Titolo originale | My Name Is Adil |
Anno | 2016 |
Genere | Biografico, Drammatico, |
Produzione | Italia, Marocco |
Durata | 74 minuti |
Regia di | Adil Azzab, Andrea Pellizzer, Magda Rezene, Rezene Magda |
Attori | Husam Azzab, Hamid Azzab, Adil Azzab, Hassan Azzab, Zilali Azzab Mohamed Atiq, Ali Tatawi, Hanan Filali, Aicha Badraoui, Azzab Adil, Tatawi Ali, Biscione Francesca, Azzab Hamid, Filali Hanan, Henriquez Jordy, Atiq Mohammed, Roccio Morgan, Casian Pavel. |
Uscita | martedì 24 ottobre 2017 |
Tag | Da vedere 2016 |
Distribuzione | Unisona |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,38 su 4 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 16 ottobre 2017
La storia vera di Adil, che decide di partire dal Marocco per raggiungere il padre in Italia. La frattura sarà però dolorosa. In Italia al Box Office My Name Is Adil ha incassato 85,5 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Adil è un bambino marocchino che vive in campagna. Il padre è venuto in Italia per cercare lavoro ed è il denaro che manda a casa a consentire a moglie e figli di andare avanti. Adil è però stato requisito dallo zio come guardiano delle pecore e l'uomo non gli riserva certo un trattamento di favore ma lo tratta quasi come uno schiavo. Finché un giorno Adil a 13 anni decide di raggiungere il genitore in Italia. La sua vita cambierà ma il senso di separazione dalle proprie radici si farà sentire.
Ci sono film dalla struttura semplice e lineare che sanno offrire allo spettatore più occasioni di riflessione di altri che nella complessità della struttura credono di trovare il loro fondamento.
In questo caso siamo di fronte a una vicenda che ci viene subito dichiarata come realmente accaduta e a un protagonista da tempo integrato nella nostra società che ricorda la propria infanzia.
Tanto sono affascinanti gli spazi in cui il piccolo Adil agisce quanto non lo è la vita che è costretto a condurre. Vittima di uno zio violento (la memoria va a Padre padrone dei Taviani) che lo costringe anche a lottare con i coetanei mettendo in palio del tonno in scatola, il bambino può trovare nella madre conforto ma scarsa protezione mentre il nonno lamenta l'assenza del figlio che è andato in Italia abbandonando i campi. Però il denaro che invia è utile e c'è chi in famiglia (sempre lo zio) ne vorrebbe sempre di più.
Mentre si assiste alla vita di Adil non possono non venire alla mente storie analoghe che il cinema, la letteratura e, innanzitutto, la Storia ci hanno raccontato a proposito di quando erano i nostri padri a migrare e non solo dal Sud ma anche da quel Nordest oggi in parte così chiuso a qualsiasi inserimento. Bene ha fatto Edgar Reitz quando è tornato a girare un nuovo capitolo della sua Heimat realizzando quello che potremmo definire un prequel delle vicende della famiglia Simon. Lì si ricordava ai tedeschi di memoria corta che nell'800 anche dalla nazione oggi trainante e dominante nell'economia europea partivano migranti alla volta del Brasile in cerca di quello che in patria non potevano avere: un minimo di sicurezza economica.
In My name is Adil ci viene offerta l'opportunità di provare, almeno idealmente, a camminare con le scarpe altrui, a cercare cioè di comprendere non solo la povertà e i sogni ma anche il dolore del distacco e il sentirsi non più nordafricani ma neanche del tutto italiani. Non siamo però dinanzi a un pamphlet ideologico ma a una persona con i suoi dubbi, le sue scoperte (il mare) e le sue realizzazioni. Se più spesso ci sforzassimo di guardare agli altri senza le lenti del pregiudizio generalizzante ci accorgeremmo che ognuno ha un suo vissuto e capiremmo che 'loro' non sono tutti come lo zio (che il film ci fa detestare e che non vorremmo incontrare sul nostro cammino). Ci sono gli 'zii' e ci sono gli Adil e non possono essere trattati allo stesso modo.
Un crescendo di emozioni. Si respira autenticità dalle prime scene, dalla ricerca dell'agnellino (altrimenti sono botte...) alla delusione dell'arrivo in un paese tanto sognato (l'Italia) che in realtà ti fa sentire invisibile... "non ero mai stato in una città, non avevo mai visto tante persone tutte insieme, ma nessuno mi guardava". L'odio per lo zio (e le sue pecore) ignorante e manesco, e il saluto [...] Vai alla recensione »
La scoperta più sorprendente è la presenza dei grandi temi dell'identità, dell'appartenenza, dei diritti fondamentali (il diritto ad andare a scuola...) trattati con l'ingenuità di un adolescente, determinato ma anche spaventato e deluso. E' strano commuoversi e identificarsi in percorsi di vita tanto lontani dal nostro, in apparenza. E ti chiedi perché.
Non dovremmo limitarci a un giudizio artistico e tecnico (ma le 4 stelle qui ci sono tutte), se si dovesse valutare un film in base alle emozioni qui saremmo a 10. Sei al cinema, ti guardi intorno e scopri di non essere l'unico a sorridere e a commuoverti. Questo per me è cinema.
Respiri il vento tra i campi, rincorrendo l'agnellino di Adil bambino. Senti il sole e il soffio caldo dei venti dell'entroterra del Marocco. Le cascate dell'OuzOud fresche come la gioia dei giochi di Adil adolescente. La fatica, la rabbia, di Adil che si ribella allo zio ignorante. Il legame con la madre, il rimorso del nonno abbandonato da suo figlio.
L’ho visto questa estate e sicuramente lo rivedrò. Consigliatissimo!
Condivido in pieno. Nella tua descizione c'è quasi tutto. Aggiungerei solo una nota in più per il finale e la colonna sonora. Nel finale, lo sguardo tra lo smarrito, imbarazzato e irritato di quasi tutti gli adulti del villaggio giustifica la visione del film.
Ho visto questo film quest'estate, durante una Rassegna milanese. Inizialmente ero un po' scettica, pensavo alla solita storia triste e noiosa. E invece le prime immagini mi hanno subito rapita. Mi sono immersa nella storia, immedesimata, ho pianto, mi sono emozionata, ho sorriso con Adil. Un film sorprendente e genuino accompagnato da un canto che ancora ora mi fa venire i brividi.
Un esordio autobiografico toccante e impegnato: «My Name Is Adil» è stato uno dei film più interessanti dell'edizione 2016 del Festival del Cinema Africano, d'Asia e America Latina di Milano. Arrivato in Italia dal Marocco a 13 anni, il neoregista Adil Azzab oggi ha 27 anni e un impiego come assistente educatore. Con questa sua prima prova dietro la macchina da presa ha messo in scena la sua vita, [...] Vai alla recensione »
Cinque minuti di applausi scroscianti e qualche lacrima di commozione davanti a tramonti rossi, terra ocra e una storia fortissima: quella del bimbo pastore Adil che odiava le pecore e voleva studiare, fino a diventare regista. La bellezza e la potenza di immagini, colori e suoni vanno dritte al cuore durante la prima proiezione di «My name is Adil», il lungometraggio d'esordio di Adil Azzab prodotto [...] Vai alla recensione »
Pare quasi di sentirlo sulla pelle, il sole caldo del Marocco che sovrasta campi e greggi, sporadiche case bianche di calce, cortili e stalle dove i gatti cercano fazzoletti d'ombra per accoccolarsi. Un mondo assolato e desolatamente povero, dove fin da piccoli si lavora per ore nei pascoli, gli adulti possono essere rudi e studiare è un privilegio di pochi.