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Hilary Swank, diva sul red carpet a Tokyo

Ieri la cerimonia d'apertura del 28° Tokyo Film Festival. Sotto i riflettori il premio Oscar Helen Mirren e la giuria guidata da Bryan Singer.
di Paolo Bertolin

In foto l'attrice statunitense Hilary Swank sul red carpet del festival. In occasione della proiezione di Qualcosa di buono.
Hilary Swank (Hilary Ann Swank) (49 anni) 30 luglio 1974, Bellingham (Washington - USA) - Leone.

venerdì 23 ottobre 2015 - Festival

Una cerimonia più concisa e meno pomposa ha caratterizzato l'apertura del 28° Tokyo International Film Festival. Niente presenze imperiali, né Primo Ministro Abe quest'anno, cosa che, nel caso di quest'ultimo, ha sollevato molti dall'imbarazzo delle controversie nazionaliste propagate dalla sua retorica pubblica. A rappresentare il governo, giusto il Ministro dell'Economia, Commercio e Industria, Hayashi Motoo, che si è congratulato per i trionfi internazionali del cinema nipponico, citando il Premio alla Regia vinto a Cannes da Kurosawa Kiyoshi (senza specificare che tale premio non era per il concorso principale, ma per Un certain regard).

Sul tappeto rosso, invece, hanno fatto la loro consueta comparsa le stelle del cinema locale, tra cui si è segnalato, per la gioia delle ammiratrici, un Odagiri Jo - in gara con Foujita di Oguri Kohei - per cui il tempo pare essersi fermato, eternamente giovanile e stralunato. Elegante e affabile, la presenza di classe di Helen Mirren, a Tokyo per la prima di Woman in Gold; con vivido entusiasmo, la grande attrice britannica ha incensato gli ospiti come portatori di "una cultura di cinema che ammiriamo tutti, in tutto il mondo". Sfavillante, sul red carpet, ha sfilato anche Hilary Swank, al festival per presentare Qualcosa di buono di George C. Wolfe.

Prima della proiezione del film d'apertura, il cerimoniale ha previsto l'introduzione della giuria del concorso internazionale che anche quest'anno vede come presidente un cineasta hollywoodiano, Bryan Singer. Quest'ultimo ha rievocato le sue previe partecipazioni al festival, nel 1995 con I soliti sospetti e nel 1998 con L'allievo, quando cercò di rivolgersi al pubblico locale con un discorso preparato in giapponese, pare con risultati disastrosi. Singer si è anche dichiarato intrigato dalla sfida di un concorso caratterizzato da una grande diversità di generi. E in effetti, c'è da essere davvero curiosi dell'esito del verdetto di un consesso piuttosto disomogeneo, che include pure un autore agli antipodi di Singer, sensibile e amante di sottesi ed ellissi, come il franco-vietnamita Tran Anh Hung (Leone d'Oro di Venezia 1995 con Cyclo), la danese premio Oscar Susanne Bier, l'acclamata produttrice di Hong Kong (nonché Signora-Tsui Hark) Nansun Shi, il norvegese Bent Hamer e il giapponese Omori Kazuki.

L'apertura ufficiale è stata affidata alla prima giapponese di The Walk di Robert Zemeckis, giusto il giorno dopo la fatidica data del 21 ottobre 2015, preannunciata nel classico di Zemeckis Ritorno al futuro. Un'apertura dai più vista come sotto tono, rispetto alla prima mondiale di Big Hero 6 dell'anno scorso. Ma è circolata anche voce che inizialmente l'accordo per l'apertura con il film di Zemeckis fosse per una prima mondiale, saltata poi per una ridefinizione delle date d'uscita su scala globale.
Prima o non prima, The Walk ha nondimeno elettrizzato ed emozionato il pubblico locale. Zemeckis ha dimostrato nuovamente la sua indiscutibile maestria nel creare intrattenimento puro, ma cinematograficamente inventivo e sorprendente, anche dalle premesse più improbabili. La celebre 'camminata' del francese Philippe Petit tra le Twin Towers del World Trade Center diventa al contempo un atto di (super)eroismo e poesia che contrasta e fa da vero contraltare (se non antidoto) all'indigestione di supereroi Marvel di cui Hollywood è divenuta dipendente nell'ultimo decennio. Magistralmente giocato su un registro bizzarro e lieve, adatto per l'appunto ad un film su un'artista dell'equilibrio e alla sua impresa folle e creativa, il film di Zemeckis è anche uno sentito, toccante omaggio a quegli edifici che non fanno più parte del paesaggio urbano newyorkese, ferita insanabile della recente Storia americana. "Hai dato loro vita, hai dato loro un'anima", dice la complice/amata Annie a Philippe, dopo che ha compiuto la sua 'traversata'; una battuta chiave che, come spesso nel grande cinema stelle e strisce, rinsalda un legame tra Storia e mito. E non è difficile prevedere che la leggenda di Petit e delle Torri Gemelle, iconizzata da Zemeckis in un 3D per una volta essenziale e sostanziale, lascerà una traccia duratura, se non indelebile, nell'immaginario cinematografico di questo decennio.

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