Deus Tem Aids

Film 2021 | Documentario 81 min.

Regia di Fábio Leal, Gustavo Vinagre. Un film con Kaco Arancíbia, Paulx Castello, Carué Conteiras, Flip Couto, Micaela Cyrino. Genere Documentario - Brasile, 2021, durata 81 minuti.

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Ultimo aggiornamento sabato 9 ottobre 2021

Gustavo Vinagre e Fábio Leal trattano in maniera diretta e coraggiosa il tabù dell'AIDS.

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Recensione di Giampiero Raganelli
mercoledì 29 settembre 2021
Recensione di Giampiero Raganelli
mercoledì 29 settembre 2021

Una pandemia dimenticata sembra ormai essere diventata quella dell'AIDS/HIV, scoppiata quarant'anni fa e, nonostante i progressi terapeutici, ancora oggi non eradicata e per la quale non è stato mai elaborato quel vaccino così velocemente approntato, al contrario, per il Covid. In Brasile la Sindrome da immunodeficienza acquisita genera ogni anno un numero di morti che si aggira sui 12.000, da paragonare al numero di decessi dovuti al Covid che, da quando il virus è arrivato nel paese sudamericano, è attorno ai 594.000. Una situazione sanitaria che si è esasperata a seguito delle scellerate politiche di Bolsonaro anche in campo sanitario. Ma bisogna parlare ancora di AIDS, nonostante la nuova emergenza sembra aver relegato quell'epidemia a una dimensione residuale, quantomeno mediaticamente. Ci parla di AIDS/HIV il film Deus tem AIDS (Dio ha l'AIDS), diretto a quattro mani da Gustavo Vinagre e Fábio Leal, presentato in anteprima mondiale al Sicilia Queer Filmfest 2021, sezione Nuove visioni. Un documentario realizzato evidentemente prima dello scoppio del Covid (nessuno porta mascherine nel film) ma poi collegato alla nuova pandemia nella didascalia finale, anche nella denuncia dello sfascio del sistema sanitario cui sta portando il governo Bolsonaro. Già dalla prima immagine, vuota ma con la grana del nastro magnetico con la sua aspect ratio e i suoi tipici disturbi di definizione, comprese le nebbioline catodiche, veniamo trasportati indietro di quarant'anni, quando esplose l'epidemia di HIV e con questa i pregiudizi sociali nei confronti delle persone omosessuali, accusate di essere destinatarie di una sorta di punizione divina per la loro promiscuità. Pregiudizi che sopravvivono ancora oggi, anche nelle becere dichiarazioni di Bolsonaro, che rientrano in quella che viene definita "sierofobia", ovvero il razzismo più o meno sottile nei confronti delle persone sieropositive. Il che in Brasile si inserisce con il divario sociale del paese e con il razzismo ancora diffuso nei confronti delle persone di colore. Gustavo Vinagre e Fábio Leal seguono alcuni personaggi sieropositivi, quasi tutti artisti che mettono in scena la loro condizione patologica, il primo dei quali è inquadrato, con una di quelle palle stroboscopiche tanto in voga nei locali da ballo degli anni Settanta. C'è chi dipinge quadri e chi scrive libri, chi si esibisce nudo in uno spettacolo teatrale che coinvolge gli spettatori, su un palco con sipario, chi si fa delle performance, ancora interattive, nei parchi dove i passanti vengono invitati a sedersi davanti a lui per essere interrogati e provocati sul tema della sieropositività, chi mette cartelli sui muri, chi porta in giro dei display elettronici con scritte a tema, chi fa dei tatuaggi alla gente con scritto "HIV +", chi si esibisce in spettacoli estremi dove il corpo viene esibito e penetrato con tanto di prelievi di fluidi corporei. Sono persone che da anni convivono con il virus e la malattia, anche trasmessa alla nascita dalla madre, che in effetti rappresenta un'altra faccia della vita. Gustavo Vinagre, qui coadiuvato da Fábio Leal, porta avanti ancora una volta, fin dai tempi dei suoi esordi, con Nuova Dubai, per arrivare a A Rosa Azul de Novalis, un cinema che ha il suo cardine nella fisicità, della corporeità e della sessualità, anche esasperate, come linguaggio e come messaggio, impiegate in chiave assolutamente provocatoria e politica. E Deus tem AIDS funziona come un meta-palcoscenico, una cassa di risonanza di spettacoli, performance e narrazioni a tema.
Da Quinlan, 29 settembre 2021

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Le paure del nostro tempo.
a cura della redazione
sabato 9 ottobre 2021

A 40 anni dall'inizio dell'epidemia di AIDS, sette artisti e un medico attivista, persone affette da HIV, offrono nuove immagini e prospettive per affrontare la sierofobia in Brasile. L’esplorazione di performance eccentriche rispetto alle presunte norme eterosessuali e alla concezione binaria del genere e delle sessualità si affianca a interviste più canoniche offendo una percezione odierna della sieropositività in cui l’esperienza personale si intreccia con l’analisi sociale.

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RECENSIONI DELLA CRITICA
mercoledì 29 settembre 2021
Giampiero Raganelli
Quinlan

Una pandemia dimenticata sembra ormai essere diventata quella dell'AIDS/HIV, scoppiata quarant'anni fa e, nonostante i progressi terapeutici, ancora oggi non eradicata e per la quale non è stato mai elaborato quel vaccino così velocemente approntato, al contrario, per il Covid. In Brasile la Sindrome da immunodeficienza acquisita genera ogni anno un numero di morti che si aggira sui 12.

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