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The Kissing Booth 2, il vuoto identitario dei personaggi

Il film Netflix propone una protagonista ancora troppo attaccata agli stereotipi di genere.
di Leonardo Magnante, Vincitore del Premio Scrivere di Cinema

mercoledì 29 luglio 2020 - Scrivere di Cinema

Addominali scolpiti, civettuole popolari, ragazze incapaci di competere con ragazzi perché sottomesse passivamente al potere coercitivo del loro fisico scultoreo sono gli ingredienti del secondo capitolo di The Kissing Booth, un film che, più del suo predecessore, rivela quel vuoto che struttura e determina i rapporti tra i personaggi, nascosto sotto la patina edulcorata di una classica commedia adolescenziale; il vuoto non diventa strutturalmente correlato agli intenti narrativi ed estetici del film, ma configura protagonisti stereotipati, incapaci di stringere relazioni funzionali, portatori di cliché patriarcali, nascosti sotto la patina illusoria del politically correct

Elle è il riflesso per eccellenza del vuoto che affligge i personaggi, incapace di stabilire legami affettivi e sentimentali che non ricadano nel simbiotico e nell’inquinante, in cui si è amici solo se si rispettano regole che razionalizzano il rapporto e controllano i desideri altrui, nonché il flusso quotidiano dell’esistenza; non è un caso che la protagonista sia incapace di vedere se stessa tra qualche anno, priva di ambizioni e desiderosa di scegliere il college a seconda della persona a cui potrà aggrapparsi e da cui dipendere simbioticamente (best friend o fidanzato), rivelandosi una maschera performativa, mirata solo a interpretare ruoli illusori, artificiosi e imbarazzanti, svelati durante i colloqui per essere ammessa. 
 

In questo secondo capitolo, ancora non si è in grado di comprendere Elle, di capire chi sia realmente e cosa desideri, in quanto guscio vuoto e marionetta in mani fallocentriche, incolpata non appena le sue necessità non collimano con quelle dei protagonisti maschili, ritrovandosi da sola nel momento in cui paga lo scotto delle proprie scelte, messe in discussione al fine di riconquistare le conferme dell’altro. 

Al di là della Elle amica e fidanzata, non emerge mai che cosa voglia in quanto donna, teenager messa di fronte alle scelte per il proprio futuro e per la propria realizzazione personale, interrogativi che il pubblico si aspetta di sciogliere nella tipica risoluzione da scrittura classica. 

Al contrario, il finale non fa altro che confermare il vuoto identitario dei suoi personaggi, in cui la preferenza del college da frequentare continua a strutturarsi come costante scelta tra due soggetti maschili, totalmente disinteressati ai desideri di Elle e finalizzati solo a soddisfare il proprio piacere (simbiotico per Lee, sessuale per Noah) e rivela quanto l’identità della protagonista non sia altro che la sommatoria delle qualità delle persone che maggiormente ama: ma chi è davvero Elle? Lungi dall’esplorare davvero lo scontro identitario dei giovani americani contemporanei, la vicenda continua a propugnare uno sguardo misogino e patriarcale, che illusoriamente si nasconde dietro il topos della donna che lotta per le proprie necessità ma che, in realtà, è limitata e controllata dai desideri maschili. 


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