cavedano
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giovedì 3 novembre 2016
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bellissimo film
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Sicuramente uno dei migliori Film di Sorrentino e personalmente il mio preferito. La stroria si sviluppa sulla triste vita di Geremia (Giacomo RIzzo) usuraio di Latina e all'incontro con la bella figlia di un suo cliente la bella Laura Chiatti.Film Orginale che fa riflettere
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fabio1957
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venerdì 7 agosto 2015
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grande rizzo
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Ottimo film di Sorrentino, con un grande Giacomo Rizzo che dismessi provvisoriamente i panni del comico dimostra di saper fare l'attore a tutto tondo,interpretando un ruolo diverso dai soliti e sicuramente non nelle sue corde.Ma siccome è un grande, supera brillantemente la prova,regalandoci un personaggio indimenticabile,nel suo squallore,mellifluo,viscido,diabolico,perverso e solitario.I dialogi del film sono veramente straordinari."l'ultimo mio pensiero prima di morire sarà per te"ripetutto dall'usuraio alle sue vittime è una fase cult che resterà scolpita nella nostra memoria.
Grande
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lunedì 16 marzo 2015
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lynch e fellini raccontano esopo senza animali
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L'amico di famiglia è una favola nel vero senso del termine, una favola dove al posto degli animali ci sono le persone: la storia di Geremia, un usuraio avido, avaro e senza scrupoli, vittima delle sue stesse debolezze, deturpato dalla sua stessa trascuratezza. Una trama semplice e lineare, che si staglia su di uno scenario quasi metafisico, freddo e disumanizzato di architettura razionalista di Latina e Sabaudia con una fotografia degna dei lavori felliniani, che nel suo sviluppo riesce ad evidenziare le caratteristiche dei personaggi in una maniera incredibile: ed ecco che alla vivisezione psicologica del protagonista si aggiungono le figure della madre inferma che ne è il suo totem; il suo amico/tirapiedi Gino, un guitto aspirante cowboy sognatore nato nel posto sbagliato al momento sbagliato; e la bellissima Rosalba, il cui padre è un "cliente" di Geremia, al quale si rivolge per chiedere un prestito per il matrimonio di lei.
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L'amico di famiglia è una favola nel vero senso del termine, una favola dove al posto degli animali ci sono le persone: la storia di Geremia, un usuraio avido, avaro e senza scrupoli, vittima delle sue stesse debolezze, deturpato dalla sua stessa trascuratezza. Una trama semplice e lineare, che si staglia su di uno scenario quasi metafisico, freddo e disumanizzato di architettura razionalista di Latina e Sabaudia con una fotografia degna dei lavori felliniani, che nel suo sviluppo riesce ad evidenziare le caratteristiche dei personaggi in una maniera incredibile: ed ecco che alla vivisezione psicologica del protagonista si aggiungono le figure della madre inferma che ne è il suo totem; il suo amico/tirapiedi Gino, un guitto aspirante cowboy sognatore nato nel posto sbagliato al momento sbagliato; e la bellissima Rosalba, il cui padre è un "cliente" di Geremia, al quale si rivolge per chiedere un prestito per il matrimonio di lei. La caratterizzazione dei personaggi grottesca e lynchana, che sottolinea la contrapposizione bellezza e bruttezza, stagliata su di una scenografia secco e lineare, sono gli elementi chiave di un film che come Le conseguenze dell'amore scava negli abissi dell'animo umano tirando fuori un dramma esistenziale che lentamente si consuma in una tragedia: L'amico di famiglia è un film che ti disturba e ti commuove al tempo stesso, surreale e straziante, un film che è in grado di dover mettere in scena un dramma in un panorama onirico. Ed è veramente un peccato che sia tra i film più sottovalutati di Sorrentino, oscurati dal monolite fantasma de La grande bellezza.
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artis
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lunedì 26 gennaio 2015
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bello.ero una delle comparse.
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Ho fatto la comparsa in quel film a Latina,sul toro meccanico e ai tavoli del pub.Il film l'ho visto per caso ieri sera su Iris ma ho iniziato a vederlo solo dalla seconda parte dove io non c'ero.Lo comprerò poichè prima di morire vorrei vedermi anche se per poco...ahaha.Film intrigante comunque...e...vale il detto:chi troppo vuole nulla stringe!
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tyler durden 76
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martedì 9 dicembre 2014
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ennesimo capolavoro
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Era l'unico film di Sorrentino che non avevo ancora visto e con le conseguenze dell'amore e la grande bellezza questo è l'ennesimo capolavoro. Grandissimo Sorrentino!
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franco cesario
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mercoledì 15 ottobre 2014
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l'amico di famiglia
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Molto prima della “Grande Bellezza”, il regista napoletano Paolo Sorrentino ci ha donato un grande film sulla psiche umana: “L’amico di famiglia”.
