aiuto in un’auto crivellata dai proiettili a Gaza, che implora di essere salvata, con l’ambulanza distante solo 8 minuti di strada, e 8 ore di trattative per trovare un corridoio sicuro, in mezzo alla carneficina. E quello che è più terribile, è che non si tratta di finzione, che quella voce è vera. La voce di Hind Rajab è la voce di tutti quelli che non hanno voce, tutte le migliaia di persone intrappolate a Gaza come dentro un’auto crivellata di colpi, con un carro armato davanti, che ti punta contro la sua potenza, la sua capacità di annientarti.

C’era l’occasione di dire, chiaro e forte, che la Mostra guarda al mondo intorno, che apre gli occhi di tutti sulle tragedie in corso, che stanno macchiando la nostra stessa idea di umanità. C’era l’occasione, con un Leone d’oro a The Voice of Hind Rajab di Kaouter Ben Hania, la regista tunisina che ha costruito, attorno ai file audio veri della voce della bambina palestinese, un reenacting che forse non è grande cinema, ma certamente è cinema urgente, vibrante, grido forte per il pubblico di tutto il mondo. The Voice of Hind Rajab ha vinto quello che si potrebbe definire il secondo premio, il Gran premio della giuria. È vero, la regista se lo porta a casa fra gli applausi, la commozione, tutti in piedi. Ma sembra, comunque, una decisione pavida: quel film doveva o vincere, o niente. Se si pensava che non fosse abbastanza cinematografico, che stilisticamente fosse un film fragile, didascalico, messo in scena in maniera fin troppo facile, allora non doveva vincere niente. Ma se si pensa che sia un film necessario, allora doveva vincere il Leone d’oro. Questa appare una decisione evasiva. Non è colpa di Jarmusch, che ha fatto un film dignitoso, nobile, persino elegante, ma non memorabile.


 Memorabile è, nella sua imperfezione, il film di Kaouter Ben Hania. Se cerchiamo il grande cinema, i movimenti della macchina da presa, il montaggio serrato, l’immagine che si fa vertigine, non è quello il caso. Si potevano premiare il furore, il dinamismo, l’uso della macchina a mano di A House of Dynamite di Kathryn Bigelow; o il bianco e nero glamourizzato di François Ozon e della sua versione distaccata, fredda, bressoniana – o antonioniana – dell’ Etranger di Camus. Si poteva premiare l’affresco imponente, la fluidità di racconto sulla Russia post caduta del Muro del Mago del Cremlino di Olivier Assayas. Invece, niente di tutto questo.
Si è scelto di premiare un film rassicurante, di qualcuno che era trasgressivo quarant’anni fa. Di non dare piena visibilità ad un film che avrebbe tratto molto giovamento da un Leone d’oro. E molto, sul piano del prestigio, ne avrebbe tratto la Mostra.


GLI ALTRI PREMI

  Convince il premio alla sceneggiatura per A pied d’oeuvre di Valérie Donzelli, film che – con sapienza registica, capacità di rendere viva e vera una scena anche in pochissime inquadrature, di farci sentire vive e vere le persone che la abitano – ci mostra la realtà del lavoro più umiliante, dello sfruttamento più violento del lavoro umano. E non in qualche fabbrica di palloni con i bambini operai in Pakistan, ma nella civile e borghese Francia. E a vivere con il minimo del minimo non è uno sbandato balordo delle banlieues, ma un colto ed educato quarantenne che vuole fare lo scrittore. Quanto si è disposti a umiliarci, pur di lavorare? E pur di coltivare il nostro sogno?

 
L'ITALIA PROTAGONISTA

  Molto premiata l’Italia, con la coppa Volpi a Toni Servillo, suggello a una carriera monumentale. Premiato per la sua interpretazione ne La Grazia di Paolo Sorrentino, Servillo è una sorta di icona, nel cinema italiano. La coppa Volpi arriva al culmine di una carriera che lo ha già visto vincere quattro David di Donatello, altrettanti Nastri d’argento, e giocare un ruolo centrale come protagonista del film che è valso all’Italia l’ultimo Oscar per il miglior film internazionale, La grande bellezza di Paolo Sorrentino.


