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RIFF, il cinema indipendente dei giovani artisti torna in streaming su MYmovies

Un evento ormai ventennale che promuove un cinema libero da imposizioni. Un programma vastissimo che per la prima volta offre una panoramica sulla produzione LGBT+ internazionale. Dal 18 novembre online.
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di Roberto Manassero

martedì 16 novembre 2021 - mymovieslive

Il nome, RIFF Film Festival, cioè Rome Indipendent Film Festivalm, fa pensare agli eroi minori del cinema di Loach, ai «riff-raff» di uno dei suoi film più famosi, cioè la gentaglia, la gente da poco. E in effetti, promuovendo il cinema di giovani registi e registe, di scuole di cinema, di figure non ancora formate e per questo libere – da imposizioni di sguardo, di racconto, di messinscena – da sempre il RIFF è dedicato alla presunta gentaglia del nostro mondo, agli esclusi, ai diseredati, a quelli percepiti come diversi o minori. 

Quest’anno la ventesima edizione del festival, che si terrà dal 18 al 26 novembre e metterà a disposizione il suo programma anche in streaming sulla piattaforma di MYmovies, prevede le solite sezioni di lungometraggi, corti, documentari e film d’animazione, ma anche, per la prima volta, una panoramica sulla produzione LGBT+ internazionale. 

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Fanno parte di questo gruppo, ad esempio, il turbolento dramma familiare spagnolo Mia & Moi di Borja de la Vega, presentato in concorso o l'italiano The Grand Bolero di Gabriele Fabbro. Tra i documentari, che rappresentano la sezione più corposa e interessante del festival, si segnala invece Everything at Once (Paco & Manolo’s Gaze) di Alberto Fuguet, ritratto di una coppia di fotografi spagnoli, Paco & Manolo, da anni compagni di vita e lavoro, e Miguel’s War di Eliane Raheb, vincitore del Teddy Awards all’ultima Berlinale, intensa riflessione esistenziale di un uomo che ripensa alla propria vita. 

Una diseredata che fa di tutto per combattere contro la propria situazione è anche Danny, la protagonista di un altro film in concorso, l’americano I’m Fine (Thanks For Asking)! di Kelley Kali Chatman & Angelique Molina: vedova e parrucchiera senza casa, per proteggere la figlia dalla verità Danny costruisce una tenda convince la sua bambina di trovarsi in una meravigliosa avventura… E che dire, allora, delle moderne forme di schiavitù raccontate nei documentari in concorso Sue di Elisabetta Larosa, incontro con tre donne uscite da un incubo di coercizione che hanno osato sperare in una vita diversa, e In My Skin dei brasiliani Toni Venturi e Val Gomes, che indaga l’esistenza di una donna delle pulizie trattata come una serva e di un medico scambiato per un ladro?

Oltre i confini di mondi trasformati in prigioni e di situazioni da cui fuggire l’immaginazione, nei documentari presentati in concorso dal RIFF ci sono anche luoghi carichi di speranza: il teatro, ad esempio, che per i detenuti di Fort Apache di Ilaria Galanti e Simone Spampinato diventa luogo di scambio, conoscenza, anche riscatto; o il circo, e in generale l’arte dei clown di Clown’s Planet dello spagnolo Hector Carré, che filma la vita nei campi profughi in Palestina e negli orfanotrofi in Russia allietata da figure buffe e a loro modo aliene, “altre”.

Anche la terra, poi – la terra da ritrovare e coltivare – diventa simbolo di rinascita, come in Donne di terra di Elisa Flaminia Inno, storia di un gruppo di contadine campane di nuova generazione, o nel corto Penumbra di Alberto Mangiapane, reazione di una famiglia di contadina a un evento tragico, o ancora, in maniera metaforica, in A family di Christian Carmosino Mereu, che segue alcune ragazze del Burkina Faso iscritte all’università e le trasforma nell’immagine perfetta di un mondo di domani da far germogliare. 

Oltre la Storia passata raccontata in Rua do Prior 41 di Lorenzo d'Amico De Carvalho, documentario che riporta nella Lisbona del 1974 e alla storia di un militante di Lotta continua che si unisce alla Rivoluzione dei garofani; in From My House in da House di Giovanni La Gorga e Alessio Borgonuovo, carrellata negli ultimi trent’anni del centro di Roma; e in A Declaration of Love di Marco Speroni, storia privata e dolorosa di un uomo innocente tornato libero dopo 22 anni di vita nel braccio della morte, c’è il futuro delle nuove generazioni: Zero Gravity dell’americano Thomas Verrette parla di educazione, di scienza, di meraviglia della realtà; il cortometraggio D’incanto di Daniele Filippo Rossi costruisce un universo di scoperte e di rinascite, così come i film della sezione d’animazione (Ad ogni alba di Simone Massi, Elena di Biruté Sodeikaité, dalla Lituania, Flumina di Antonello Matarazzo, Le monde en soi di Sandrine Stoïanov e Jean-Charles Finck, dalla Francia, Mijo tiene un dinosaurio di Alfredo Salomón, dal Messico, e Stone Heart di Humberto Rodrigues, dal Brasile), portano in dimensioni sognanti e imprevedibili, non per forza accoglienti, ma alternative alla realtà di distruzione, guerra e devastazione da cui spesso prendono le mosse.


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