Top Gear

Stanchi di limitarsi a sfogliare colpevolmente Quattroruote o commentare, fingendo un tono da esperti, un'auto con il cofano aperto? A risvegliare gli animi degli amanti dei motori ci pensa Top Gear, uno di quei prodigi che solo la BBC è in grado di regalare.

Lo humour è quello inconfondibilmente britannico, con una punta di cattiveria politicamente scorretta. La sensazione, costante, è quella di trovarsi in un pub frequentato solo da gradevoli eccentrici e mai da individui molesti e inutilmente logorroici.

I tre presentatori - Jeremy Clarkson, Richard Hammond, James May - corrispondono ad altrettante sfaccettature dell'uomo british, con un'ironia graffiante a fare da sfondo. Stunt mirabolanti, prove su strada dei veicoli più disparati, ospitate di star: tutto ciò che un amante dell'acciaio cromato possa desiderare. Ma è il "quarto uomo" uno dei segni che più ha contraddistinto negli anni la fortunatissima serie: perennemente in incognito, in tuta, mascherato da un casco e quasi sempre dietro il volante, non si tratta di un pilota qualsiasi, ma di The Stig. L'identità nascosta e il look da Daft Punk aiutano i conduttori a trasformare The Stig in leggenda, attribuendogli imprese incredibili. Ingredienti insoliti per un programma televisivo, ma il loro connubio manda gli inglesi, e non solo, in visibilio.

I numeri di Top Gear sono tali da spingere prima l'Australia e poi altri Paesi a produrre versioni autoctone del format. Almeno fino al 2015, anno del licenziamento di Clarkson e della successiva uscita di scena del resto del cast. Subentreranno gli attori Chris Evans e Matt LeBlanc, orientando diversamente il format. Per 24 stagioni Top Gear ha catalizzato l'interesse degli amanti dei motori e, in qualche caso, convertito chi in origine non lo era.