In una non ben definita zona d’Italia vive un uomo, “zitello”, brutto, antipatico, grottescamente tirchio, con a carico una madre grassa ed immobilizzata a letto.
Una persona che sarebbe reietta in qualsiasi contesto ma non in questo caso: Geremia è un rinomato strozzino con un grande capitale alle spalle ed un vizietto nemmeno tanto nascosto.
Tale e tanta la sua sfrontatezza che si sente libero di entrare nelle decisioni delle famiglie a cui presta il denaro, sentendosi di diritto un amico di famiglia, l’unico modo che ha per essere ascoltato con reverenza e rispetto.
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Molto prima della “Grande Bellezza”, il regista napoletano Paolo Sorrentino ci ha donato un grande film sulla psiche umana: “L’amico di famiglia”.
In una non ben definita zona d’Italia vive un uomo, “zitello”, brutto, antipatico, grottescamente tirchio, con a carico una madre grassa ed immobilizzata a letto.
Una persona che sarebbe reietta in qualsiasi contesto ma non in questo caso: Geremia è un rinomato strozzino con un grande capitale alle spalle ed un vizietto nemmeno tanto nascosto.
Tale e tanta la sua sfrontatezza che si sente libero di entrare nelle decisioni delle famiglie a cui presta il denaro, sentendosi di diritto un amico di famiglia, l’unico modo che ha per essere ascoltato con reverenza e rispetto.
Il gioco dura, e per tanto tempo, fino all’arrivo dell’amore, che evidentemente anche un animale come lui può provare, per una giovane e spregiudicata ragazza bella ed eterea che, dopo il disprezzo iniziale, userà le armi della seduzione femminile per turlupinarlo.
Al di là della trama, ben sviluppata ad avvincente per quasi tutto il tempo, quello che convince del film del futuro premio Oscar partenopeo sono i dialoghi, serrati e sussurrati che presuppongono una grande conoscenza della vita e del suo caotico svolgimento.
Uno su tutti: Laura Chiatti, la femme fatale che imbriglierà Geremia, rimprovera al padre di voler spendere troppo per il suo matrimonio con un uomo di cui nemmeno è molto innamorata, il padre risponde che per troppo tempo ha dovuto sopportare umiliazioni per provvedere al suo sostentamento, cose di cui lei nemmeno è a conoscenza e che per una volta nella vita vuole “apparire”. Quanta conoscenza della vita, dei pensieri reconditi della piccola-media borghesia, addirittura delle migliaia delle cose pensate ma mai pronunciate da tutti i padri delle scorse generazioni!
Il finale un pò troppo rapido e anche un filino non credibile non rovinano un autentico capolavoro del nostro cinema contemporaneo, con un Giacomo Rizzo, nella parte di Geremia, sugli scudi, cattivo e fragile allo stesso tempo.
Un prodotto che fa bene al cinema italico troppo spesso imbrigliato dalle commediole stile americano con belloni di turno scarsamente dotati di talento artistico che ormai anche da noi stanno prendendo troppo piede.
francocesario.altervista.org
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albydrummer
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venerdì 7 marzo 2014
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rizzo davvero bravo
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Un film da rivedere,ottima la sceneggiatura e un talentuoso Giacomo Rizzo.
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liuk!
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mercoledì 15 gennaio 2014
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da rispolverare
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Con il successo de "La grande bellezza" di Sorrentino penso valga la pena rispolverare le opere meno recenti che hanno portato al capolavoro del 2013. L'amico di famiglia, ad esempio, é una pellicola piú dura e diretta dove la schifezza del genere umano viene accentuata ed esasperata la povertá d'animo. Questo viene reso in maniera molto diretta come uno schiaffo allo spettatore che sicuramente non passa inosservato.
Eccellente lavoro, drammaticamente grottesco, che merita un'attenta visione.
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shiningeyes
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domenica 1 dicembre 2013
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interessante e ci fa anche riflettere.
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Uno dei tratti rilevanti dei film di Paolo Sorrentino è quello si saper dare una precisa e curiosa caratterizzazione psicologica dei personaggi, i quali sono sempre interessanti, imprevedibili e bizzarri. Un esempio lampante è mostrato dal personaggio protagonista del film in questione: Geremia, strozzino di lunga esperienza e uomo di mondo, rappresenta i lati peggiori che si possono trovare in una persona; avidità, cinismo e viscidume sono la sua essenza. Quelli sono gli aspetti che si possono cogliere sin da subito, ma con l’avanzare della pellicola si scopre che in fondo Geremia è una persona triste e dall’animo eroso dai pregiudizi e il brutto trattamento avuto dalle persone della placida cittadina di Sabaudia, che colpevoli della loro cattiveria sono destinate a stare sotto l’usura temibile di Geremia, che in piccola parte tenta di essere caritatevole nei loro confronti solo per sentirsi dire che è una brava persona, anche se non è detto con sincerità.
