Anno | 2015 |
Genere | Documentario |
Produzione | Italia, Polonia |
Durata | 88 minuti |
Regia di | Alessandro De Michele |
Tag | Da vedere 2015 |
MYmonetro | 3,29 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 27 marzo 2015
CONSIGLIATO SÌ
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La compagnia teatrale Kalibani parte da Berlino per raggiungere in pullman la città polacca di Lublino, dove metterà in scena lo spettacolo di Tadeusz Kantor "La classe morta" (1975). Fondato nel '90 dall'autore, regista e drammaturgo Klaus Erforth, Kalibani - nome mutuato dal personaggio shakespeariano della Tempesta - è un gruppo di teatroterapia costituito da una trentina di persone disabili.
Il loro viaggio non sarà solo fisico ma anche dentro la Storia, il passato tedesco, la Seconda Guerra mondiale: il testo di Kantor è dedicato alle vittime del nazismo e la compagnia farà sosta al campo di concentramento di Majdanek, istituito dai tedeschi nel 1941. La vocazione terapeutica di questo metodo teatrale intreccia così anche il tema dell'opera di Kantor, per cui "i morti non sono morti".
Il teatro come spazio di libertà e di affermazione per il diverso: questo è Kalibani per i suoi attori. Individui affetti, per esempio, da sindrome di Down o da nanismo; come Lia, che nel teatro ha trovato l'accettazione di se stessa attraverso una differente percezione estetica del proprio corpo. Uno spazio in cui queste persone "possono diventare ciò che nella vita di tutti i giorni è loro precluso", come ricorda Kerstin, costumista, truccatrice e tuttofare. Erforth afferma di voler ricordare con questo spettacolo le vittime del nazismo, ma anche che gli attori di questa compagnia, se fossero vissuti ai tempi dell'Olocausto, non sarebbero sopravvissuti a quei fatti.
È sulla scorta di quest'ulteriore consapevolezza che la compagnia affronta il lavoro: e allora il fine della rappresentazione non corrisponde più solo all'appagamento dell'attore o alla soddisfazione dello spettatore, ma una celebrazione della vita e insieme una diversa valutazione della morte. Un'idea efficacemente resa, in termini cinematografici, dalle sequenze in cui le foto degli attori s'incendiano "al contrario", restituendone gradualmente i volti nella loro integrità. Anche per merito della musica originale di Enrico Melozzi, fine e intensa, Il viaggio di Kalibani è un'immersione in territori lontani dall'ordinario, anticonformisti e a tratti di difficile comprensione, ai quali la regia elegante di De Michele sa imprimere una direzione lirica.