  Ne La Grazia, Servillo è un presidente della Repubblica solitario, immalinconito, amareggiato, invelenito dalle riflessioni sul passato. Come sempre, Servillo non lavora sul realismo, sulle espressioni più immediate, ma cesella una maschera, come se trasformasse il volto e il corpo in una figura da teatro giapponese. E in questo lavoro sulla stilizzazione, sulla misura, appoggia sul proprio volto sobrietà, autorevolezza, ironia. È forse l’attore meno realistico, fra quelli che lavorano in Italia, e colui la cui interpretazione sembra più inappellabile, più inattaccabile. Dà un senso di maestosa, inattaccabile potenza. E così, Servillo ha battuto concorrenti come il George Clooney, Dio della disinvoltura e dell’insensatezza del vivere in Jay Kelly di Noah Baumbach, o il Paul Dano sottovoce, felpato e sornione del Mago del Cremlino di Olivier Assayas. Servillo esprime solidarietà alla “flottiglia” partita da Genova verso la striscia di Gaza, “dove la dignità umana è vilipesa”. Sono pochi quelli che, sul palco, con un premio in mano, tacciono sulla tragedia palestinese. Sono più quelli che scelgono di parlarne, di portare un segno, di vestirsi con i colori della bandiera palestinese, come la regista indiana Anuparna Roy, premio Orizzonti per la miglior regia per Songs of Forgotten Trees.


  Premiato anche Gianfranco Rosi, con il suo documentario su Napoli Sotto le nuvole costato tre anni di lavoro, di minuzioso “ascolto” dei protagonisti invisibili della vita di quella città. Premiati anche, nella sezione Orizzonti, Benedetta Porcaroli protagonista de Il rapimento di Arabella di Carolina Cavalli e l’esordiente Giacomo Covi, che fino a un anno fa faceva il barista a Trieste, protagonista di Un anno di scuola di Laura Samani.


  Diciamo che il cinema italiano non è stato certo trascurato. Dei cinque film italiani in concorso, due hanno ricevuto premi. E per il resto, si segnalano, per ragioni opposte, le due interpretazioni di Valeria Bruni Tedeschi in Duse di Pietro Marcello e di Barbara Ronchi in Elisa di Leonardo di Costanzo. La Bruni Tedeschi è una Duse capace di passare in un nanosecondo dal grido al sussurro, dall’insinuazione al comando, dal pianto all’ira, in una fantasmagoria di scatti vitali. Barbara Ronchi in Elisa ci fa scavare fino al fondo di un’anima opaca, fino nelle viscere di una colpa occultata con cura, in un percorso quasi psicoanalitico, a cui lei presta un volto impenetrabile eppure ossessivo, gli occhi sbarrati, spalancati sul niente. Non sarebbe stato uno scandalo, se una delle due avesse vinto la coppa Volpi.


Insomma: che Mostra è stata? Una Mostra che non ha avuto paura di farsi sentire, capace di gridare al mondo da che parte sta e di amplificare con forza le voci più urgenti del presente. Se nell’ultima decisione, la più simbolica, ha scelto un film più lieve, questo non toglie valore al percorso complessivo, che resterà impresso come un’edizione coraggiosa, intensa e capace di guardare negli occhi la complessità del nostro tempo.


Tutti i film da € 1 al mese

{{PaginaCaricata()}}

Home | Cinema | Database | Film | Calendario Uscite | MYMOVIESLIVE | Dvd | Tv | Box Office | Prossimamente | Trailer | Colonne sonore | MYmovies Club
Copyright© 2000 - 2025 MYmovies.it® - Mo-Net s.r.l. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale. P.IVA: 05056400483
Licenza Siae n. 2792/I/2742 - Credits | Contatti | Normativa sulla privacy | Termini e condizioni d'uso | Riserva TDM | Dichiarazione accessibilità | Accedi | Registrati