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Uno dei tratti rilevanti dei film di Paolo Sorrentino è quello si saper dare una precisa e curiosa caratterizzazione psicologica dei personaggi, i quali sono sempre interessanti, imprevedibili e bizzarri. Un esempio lampante è mostrato dal personaggio protagonista del film in questione: Geremia, strozzino di lunga esperienza e uomo di mondo, rappresenta i lati peggiori che si possono trovare in una persona; avidità, cinismo e viscidume sono la sua essenza. Quelli sono gli aspetti che si possono cogliere sin da subito, ma con l’avanzare della pellicola si scopre che in fondo Geremia è una persona triste e dall’animo eroso dai pregiudizi e il brutto trattamento avuto dalle persone della placida cittadina di Sabaudia, che colpevoli della loro cattiveria sono destinate a stare sotto l’usura temibile di Geremia, che in piccola parte tenta di essere caritatevole nei loro confronti solo per sentirsi dire che è una brava persona, anche se non è detto con sincerità. Le cose per Geremia cambieranno con l’incontro della bella Rosalba che sarà il simbolo della purezza che mette in crisi la sporcizia d’animo dello strozzino.
Sorrentino inquadra perfettamente la solitudine e cattiveria di un uomo che è sempre stato bistratto, sia per carattere sia per aspetto – molto brutto esteticamente – che nel suo intimo vorrebbe avere un po’ di compagnia; Sorrentino è valido anche nel riprendere una situazione umana in netta decadenza come quella italiana, nella quale il sacrificio e i vecchi valori sono sottomessi ad arroganza e orgoglio che non può non farci riflettere. Sul lato tecnico c’è ben poco da dire, sennonché, che forse è il film dove ci stanno meno virtuosismi da ripresa, ma che ne denotano un’essenzialità fatta di riprese significative che possono spiegarci i sentimenti dei personaggi, che sono tra l’altro interpretati benissimo (a parte la solita scarsa Laura Chiatti) e che sono resi reali. Non siamo ancora ai fasti e qualità del “Divo” e della “Grande Bellezza”, ma in fatto di sceneggiatura e caratterizzazione della sua regia, ci siamo.
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angelo umana
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lunedì 21 ottobre 2013
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dàgli all'untore
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Variegata l’umanità che si rivolge a un usuraio per soddisfare desideri e bisogni. Un’anziana signora che spergiura di necessitare di soldi per un intervento chirurgico e poi se li gioca in una sala bingo, il figlio non riconosciuto di un nobile che vuole acquistare il titolo nobiliare per accreditarsi presso il Vaticano, una signora ancora piacente che vuole stare in ambienti mondani tra giovani e cocktail, una coppia giovane con bambina che vive al di sopra delle sue possibilità, una coppia matura che desidera un “bel matrimonio” con 200 invitati per la figlia Rosalba (Laura Chiatti), miss Agropontino, la quale considera insensato che il papà s’indebiti “per offrire un pranzo a degli sconosciuti” o “per il vestito bianco”.
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Variegata l’umanità che si rivolge a un usuraio per soddisfare desideri e bisogni. Un’anziana signora che spergiura di necessitare di soldi per un intervento chirurgico e poi se li gioca in una sala bingo, il figlio non riconosciuto di un nobile che vuole acquistare il titolo nobiliare per accreditarsi presso il Vaticano, una signora ancora piacente che vuole stare in ambienti mondani tra giovani e cocktail, una coppia giovane con bambina che vive al di sopra delle sue possibilità, una coppia matura che desidera un “bel matrimonio” con 200 invitati per la figlia Rosalba (Laura Chiatti), miss Agropontino, la quale considera insensato che il papà s’indebiti “per offrire un pranzo a degli sconosciuti” o “per il vestito bianco”. Il genitore si sentirebbe invece umiliato a non farlo e poco tempo dopo il matrimonio avrà bisogno di soldi ancora, per il funerale della moglie.
