Anno | 2018 |
Genere | Eventi, Musicale, |
Produzione | Gran Bretagna |
Durata | 143 minuti |
Regia di | David Barnard |
Uscita | giovedì 12 aprile 2018 |
Tag | Da vedere 2018 |
Distribuzione | Nexo Digital |
MYmonetro | 3,25 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 10 aprile 2018
Il film concerto che racconta una delle tappe più magnetiche e potenti dell'ultimo catartico tour di Nick Cave.
CONSIGLIATO SÌ
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Febbraio 2017: Nick Cave annuncia un tour europeo con i Bad Seeds. È il primo, dopo l'incidente che nel 2015 ha causato la morte del figlio quindicenne Arthur. Nel frattempo ha inciso, nella sorpresa di molti, Skeleton Tree, in studio con Warren Ellis e i Bad Seeds, il cui processo creativo ha lasciato riprendere nel documentario One More Time With Feeling di Andrew Dominik (presentato alla Mostra di Venezia nel 2016). I suoi compagni di strada sono sempre i Bad Seeds, una band, che se pure ha vissuto inevitabili uscite e ricambi e scambi, come poche può vantare una carriera più che trentennale di tutto rispetto: Warren Ellis, il carismatico polistrumentista e compositore, coautore con Cave di svariate colonne sonore, Thomas Wydler, (batteria), Martyn Casey (basso), Jim Sclavunos (batterista, polistrumentista), George Vjestica (chitarra), Larry Mullins (percussioni).
Nella capitale danese l'unica special guest a salire con lui sul palco è la soprano Else Torpe, per eseguire insieme Distant Sky, il brano etereo, quasi liturgico, di evocazioni celestiali che dà il titolo al film e fa parte dell'ultimo album.
Chi ha avuto la possibilità di partecipare a quel tour può testimoniare che è stata un'esperienza unica, particolarmente spirituale: non si tratta di una formula trita, un'iperbole retorica da fan. È stata davvero una serie di incontri con il pubblico, di compenetrazione e risarcimento dell'artista nei confronti di chi lo segue. Non solo perché fisicamente Cave si è fatto letteralmente trascinare dalla folla da un palco all'altro (soluzione peraltro nemmeno così originale, nella routine dei concerti), o perché ha chiuso facendo salire decine di spettatori sul palco con la band. Ma per una reale e percepita volontà e necessità di fondersi con i suoi fan, restituire il calore, far accadere uno scambio emotivo, ascoltare insieme i battiti del cuore (come accade in un momento topico di Higgs Boson Blues).
Del resto l'artista ha spesso dichiarato di essere riuscito a sopravvivere al trauma solo grazie alla musica e all'apporto dei suoi ammiratori. La prossimità fisica che Cave - che con il suo consueto ondeggiare stringe mani e guarda negli occhi le prime file come una specie di messaggero religioso - imprime alla performance ha un senso ancora più potente in un momento storico in cui i social ne hanno così profondamente modificato la fruizione (lo stesso Cave ironizza, mentre canta, sull'ossessione dei fan di cristallizzare sui social il momento invece di goderselo).
La regia immersiva, fatta di stacchi rapidi ma non ipercinetici, di Barnard, professionista di video musicali e live, asseconda perfettamente questa volontà di comunione. Non c'è pre o post palco, né inserti celebrativi, né concessioni al merchandising o enfasi sul fandom: solo il concerto e una grande semplicità e raffinatezza visuale. Un'esibizione secca, generosa, diretto da una band concentrata a ogni singolo dettaglio esecutivo, che mette la massima cura in ogni tocco. In una parola, la chimica meravigliosa dei Bad Seeds. Non è un caso che, pur su tre piani diversi, siano sempre tutti a fuoco contemporaneamente, e con un'altissima definizione audio e video: il fuoco è sulla musica, sul rito catartico che anche stavolta riesce a far accadere.
La macchina da presa non cerca di enfatizzare la star e nemmeno isolati assoli virtuosistici; c'è un gruppo di cinquantenni professionisti, coi capelli tinti, a sudare dignitosamente dentro i loro completi eleganti, a dare il meglio di sé. Un repertorio di 18 pezzi, suonati in versione estesa, rilassata, aperta fino a toccare i 10 minuti, la scaletta suddivisa tra Skeleton Tree e il precedente Push the Sky Away ma anche aperta a classici anni 80 come From Her To Eternity, Tupelo o The Mercy Seat. Un'esperienza che è stata indimenticabile nella versione live ma che si rivela estremamente potente anche in quest'elegante, ravvicinata ripresa cinematografica.