Domani si conclude il Festival del Corto dopo 8 giorni di grandi risultati. Tra tutti spiccano l'italiano Venerdì e Jay parmi les hommes.
di Mauro Gervasini
In via di conclusione il Festival Internazionale di Clermont-Ferrand, trentottesima edizione. Numeri pazzeschi: gli organizzatori stimano in 50mila le presenze sugli otto giorni di proiezione. Quasi la metà sono studenti delle scuole superiori. Lo specifico di Clermont, il cortometraggio, dimostra tutto il suo potenziale, forse altrove, in altri festival (e pensiamo in special modo a quelli italiani), sottovalutato. Non abbiamo ancora il palmarès ma della sezione internazionale speriamo possa ricevere il giusto riconoscimento Seide di Elnura Osmonalieva, dal Kirghizistan, già in anteprima mondiale alla Mostra del Cinema di Venezia 2015, storia di emancipazione femminile nella steppa, tra matrimoni combinati e cavalli.
Non è per "spirito patriottico" che segnaliamo l'unica produzione italiana in competizione, Venerdì di Tonino Zangardi, con Dino Abbrescia, accolto molto calorosamente dal pubblico.
Salvo eccezioni veramente tali, l'età media dei registi e dei produttori presenti è sotto i trent'anni, a riprova della spinta generazionale importante di questo tipo di produzioni. Tra loro, di sicuro, i cineasti di domani.
Forse meno convincente, nella quantità, la proposta nazionale. I francesi fanno della loro produzione un fiore all'occhiello e un'eccellenza, ma troppi film dell'esagono sono sembrati ancorati agli stessi temi, immigrazione e integrazione. Di sicuro è lo spirito del tempo, ma il confronto con la proposta internazionale, ben più variegata, non regge.
Da segnalare, comunque, alcune sorprese: 1992 di Anthony Doncque e il davvero notevole Jay parmi les hommes di Zeno Graton, nome da ricordare.