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La Mummia 3, cinema d'avventura digitale

Il terzo episodio de La mummia è legato alla tecnologia più dei precedenti.
di Gabriele Niola

Un film intimamente legato alla tecnologia già dalla trama
Brendan Fraser (Brendan James Fraser) (55 anni) 3 dicembre 1968, Indianapolis (Indiana - USA) - Sagittario. Interpreta Rick O'Connell nel film di Rob Cohen La mummia - La tomba dell'imperatore Dragone.

martedì 23 settembre 2008 - Making Of

Un film intimamente legato alla tecnologia già dalla trama
Il terzo episodio della saga La Mummia forza un po' la trama e, nonostante i personaggi parlino sempre di mummie, in realtà racconta di un'entità soprannaturale addormentata per secoli e incautamente risvegliata che non è una mummia ma un guerriero di terracotta nel quale è intrappolato da una maledizione il più potente imperatore della storia cinese.
Questo dettaglio implica una serie di cambiamenti netti rispetto agli episodi precedenti, l'impatto di visivo deve cambiare drasticamente: niente più polvere e sabbia come elementi principali ma terra solidificata.
Nonostante infatti le ambientazioni siano sempre più o meno le medesime, le creature coinvolte sono radicalmente diverse da quanto visto finora nel senso che rispondono a leggi della fisica diverse. Il loro corpo è composto di elementi differenti con reazioni differenti, sono stati dunque necessari software completamente diversi per dargli vita e veramente poco si è potuto mutuare dal lavoro fatto per i film precedenti, cosa che solitamente costituisce uno stimolo in più per chi deve inventare soluzioni visive.
Ma ciò che più salta a gli occhi è il legame del film di Rob Cohen con la tecnologia, decisamente molto più spesso che in passato. La Mummia - La Tomba Dell'Imperatore Dragone non solo vive di una curiosa commistione di digitale e visivo (essendo un film d'avventura deve necessariamente incorporare molte sequenze d'azione "vere" però con personaggi digitali) ma è anche interamente (e non ufficialmente) basato sulla trama di Tomb Raider II (il videogioco campione di incassi, non il film). La villa dove abitano i coniugi O'Connell, la trama incentrata su un pugnale, i guerrieri di Xi'an e la muraglia cinese, scene come quella del viaggio in aereo e la presenza di un drago rendono inequivocabile lo strettissimo legame tra le due opere.
Lungi dal cercare di essere la versione cinematografica di Tomb Raider II il nuovo film della saga cerca di prendere solo la parte fascinosa della storia che aveva al centro Lara Croft, andando a rimediare le ambientazioni vincenti e qualche soluzione visiva interessante, costituendo così una nuova forma di adattamento per il cinema.

Gli occhi di Jet Li dietro la terracotta
La cosa fondamentale per la riuscita di un film d'azione all'americana è avere un cattivo che si rispetti, motivo per il quale è stato chiamato Jet Li, specialista di film d'azione e (in America) di ruoli da antagonista. Tuttavia per esigenze di trama il suo personaggio è ricoperto interamente di terracotta per la gran parte del film, dunque invece che ricorrere ad ore ed ore di trucco si è deciso di creare una versione digitale con fattezze di terracotta dell'attore. Per farlo non si è utilizzata però la solita tecnica di motion capture con i sensori attaccati al corpo, la Digital Domain ha applicato una delle ultimissime soluzioni nel campo della cattura dei movimenti: una serie di videocamere disposte intorno all'attore le quali, fatte partire in sincrono, registrano tridimensionalmente tutti i singoli movimenti.
La raffinatezza dell'animazione dell'imperatore dunque doveva essere di primo livello poichè egli deve parlare e avere il carisma da villain dell'attore cinese, da questo fatto è discesa l'idea di fare in modo che la terracotta si rompesse ogni volta che c'è dal dialogo, poichè animare una faccia facendola sembrare contemporaneamente di pietra e umana era stato giudicato un lavoro impossibile. Dunque è stato il reparto effettistico ad avere l'idea della terracotta che si rompe e poi a provvedere anche ad ideare una motivazione e un modo con cui si ricostruisce ogni volta.
In questo modo non solo si ha una soluzione efficiente e mai vista prima, ma soprattutto si dà spessore e credibilità alla storia e alla maledizione che è così più complessa e articolata, da semplice trasformazione in statua di terracotta diventa una vera maledizione alla greca, che cioè può essere combattuta in eterno senza poter essere mai vinta.
A quel punto però la parte sotto la terracotta (simile al corpo decomposto sotto le bende di una mummia) andava animata e con cura. Per riuscire a donare all'imperatore decomposto la "scintilla di umanità", che è sempre difficile ottenere seduti ad un computer, i tecnici sono ricorsi ad un grande classico dei trucchi del cinema digitale: lasciare intatti gli occhi di Jet Li. Tutto il viso è modificato per sembrare in decomposizione ma gli occhi sono esattamente i suoi e, benchè la cosa sia perfettamente integrata per non fare notare lo stacco tra ciò che è modificato e ciò che è reale, l'effeto di realismo finale è decisamente funzionante.

