Anno | 2018 |
Genere | Documentario |
Produzione | Italia |
Durata | 80 minuti |
Regia di | Marco Leopardi |
Attori | Marco Leopardi, Massimo Leopardi . |
MYmonetro | 2,63 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 26 ottobre 2018
La telecamera, unica amica e detentrice di verità negli istanti di profonda depressione di Massimo, fratello del regista.
CONSIGLIATO NÌ
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Massimo soffre di depressione, ma non è sempre stato così. Lo racconta lui stesso nei tanti filmati che negli anni ha girato immortalando la sua vita e descrivendo l'avanzare della malattia. Era una persona instancabile, amante degli sport estremi ed un inguaribile viaggiatore. Tutto all'improvviso è cambiato ed a questa vitalità si è sostituita l'autodistruzione ed una sofferenza difficile da descrivere a parole. Il fratello Marco prova a raccontare questa parabola discendente verso l'oblio, avvalendosi delle immagini e della parole dello stesso Massimo e procedendo a ritroso con la memoria ai primi anni di vita insieme, ai suoi vent'anni ed alla vecchiaia del padre.
Come regista ufficiale di questo progetto appare Marco Leopardi, ma sarebbe giusto pensare al fratello Massimo come la vera mente dietro il film. È lui che condivide i suoi filmati privati, è lui che prova a dar voce ai suoi pensieri, è lui che cerca di aprirsi con gli spettatori, o meglio con chi è disposto ad ascoltarlo.
Il suo parlare alla camera sembra infatti un atto consequenziale proprio al bisogno di essere ascoltato da qualcuno. Il fratello Marco con questa operazione non ha fatto altro che raccogliere quel desiderio e metterlo per immagini e parole ordinate, tanto da far comprendere a chi guarda che dietro all'uomo di adesso c'è stata la vita di una persona completamente diversa. Forse, rimettendo mano ai filmati di famiglia ed a quelli girati in gioventù da Massimo, lo stesso Marco ha voluto compiere un percorso introspettivo totalmente personale ed un atto d'amore nei confronti del fratello che gli desse la speranza e la forza per continuare a lottare.
Quello di Questo è mio fratello sembra infatti uno sforzo completamente privato, così intimo da dimenticarsi quasi di essere un film destinato a essere visto da altri. È un agglomerato di ricordi e pensieri a cui si prova a dare una cronologia e, magari, un senso che spieghi la trasformazione radicale di un uomo a cui si vuole bene.
Lo spettatore riceve la sensazione di star assistendo ad un regalo di una persona ad un'altra: si avverte l'amore ed al tempo stesso la sofferenza investiti per confezionarlo, ma non c'è nulla che lo avvicini ad un prodotto filmico ben pensato. Entrare così a fondo nella vita di Massimo è difficile da vedere, ma ha almeno il pregio di poter essere d'aiuto a chi fa fatica a comprendere questo tipo di malattia, ancora troppo sconosciuta e sottovalutata.