Titolo originale | Ha Ben Dod |
Anno | 2017 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Israele |
Durata | 93 minuti |
Regia di | Tzahi Grad |
Attori | Tzahi Grad, Osnat Fishman, Ala Dakka, Eli Ben-David, Liran David Yossi Eini, Uri Hochman, Yoni Lahav, Shimon Mimran, Yoav Hait, Yaron Motola. |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,04 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
|
Ultimo aggiornamento martedì 6 luglio 2021
L'arrivo di un ragazzo palestinese in un piccolo villaggio israeliano fa emergere il naturale razzismo di un popolo.
CONSIGLIATO SÌ
|
L'attore e regista Naftali, abitante in un piccolo villaggio benestante, assume Fahed, un tuttofare palestinese, per sistemare lo studio accanto alla sua abitazione. Naftali, che sta scrivendo una seria sulla convivenza fra israeliani e palestinesi, voleva assumere il fratello di Fahed, ma si convince in breve tempo dell'affidabilità del ragazzo. Subito dopo l'arrivo di Fahed nella comunità, però, una ragazzina viene aggredita e la gente del luogo accusa ovviamente il giovane palestinese. Naftali protegge Fahed, ma poco alla volta comincia a dubitare delle sue buone intenzioni e spinto anche dal disagio della moglie e dei figli cede al suo naturale razzismo...
Da uno degli attori del cult Big Bad Wolves, una dramma paradossale, in bilico fra gli opposti della tragedia e della commedia, che si pone in maniera esplicita come una metafora del conflitto israeliano-palestinese e soprattutto della difficoltà di raccontarlo con un tono adatto.
Su The Cousin, terzo film di Tzahi Grad, scritto, diretto e interpretato dallo stesso autore, che ha girato nella sua abitazione e coinvolto nel progetto familiari e amici, pende la spada di Damocle che minaccia il cinema israeliano chiamato a raccontare i rapporti con la controparte palestinese. Vale a dire, la presenza incombente di una guerra decennale, ormai percepita come perenne, così radicata nella vita e nella coscienza dei due popoli da presentarsi come categoria del pensiero, come inevitabile cornice narrativa.
The Cousin, che prende il nome dalla vicenda biblica di Ismaele e Isacco, fratellastri che avrebbero dato via alla progenie araba ed ebraica, dunque a due identità unite dal sangue e dal territorio ma fatalmente divise dalla storia, usa gli elementi cinematograficamente classici del villaggio chiuso, della casa da costruire, dello straniero che interrompe idealmente un idillio per far esplodere conflitti sopiti e, come dice lo stesso protagonista, naturali.
La vicenda principale del film, che procede in maniera piuttosto piatta e composita, unendo soprattutto nella prima lunghe scene di dialogo e serrati confronti fra i due protagonisti (Naftali interpretato come detto dallo stesso Grad, Fahed dal bravo Ala Dakka), chiama in causa il genere come modello da smontare e rimontare: prima il dramma, poi il giallo, poi ancora il thriller fino a sfiorare la tragedia e infine a chiudersi con una nota da commedia.
La relativa piattezza della regia di Tzahi Grad (e soprattutto della fotografia digitale di Eitan Hatuka), serve a sottolineare la normalità di una situazione in cui anche le persone disposte al dialogo cedono al razzismo più bieco e le stesse vittime si adattano perfettamente al ruolo di agnelli sacrificali.
La tensione che il film crea poco alla volta è inversamente proporzionale alla calma del protagonista, il quale - ed è questa l'intuizione di Grad - non si stupisce in fin dei conti del proprio razzismo, ma si chiede come gestire quel sentimento, come accettarlo e superarlo. Per questo, il film va oltre l'ingombrante metafora calata nel contesto israeliano-palestinese e si apre a una riflessione più universale.
Peccato che la scelta di mischiare i toni e i risvolti drammatici, dall'iniziale dilemma sulla responsabilità di Fahed, all'esplosione dell'odio fino alla risoluzione finale, fa perdere al film perde coerenza e solidità, sconfessando la capacità di mettere il dito della piaga. Come a dire che si può anche accettare che la spada di Damocle si stacchi e distrugga tutto, ma in fondo è meglio che resti lì dov'è, appesa e minacciosa, con le colpe di una storia decennale equamente distribuite, o magari riconosciute alla sola parte israeliane, senza che però via sia una vera punizione o condanna.
logo FilmTvThe CousinRegia di Tzahi Grad vedi scheda filmRECENSIONIModificaCancellaLa recensione su The Cousindi obyoneSem, Cam e Jafet erano i figli di Noè. Si dice che ad ognuno dei tre toccò di moltiplicarsi e arricchire di una tenace discendenza il creato spazzato via dal diluvio. In particolare, Sem diede vita alle nazioni semite nella Terra di Mezzo.