Anno | 2012 |
Genere | Documentario |
Produzione | USA |
Regia di | Werner Herzog |
Tag | Da vedere 2012 |
MYmonetro | 3,25 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 29 luglio 2013
Dopo il successo di Into the Abyss , Werner Herzog approfondisce il tema dei condannati a morte delle prigioni statunitensi.
CONSIGLIATO SÌ
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Ideato prima del documentario Into The Abyss (che da quest'idea ha preso vita, come uno spin-off per il grande schermo) Death Row è una serie di 4 puntate girate per il canale televisivo Investigation Discovery, in cui Werner Herzog intervista condannati a morte per ricostruirne le storie.
Non c'è nessuna inchiesta dietro la ricostruzione herzoghiana, non c'è nessun tentativo di andare a fondo nei fatti, scoprire nuove piste o fornire spunti diversi da quelli che la cronaca giudiziaria ha messo a fuoco. L'obiettivo del regista tedesco non sono certo i fatti (non lo sono mai stati, in nessuno dei suoi documentari), quanto la grande verità che si nasconde dietro ciò che ha portato quegli uomini e quelle donne alla pena capitale. Pena che il regista non approva e lo dice chiaramente nella sigla che introduce ogni episodio: "Come straniero, ospite in questo paese, con rispetto dissento".
Eppure Death Row non è nemmeno un grande viaggio fatto con il fine di condannare la pena capitale, perchè i soggetti scelti alle volte sono palesemente colpevoli, alle volte reo confessi e in altre si professano innocenti. Herzog sembra voler rimestare nell'ordinarietà delle vite dei condannati, insistendo nel mostrare come momenti spesso per nulla clamorosi (fa eccezione il caso degli evasi), eventi come ne potrebbero capitare a tutti, nella loro vita abbiano portato ad atti così estremi da valergli la morte.
Con una messa in scena sobria, in cui il volto del regista non è mai previsto ma la sua voce (con il distintivo accento bavarese) è un tappeto che colma ogni inquadratura in cui non parlino gli intervistati e ogni immagine che mostra i luoghi o gli strumenti del delitto, Werner Herzog mette a fuoco altre figure della sua grande galleria di personaggi estremi. Le imprese folli e spesso inutili degli intervistati (alcuni hanno meritato la pena di morte per motivazioni incredibilmente stupide) li hanno fatti sprofondare in abissi non dissimili da quelli dei suoi antieroi classici.
Se si dovesse dire quale sia il grande pregio di questa produzione per la tv che ha la grammatica delle produzioni per il cinema, è quello di non lasciare mai, in nessun momento che la retorica dei discorsi dei condannati vinca sulla prospettiva del regista. Innumerevoli volte è infatti Herzog ad interrompere i racconti per ricordare ai condannati che quello che hanno fatto non è certo una buona azione e che se stanno dove stanno un motivo c'è. E anche quando l'intervista è solo il classico domanda e risposta, l'impressione è che nelle domande del regista, nel loro incedere e in quello che sottendono si nasconda più senso che nelle risposte che ricevono.
Werner Herzog è fondamentalmente un esploratore. Nella sua lunga filmografia ha ritratto luoghi estremi, personaggi in fuga, spazi poetici e apocalittici e maestose solitudini. Le quattro puntate monografiche di casi giudiziari in “Death row” sono raccontate con la solita distaccata partecipazione, ossimoro solo apparente per chi è avvezzo con il cinema “partecipato” [...] Vai alla recensione »
Arriva a Locarno la sera del tredici Agosto, facendo irruzione in sala mentre il pubblico sta ultimando la visione dei primi due episodi di Death Row, il suo ultimo lavoro sulla pena di morte. Non sembra giungere nella cittadina svizzera per ricevere il Pardo d'onore alla carriera, ma per donarsi e fare luce sui paradossi della sua cinematografia che rimane uno dei più grandi enigmi artistici degli ultimi cinquant'anni.