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Addio a Bébel, mostro sacro del cinema francese

Icona del cinema francese e simbolo della nouvelle vague, da sempre apprezzato come attore per il suo stile beffardo e vivace e per il suo maturo charme, Jean-Paul Belmondo fu lo scanzonato duro dal cuore d'oro dei film d'avventura, ma anche il divo dei palcoscenici d'Oltralpe, dimostando che Bébel non era fatto solo per stare davanti alla cinepresa.
di Fabio Secchi Frau

martedì 7 settembre 2021 - Focus

Icona del cinema francese e simbolo della nouvelle vague, da sempre apprezzato come attore per il suo stile beffardo e vivace e per il suo maturo charme, Jean-Paul Belmondo fu lo scanzonato duro dal cuore d'oro dei film d'avventura, ma anche il divo dei palcoscenici d'Oltralpe, dimostando che Bébel non era fatto solo per stare davanti alla cinepresa.

Esordì cinematograficamente nel 1956 con il cortometraggio Molière di Norbert Tildian, poi si divise tra cinema francese e italiano, tra il set di A doppia mandata (1959) di Claude Chabrol e quello de La ciociara (1960) di Vittorio De Sica, trovando la sua consacrazione di pubblico e critica attraverso un unico titolo: Fino all'ultimo respiro (1960) di Jean-Luc Godard (che lo aveva precedentemente diretto nel corto Charlotte et son Jules). Dopo l'uscita del film, François Truffaut scrisse di lui: "L'Atalante (guarda la video recensione) termina con una scena in cui Jean Dasté e Dita Pardo si abbracciano su un letto. Quella notte devono senz'altro aver fatto un bambino. Questo bambino è il Belmondo di Fino all'ultimo respiro".

Fu proprio Godard a esplorare il potenziale ironico-intellettuale di Belmondo, anche mettendolo in contatto con altri cineasti francesi, che seppero arricchirlo artisticamente con personaggi in bilico tra il cinico Humphrey Bogart e il maledetto Marlon Brando, come l'inquieto Eric Stark, creato da Claude Sautet, messo accanto a Lino Ventura nello spietato noir Asfalto che scotta (1960).

Di enorme intensità drammatica anche Lèon Morin, prete (1961) e Lo spione (1962), entrambi di Jean-Pierre Melville. Meno spettacolari, ma comunque ottime, anche le prove d'attore in Mare matto (1963) di Renato Castellani con Gina Lollobrigida ed Odoardo Spadaro e in Lo sciacallo con Stefania Sandrelli.
 

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