Ogni tanto è utile prendere coscienza che il cinema può anche essere (e a buon diritto) narrazione pura senza altre pretese. Al cinema.
di Giancarlo Zappoli
Un'esplosione in una grotta nei pressi di un tranquillo villaggio del sud Italia. Un ispettore di polizia trova il corpo di un eremita arruffato, che una volta era a capo di una potente mafia locale. L'indagine porta rapidamente ad una giovane donna canadese che recentemente ha soggiornato nel villaggio per spargere le ceneri della sua defunta madre italiana. Quando viene interrogata, l'ispettore scopre che al suo arrivo gli abitanti del villaggio locale la accolsero come la figlia perduta da tempo di un padre leggendario: un contadino olandese testardo che una volta ha guidato la sua bicicletta dal Sud dell'Olanda per coltivare i tulipani nel caldo soffocante della Puglia.
Il tulipano dev'essere un tipo di fiore che, oltre a creare bolle finanziarie come accade nell'Olanda del 1637 (come ci è stato ricordato da Oliver Stone in Wall Street - Il denaro non dorme mai) cinematograficamente favorisce una buona dose di leggerezza a storie che raccontano la realtà con l'intento di trasfigurarla in forme romantico-fiabesche.