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L'amore secondo Dan: del comico e dell'amore

Steve Carell, una "macchina comica" in corsa sugli schermi di primavera.
di Marzia Gandolfi

Il gioco delle coppie

mercoledì 26 marzo 2008 - Approfondimenti

Il gioco delle coppie
Impossibile immaginare Fred Astaire senza Ginger Rogers, Stan Laurel senza Oliver Hardy, Jerry Lewis senza Dean Martin, John Belushi senza Dan Aykroyd, Totò senza Peppino e, in tempi più recenti, Mel Gibson senza Danny Glover, Ben Stiller senza Owen Wilson, Owen Wilson senza Vince Vaughn. L'elenco delle coppie sullo schermo potrebbe proseguire all'infinito ma il senso è evidente: il cinema ha saputo sempre interpretare le caratteristiche personali degli attori e combinarle fino a raggiungere alchimie perfette e irresistibili. Poliziesco, musical, commedia sentimentale, western, ogni genere ha cercato e individuato il corpo giusto per creare mondi originali e inconfondibili. Così il destino di un film resta legato per sempre a un volto e a una voce efficaci al punto che nessuno potrà dimenticarli. Quel profilo, quelle labbra, quel ghigno, quell'acconciatura, quei movimenti, quelle occhiate, quei sorrisi, sono tutte espressioni esibite allo spettatore che acquistano un carattere ancora più speciale se si misurano e si fondono con l'anima, gli elementi fisici, i gesti e gli atteggiamenti caratteristici di un altro attore. La collaborazione parte dall'opposizione fisica, che è alla base di tante coppie comiche: uno è grasso e ridanciano e l'altro è magro e discreto, uno sgraziato ed esagitato e l'altro è elegante e al limite dell'inespressività. In L'amore secondo Dan il regista Peter Hedges confronta un uomo e una donna, più specificatamente un attore americano e un'attrice francese, portatori sani ed eccellenti di due diverse tradizioni cinematografiche. Quella raffinata e "leggera" di Juliette Binoche, che riduce al minimo gli effetti eclatanti e gioca sulle scale degli sguardi, dei gesti, dei dettagli, e quella americana di Steve Carell, precipitato comico e gestuale nato e affermatosi in televisione. Sullo schermo daranno vita ad una stravagante storia d'amore giocata sull'accostamento delle loro "figure" e dei diversi comportamenti. Potete scommetterci: la dolcezza maliziosa della Binoche incrinerà fino al sorriso la maschera fissa e compatta di Steve Carell.

La comicità secondo Carell
Il legame che il cinema americano intrattiene con la televisione è assai stretto. Questo scambio e questa interazione sono evidenti, ad esempio, nella nascita e nello sviluppo della comicità demenziale. Quasi tutti i grandi comici destinati ad affermarsi sullo schermo nel corso degli anni Ottanta e Novanta passano per il Saturday Night Live. È il caso, fra gli altri, di Steve Martin, Dan Aykroyd, John Belushi, Eddie Murphy e, nella nuova generazione "post-demenziale", dei fratelli Wilson, Ben Stiller, Will Ferrell, Vince Vaughn e di Steve Carell, poi sbarcato, come inviato davvero speciale, nella trasmissione televisiva The Daily Show. Rappresentanti esemplari (di ieri e di oggi) dell'ideologia che sta alla base di un tipo di comicità esasperatamente e bassamente corporale ma capace di elevarsi a vette di astrazione cartoonistiche. Eletti a protagonisti fissi di un cinema genuinamente demenziale, ciascuno di loro ha poi trovato una personale variazione sul tema e un originale percorso creativo. Steve Carell, misurato e romantico protagonista della commedia sentimentale L'amore secondo Dan, è quello che meglio ha resistito alle pulsioni e alle curiosità giovanili, alcool, droghe, feste e soprattutto sesso, arrivando addirittura "vergine" ai quarant'anni. Meno irriducibile e politically uncorrect dell'altissimo Vaughn e del biondissimo Wilson, per il personaggio di Carell tutto è importante e più importante di tutto è crescere. Per questa ragione, dopo aver trovato la compagna ideale (almeno per fare sesso) in 40 anni vergine, lo troviamo vedovo e padre maturo di tre ragazze deliziose e sagge, che intravedono nella dolce Marie di Juliette Binoche l'amore che può cambiargli la vita. Steve Carell è un corpo comico che lavora in sottrazione, non urla, non si agita e non fa smorfie, la sua formula è piuttosto alla continua ricerca di un equilibrio fra i doveri strutturali del racconto comico e gli effetti esplosivi (ma sempre implosi) di comicità. Un esempio? La salsa interpretata da Ben Stiller in E alla fine arriva Polly e quella danzata da Carell alle spalle della Binoche. Se Stiller ha una corporalità danzante e burattinesca assimilabile a Jerry Lewis, Carell esegue quella stessa danza con imperturbabile serietà, deliziosamente incongruente e impassibile come Buster Keaton. Steve Carrell, ne siamo certi, è destinato a diventare una nuova icona della comicità, fosse solo per quel volto modesto e quei grandi occhi attoniti e infantili. L'eroe "carelliano" vive costantemente una sorta di apprendistato empirico attraverso il quale diventa grande. Facendo sesso, sopravvivendo a un suicidio, desiderando l'amore.

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