Titolo internazionale | Harpoon |
Anno | 2017 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Argentina, Venezuela, Spagna |
Durata | 81 minuti |
Regia di | Tom Espinoza |
Attori | Germán de Silva, Ana Celentano, Nina Suárez, Laura López Moyano, Marcelo Melingo Agustina Altieri, Hector Bordoni, Jonathan Da Rosa, Luciana Grasso, Pablo Laborde, Adela Sanchez, Jonathan Jairo Nugnes, Francisco Lumerman, Melina Peresson, Mariano Pérez, Mario Mahler, Roxana Ramos, Karina Scuderi, Jose Joaquin Araujo, Omar Ángel. |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 2,49 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 27 novembre 2017
Durante dei controlli di routine negli zaini dei suoi studenti, un preside trova una siringa che una giovane ribelle usa sulle labbra delle compagne.
CONSIGLIATO NÌ
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Argentina, oggi. German è il preside di una scuola sulla quale sente di non poter abbassare un attimo la vigilanza. Giorno dopo giorno, con una certa brutalità di modi, controlla gli zaini di ragazzi e ragazze, finché, in quello della giovane Cata, trova una siringa con un liquido oleoso, che la ragazzina usa per aumentare il volume delle proprie labbra e di quelle delle compagne. L'episodio innesca una serie di conseguenze a catena, che cambieranno la vita dell'uomo.
Macchina a mano che pedina il personaggio, fotografia desaturata che rende più grigia e senza scampo l'esistenza di adulti e ragazzi, Arpon è un film in linea con la cinematografia argentina recente e col racconto, affondato interamente nel sociale, di cariche emotive represse, sospetti reciproci, bagliori di umanità.
Per il suo esordio nel lungometraggio, Tomàs Espinoza sceglie la formula del thriller e combina il fantasma dell'abuso con la realtà di un'età in fieri, l'adolescenza, in cui attorno a sé può accadere di registrare solo morte e apatia eppure la voglia di vivere è massima, e pulsa sotto il silenzio, pronta a sbucare per caso da una canzone rap o da una partita a ping pong con una prostituta.
German non è il bruto che sembra essere: è un uomo che lotta quotidianamente per i suoi ragazzi e lo fa sporcandosi le mani, non restando alla scrivania dietro una porta chiusa. Però quei suoi interventi sono maldestri, appaiono ambigui, come la sua incursione nello spogliatoio femminile nell'ora di nuoto, e così la tensione si alza e lo spettatore è messo di fronte all'emergere di un sospetto, un pregiudizio, una presunzione di colpevolezza a venire. Nemmeno Mica, la prostituta, è quello che sembra, nel senso che non si esaurisce nel suo mestiere o nella sua schiavitù. E così è l'interiorità di Cata, vitale, sotto un'apparenza omologata, abbindolata da ideali effimeri.
Il film di Espinoza riflette su pulsioni e discordanze, sul tema della responsabilità, e lo fa con pochi mezzi e pochi personaggi, mettendo a confronto la violenza cieca e la forza, invece positiva, delle vicinanza e della relazione, e attribuendo entrambe allo stesso personaggio, per dirne la complessità e l'impossibilità del giudizio.
A tratti faticoso o troppo ellittico, il film vive di momenti che coinvolgono fortemente e di altri meno riusciti, e si chiude con lo stesso tono sospeso con cui si è svolto, lasciando decidere a noi se leggere un finale amaro oppure no.