Anno | 2016 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Italia |
Regia di | Stefano Calvagna |
Attori | Sveva Cardinale, Claudio Vanni, Lucia Batassa, Stefano Ambrogi, Mietta Daniele Trombetti, Stefano Calvagna, Niccolò Calvagna, Massimo Bonetti, Alessandro Gaudio. |
Uscita | giovedì 27 luglio 2017 |
Distribuzione | Poker Entertainment |
MYmonetro | 2,91 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
|
Ultimo aggiornamento giovedì 10 maggio 2018
Una escort si ritrova ad affiancare un rapinatore che ignora di essere braccato dalle forze dell'ordine.
CONSIGLIATO SÌ
|
Saverio Salesi è un pugile fallito cui nella vita non ne è mai andata bene una, un "coatto non cattivo" con precedenti che la polizia liquida come "roba da stadio" di cui i meno buoni si approfittano, e che si scontra con tutti i problemi della modernità: la disoccupazione, le banche che non fanno credito ai "poveracci", le donne con cui non si riesce a costruire un rapporto sereno. La fuga inizia, appunto, con un inseguimento disperato: Saverio che scappa a piedi dopo una rapina in banca commessa per vendetta e per disperazione. Il suo rifugio inaspettato sarà l'appartamento di Micol, che sulla porta ha scritto Studio M: laddove M non sta per medico, ma per mignotta.
Stefano Calvagna scrive e dirige una storia che entra di diritto nel filone del poliziottesco all'italiana: con povertà di mezzi e coraggio narrativo si propone di raccontare il ventre molle di una città come Roma, dominata dal malcostume politico (e giudiziario) e dalla corruzione a tutti i livelli.
Se da un lato La fuga presenta numerose ingenuità, dall'altro prosegue in quel percorso autoriale che pone Calvagna in una categoria a sé nel raccontare un mondo sporco e cattivo in cui i buoni sono (anti)eroi romantici e le donne creature emotivamente e moralmente superiori. Il suo percorso cinematografico ha qualcosa di donchisciottesco: orgogliosamente indipendente, fieramente artigianale, coerente nei temi e nelle modalità narrative. Quel che manca al regista-sceneggiatore sono i mezzi e una collaborazione produttiva (giacché è impensabile che Calvagna rinunci al controllo sui suoi film) che argini certe sue derive melodrammatiche e certe implausibilità: la conversazione di Saverio allo specchio, il sottopancia che ripete quel che dice la giornalista televisiva, il trapianto di rene della mamma malata.
La fuga funziona bene nei dialoghi, che hanno il sapore della Roma sparita (e invece assai presente nella contemporaneità) e raccontano un sottobosco del quale fanno parte anche i livelli intermedi della polizia. Funziona anche la scelta dell'attore protagonista, Claudio Vanni, molto credibile nei panni del tenero fallito. Meno efficace Sveva Cardinale nei panni di Micol, e non perché non si esplicita che Cardinale è una trans (è persino credibile che Saverio non se ne accorga), ma perché la chirurgia cui l'attrice si è sottoposta rende la sua mimica facciale ridottissima e le sue battute quasi incomprensibili. Gli altri interpreti invece sono tutti azzeccati, da Massimo Bonetti questore untuoso a Stefano Ambrogi ambiguo ispettore Dellorenzo (cui la sceneggiatura regala un'ultima impennata di decenza), da Daniele Trombetti amico d'infanzia di Saverio alla cantante Mietta ispettrice combattiva e integerrima. Un plauso va soprattutto alla coppia di pensionati interpretata da Giuseppe Laudisa e Lucia Batassa.
Buono anche il montaggio di Roberto Siciliano, soprattutto nella scena iniziale della fuga, funzionali le musiche di Mauro Paoluzzi, ma troppo spesso spalmate a tappeto: un dosaggio più equilibrato di musica e silenzi avrebbe giovato alla storia, soprattutto nelle scene romantiche. Sempre apprezzabile invece quell'ironia romanesca e disincantata che è la vera cifra di Calvagna e che colora anche i momenti più drammatici del racconto. L'altra sua caratteristica è l'attenzione per gli invisibili: rapper nani, escort trans, pugili suonati, poliziotti reintegrati in servizio (come quello interpretato ne La fuga dallo stesso regista).
Il sottotesto riguarda tutti: quando Saverio afferma "in Italia non c'è più spazio per uno come me" parla per molti di noi; quando cerca di farsi spazio e rivalersi contro "tasse, impicci e imbrogli" la sua rabbia è condivisibile; quando si prepara a raggiungere il chiringuito in Messico interpreta il sogno di molti espatriati: non i cervelli in fuga, ma i "poveracci" in cerca di riscatto. E racconta un mondo diviso maldestramente in guardie e ladri, in cui spesso i ladri meritano più rispetto delle guardie.
La Fuga è un gioiellino del cinema indipendente costruito con grande intelligenza. C'è azione ed emotività e non si può non restare completamente coinvolti dal primo all'ultimo minuto, complice anche la lunghezza limitata del film che non lascia spazio a perdite di tempo riempitive. Bellissimo ogni singolo personaggio, dai protagonisti (un Claudio Vanni magistrale nella sua interpretazione accompagnato/cont [...] Vai alla recensione »
La fuga è un film a basso costo coraggioso che meriterebbe più delle poche sale in cui è uscito. Bella la fotografia e bravissimo il protagonista Claudio Vanni, esiste un cinema al di là delle solite facce e dei soliti nomi da vedere e da sostenere.
Produrre film a basso costo e farli uscire non è certo una passeggiata. Ottima la fotografia e la confezione e grande il protagonista Claudio Vanni. Un film da vedere per rendersi conto che non esiste solo il cinema dei soliti nomi e delle solite facce. Alcune scene cult come quelle di Simoncino completano il tutto. Meriterebbe ben più delle poche copie con cui è uscito.