L’usuraio in questione è, se guardiamo il film come benpensanti, un untore da additare “al pubblico ludibrio”, Geremia de’ Geremei (un grandissimo Giacomo Rizzo): un essere abietto, rivoltante, un mentecatto, irascibile tirchio falso vendicativo logorroico … uno squalo, che però è ben conscio di eccellere nell’”arte della parola, la mia grande arma vincente di seduzione” (e di ricatto). E’ con l’arte della parola e del ricatto economico, condito con parole in apparenza affettuose, che convince le sue vittime di essere L’Amico di Famiglia, il Geremia dal cuore d’oro. Ambisce a godere della bellezza di giovani mogli e ragazze, a cui non arriverebbe mai (“Dio mi avrebbe fatto un po’ più aggraziato se avesse avuto fiducia in me”), per lui esse rappresentano “il paradiso”, che qualche volta sfiora. Ne gode proprio con la più bella, Rosalba, in cambio di una forte diminuzione degli interessi pretesi sul prestito ai genitori (“non confondere mai l’insolito con l’impossibile”). Lei dice di farlo perché “il coraggio è l’unica possibilità che abbiamo di cambiare le nostre vite quando non ci piacciono più. I rimpianti ci fanno morire tristi e soli”. Un paradiso altrimenti intravisto dalle persiane con sguardi alle membra di giocatrici di volley, al rallentatore, come la bellezza di palazzi e di paesaggi che Sorrentino mostra e che mostrerà ancora ne “La grande bellezza”. “Quello che cercate l’avete già trovato” gli dice una giovane moglie (Valentina Lodovini) quando accetta suo malgrado di fargli infilare la mano nella tasca dei suoi jeans aderenti.
Con il potere che il ricatto gli permette, compensa gli affetti mai avuti, il papà a cui vorrebbe assomigliare e con cui si sente in qualche modo in competizione, “tuo padre avrebbe potuto fare un’operazione del genere, tu no”,
gli dice la vecchia madre ammalata e “tu sarai il mio ospizio”. Geremia non lo vede da quando aveva nove anni. Compensare una vita in sé miserabile in una casa malandata e inospitale, con “l’Alka Seltzer cheha raggiunto costi proibitivi”, data la sua avarizia. Mitigare forse l’assoluta mancanza di amicizia, che apparentemente troverebbe in Gino, un Fabrizio Bentivoglio in versione country, sornione come al solito. Ma, quella dell’amicizia, “è un’eventualità alla quale non avevo mai pensato”, gli dice Geremia.
E’ un film-concentrato di miserie umane, perciò simile al più recente “La grande bellezza”. Entrambi sono popolati da cose belle e da maschere umane grottesche e inquietanti. Ambedue i personaggi protagonisti hanno nomi in qualche modo solenni e un mondo mediocre che gli si muove attorno. Sembrano persistere nello scivolare verso l’abiezione (la dissolutezza nel caso di Jep Gambardella), per ritornare infine verso il ricordo della loro fanciullezza, a ripulirsi o forse redimersi: Jep sognando la fidanzata e il mare dei suoi 18 anni e Geremia cercando monete sulla spiaggia col metal-detector, cosa che forse faceva col papà da bambino. Simile a quello contenuto ne “La migliore offerta” è poi il tema dell’uomo ormai anziano, senza attenzioni femminili, che rimane soggiogato e illuso da un amore improbabile per restarne infine tradito.
Come Geremia anche Jep pronuncia sentenze sagaci a ripetizione e senza pensarci su, sembrano entrambi degnarsi di spezzare e distribuire il pane della saggezza all’umile umanità che li attornia. Il nostro raccoglie ampio disprezzo pur di raggiungere la sua preda, la Miss Agropontino, a ciò solo è volta la sua rara disponibilità: “Come si diventa disperati come te?” gli chiede Rosalba quando ancora lo repelle con tutta sé stessa: “Trascorrendo un’infanzia felice”, le fa Geremia, memore del tempo in cui ha avuto accanto suo padre. Lei lo ha apostrofato con parole come “topo, presuntuoso, un niente, non sia indulgente con sé stesso, salvarla sarebbe un delitto”.
Perdoni l’eventuale lettore la lunghezza del racconto del film, una regia e sceneggiatura che si fanno fortemente ricordare, ci sommerge di brutture e bellezze assieme, complesso, ancora più avvolgente de La Grande Bellezza. Non manca un accenno a Fellini, a cui Sorrentino un po’ somiglia per la ricchezza di personaggi e di storie, di “squali” e figure mostruose (viene in mente, chissà perché, la pettoruta di Amarcord). Memorabile la frase con cui Geremia giustifica senza vergogna la sua “funzione pubblica”: “Siete tutti in affitto, il mondo vi è stato dato solo in prestito. Io vi presto il mondo quando ogni tanto lo perdete”. E le frasi che lui pronuncia in un immaginario dialogo col padre, ricordandole come suoi insegnamenti: “Ci siamo seduti dalla parte del torto perché tutti gli altri posti erano occupati, e va bene, ci siamo detti facciamo i cattivi perché i buoni muoiono bambini, e anche questo va bene, ma ci siamo solo dimenticati di dirci qual è il limite, perché c’è il limite, papà, ma io non lo conosco”.
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