I guerrieri intelligenti
Molte sono le soluzioni prese da Il Signore Degli Anelli sparse per tutto il film, l'opera di Peter Jackson infatti è diventata negli anni un testo fondamentale da cui attingere per modi e tecniche digitali di racconto di una storia epica.
Ma ben oltre le solite riprese in elicottero e panoramiche in movimento i tecnici hanno compreso e riutilizzato uno dei segreti più importanti sperimentati nei film tratti dai libri di Tolkien. Si tratta di un modo per animare grandi folle senza farle sembrare frutto della moltiplicazione digitale di un medesimo personaggio.
Il computer ha infatti il problema della casualità, generare il caso è un'impresa difficilissima per lui, dunque far muovere diversamente tutti i guerrieri di un esercito numeroso è molto difficile e necessitava fino ad ora trucchi come creare 5-6 tipi di movimenti differenti e attribuirli a soldati sparpagliati nel mucchio in modo che non si notassero le movenze simili.
La soluzione elaborata da Bruce Steinheimer (un vero veterano in materia) è però ancora più raffinata poichè consiste nel donare un piccolo sistema di intelligenza artificiale ad ogni attore digitale che può così decidere autonomamente cosa fare durante la ripresa, scegliendo in una lista di possibili movimenti.
Sempre all'insegna della diversità poi si è proceduto in maniera non dissimile per creare i guerrieri di Xi'an che secondo la tradizione sarebbero tutti diversi l'uno dall'altro poichè trattasi della fedele riproposizione di un vero esercito. Ma ancora generare centinaia di migliaia di volti diversi non è pensabile per una squadra di uomini. Si è così proceduto elaborando molti elementi differenti tra quelli che compongono un volto (baffi, occhi, bocca, zigomi, capelli ecc. ecc.) e lasciando al computer il compito di creare centinaia di migliaia di combinazioni differenti tra di loro.

Dove finisce il reale inizia il digitale
Il cuore del successo di un film di avventura e la sua essenza più profonda è rappresentata dagli stuntmen, cioè dalle sequenze di azione non tanto iperboliche quanto realizzate davvero, con atleti, stuntmen e riprese accuratamente pianificate. In un film come La Mummia però tali riprese dal vivo devono necessariamente poi essere accoppiate con elementi digitali, poichè quasi sempre tra gli attori coinvolti attivamente c'è almeno un personaggio digitale (nel caso del conflitto cui partecipano gli Yeti le creature digitali sono quasi quanto quelle umane).
Dunque la parte complessa era girare tali sequenze d'azione pensando che alcuni elementi sarebbero entrati in gioco solo in post produzione e soprattutto poi realizzare degli effetti in grado di non stonare con tutto il resto. Una sequenza d'azione infatti, rispetto alle altre, implica molti più elementi collaterali della scena che interagiscono tra di loro e quindi con quelli digitali: dal fuoco delle esplosioni, oggetti sbalzati in giro, alla polvere, il fumo, i vetri che si infrangon...
Per la sequenza dell'inseguimento in carrozza a Shanghai il problema era proprio questo. Non solo a bordo di una delle carrozze c'è l'imperatore di terracotta, ma i cavalli che fanno da traino sono digitali.
Per far interagire correttamente le parti vere con quelle digitali innazitutto è stato posizionato un aratro davanti al carro che simulasse la resistenza dei cavalli contro gli oggetti incontrati per strada, in seguito gli attori hanno recitato su cavalli di plastica per avere le posizioni e le posture corrette. Questo creare un ambiente propedeutico alla postproduzione non si deve occupare di modificare gli altri elementi della scena ma solo di sostituire i personaggi digitali a ciò che è stato scelto come referente reale.
Ma poi accade che i due carri cominciano ad andare fuori sincrono, cioè gli elementi hanno diverse velocità e addirittura la bara contenuta in uno dei due si stacca e viaggia autonomamente. Per arrivare a tale risultato è stato allora necessario procedere attaccando la bara a un binario per terra dotato di un suo motore che la spingesse in giro anche autonomamente rispetto agli altri elementi.

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