Era l’adolescente ribelle Micki in Curon, la serie thriller fantastica di Netflix, e in questi giorni è in sala con Ero in guerra ma non lo sapevo di Fabio Resinaro, nella parte della figlia del gioielliere Pierluigi Torregiani, deceduto nel 1979 in un agguato.  Nata in Germania ma residente in Italia da quando ha nove anni - oggi si divide tra Pescara, Roma e Forlì - la 25enne Juju di Domenico (il nome Juju, spiega, è una distorsione di “you you”, il nomignolo con cui si chiamano tra loro i suoi genitori) è una delle attrici in ascesa della sua generazione, attesa a febbraio sul set di una serie internazionale di cui ancora, dice, non può parlare. 

Qual è il film che ti ha fatto decidere di fare l’attrice?
Billy Elliott di Stephen Daldry. Lo vidi da piccola, una sera. Di nascosto, perché ero in Germania e i bambini là vanno a letto presto. Vidi che recitava un bambino della mia età e pensai: allora si può fare anche da piccoli?

Il primo applauso ricevuto?
A 5 anni. quando insieme a un’amica e a mio fratello, più piccolo di me, costringevo i parenti a guardare i nostri spettacolini con la pianola. Il primo spettacolo semiserio però l’ho fatto con la scuola di teatro a Pescara. Si chiamava I briganti. Ricordo che l’insegnante mi disse “brava”. E che stare davanti al pubblico, già allora, mi dava un’incredibile carica.

La cosa più strana che hai fatto recitando?
Più che strana imbarazzante. Durante le prove di Curon dovevo cercare di creare un legame con l’attore che interpretava mio fratello. La coach ci fece abbracciare e ballare, ma farlo con uno sconosciuto è veramente strano. Alla fine però è servito. Abbiamo creato un legame “vero”. 

La battuta che vorresti pronunciare in un film?
Qualsiasi battuta di Sean Penn in The Game - Nessuna regola di David Fincher. Un thriller psicologico bellissimo.

E nella vita?
Vorrei dire grazie, seriamente, ai miei genitori. Dedicargli un momento e trovare le parole per ringraziarli di avermi supportato e sopportato, accompagnandomi ai provini, affrontando lunghi viaggi in macchina e credendoci sempre, anche quando ero io a perdere le speranze.

Hai mai vissuto una “scena da film” nella vita?
In montagna con la famiglia. Avevamo deciso di noleggiare le bici dell’hotel per fare una passeggiata, peccato che nessuno mi avesse avvertita che i freni non funzionavano, come in Germania, azionando i pedali. L’hotel si trovava in cima a una discesa: ho subito preso velocità, e non sapendo cosa fare ho cominciato a urlare. È finita che mio padre si è messo di traverso e mi ha bloccata col suo corpo.

Come tieni il copione? Sacra Bibbia o lo “pasticci”?
Ne ho sempre due: uno che impagino e conservo, uno che porto sul set e distruggo.

Cosa fai nelle pause tra un ciak e l’altro?
Studio per l’università, mi sto specializzando in traduzione. È un ottimo sistema per passare il tempo, mi tiene impegnata e allevia l’ansia. Parlo tedesco e italiano da madrelingua, l’inglese, il francese e lo spagnolo. All’università ho imparato il portoghese e conosco le basi della lingua dei segni.

Se un attore ti interpretasse in un film, chi sarebbe?
Grace Kelly. Qualcuno ha detto che la ricordo. Magari.

Animale totemico: ne hai uno?
Mi appello allo zodiaco e dico il mio segno, lo scorpione. Non sono cattiva, ma se minacciano i miei affetti colpisco con il pungiglione.

Tre motivi per convincermi a darti il ruolo?
So ascoltare le indicazioni, riesco a lavorare su me stessa. Rendo tridimensionali i personaggi.

E se non va: il piano B ce l’hai?
Farei volentieri traduzione audiovisiva, un compromesso che mette insieme i miei due mondi preferiti.