Zelig

Film 1983 | Commedia 79 min.

Anno1983
GenereCommedia
ProduzioneUSA
Durata79 minuti
Regia diWoody Allen
AttoriWoody Allen, Mia Farrow, Gale Hansen, Garrett M. Brown, John Rothman, Emma Campbell Ralph Bell, Richard Whiting, Paula Trueman, Jeanine Jackson, Robert Berger (II), Peter McRobbie, Deborah Rush, Mary Louise Wilson, John Buckwalter, Marvin Chatinover, Stanley Swerdlow, Paul Nevens, Howard Erskine, George Flamlin, Will Sussong, Robert Iglesia, Eli Resnick, Edward McPhillips, Sol Lomita, Alice Beardsley, Ed Lane, Marianne Tatum, Charles Denney, Michael Jeter, Patrick Horgan, Ken Chapin, John Doumanian, Ed Herlihy, Michael Kell, Sharon Ferrol, Richard Litt, Dimitri Vassilopoulos, Stephanie Farrow, Francis Beggins, Jean Trowbridge, Gerald Klein, Vincent Jerosa, Stanley Simmonds, Anion Marco, Louise Deitch, Bernice Dowis, Cole Palen, Pam Barber, Bernie Herold, Susan Sontag, Irving Howe, Saul Bellow, Bricktop, Bruno Bettelheim, John Morton Blum, Marshall Coles Sr., Ellen Garrison, Jack Cannon, Theodore R. Straits, Sherman Loud, Elizabeth Rothschild, Kuno Spunholz, Dwight Weist, Gordon Gould, Windy Craig, Jurgen Kuehn, George Hamlin, Will Hussong, Willy Holt.
TagDa vedere 1983
MYmonetro 3,86 su 6 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

Regia di Woody Allen. Un film Da vedere 1983 con Woody Allen, Mia Farrow, Gale Hansen, Garrett M. Brown, John Rothman, Emma Campbell. Cast completo Genere Commedia - USA, 1983, durata 79 minuti. - MYmonetro 3,86 su 6 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento lunedì 29 giugno 2009

La vita di Leonard Zelig detto il "camaleonte", campione di conformismo. Talmente conformista da assumere ogni volta sembianze, modi, anche profession... Il film ha ottenuto 2 candidature a Premi Oscar, ha vinto un premio ai David di Donatello, Il film è stato premiato al Festival di Venezia, 2 candidature a Golden Globes, In Italia al Box Office Zelig ha incassato 1,1 mila euro .

Consigliato assolutamente sì!
3,86/5
MYMOVIES 4,00
CRITICA
PUBBLICO 3,72
ASSOLUTAMENTE SÌ

La vita di Leonard Zelig detto il "camaleonte", campione di conformismo. Talmente conformista da assumere ogni volta sembianze, modi, anche professione simili a quelli dell'interlocutore del momento (diventa nero in mezzo ai neri, un medico in mezzo ai medici e così via). Di lui si prende cura una psichiatra che presto s'innamora... Satira al vetriolo di Allen che vince una bella scommessa tecnica (saldare senza apparente soluzione di continuità i brani di cinegiornale con quelli ricostruiti).

Giancarlo Zappoli

Prima parte
Dopo i ringraziamenti iniziali a personaggi che avranno un ruolo nel film, scorrono sullo schermo le immagini del classico "trionfo" all'americana riservato all'eroe del momento. Il protagonista è il personaggio di cui ci parlano Susan Sontag, Irving Howe e Saul Bellow: Leonard Zelig. Lo speaker ci informa sul clima di euforia che si respira nell'America della fine degli anni Trenta. Abile narratore di questo periodo storico è Francis Scott Fitzgerald il quale annota di aver incontrato a un party un aristocratico di modi e di linguaggio, nettamente schierato a favore dei repubblicani. Di lì a poco lo trova a fianco dei domestici mentre parla con il loro dialetto e sembra, in tutto e per tutto, appartenere al loro ceto. È Zelig la persona di cui scrive Fitzgerald; l'uomo che può diventare pellerossa con i pellerossa e cinese con i cinesi in quanto affetto da una misteriosa malattia di origine psicosomatica che ne muta l'aspetto a seconda del contesto in cui viene a trovarsi.
Zelig diventa un personaggio notissimo. I medici non riescono però a scoprire le cause delle sue mutazioni. Solo una psichiatra, la dottoressa Eudora Fletcher, decide di approfondire il caso e di affrontare il territorio dell'inconscio. Zelig le rivela allora di avere un enorme bisogno di riconoscimento sociale che si muta in un camaleontismo finalizzato all'essere accettato. Mentre nei locali più alla moda si balla la Chameleon Dance tutti hanno da dire la loro sul fenomeno. La sorellastra e il cognato lo fanno uscire, sotto la loro responsabilità, dall'ospedale psichiatrico e ne fanno un fenomeno da baraccone molto redditizio. La dottoressa Fletcher non può intervenire fino a quando il cognato non uccide la moglie e poi si suicida. Ora la dottoressa può attivare una vera serie di sedute di analisi di cui Bruno Bettelheim spiega la funzione. Zelig, dopo le difficoltà iniziali, migliora rapidamente ed Eudora, che in principio era interessata a lui come a un "caso" destinato a farla diventare famosa, se ne innamora. La loro decisione di sposarsi viene turbata dall'accusa lanciata nei confronti di Leonard di essere padre del figlio di un'attricetta. A questa fanno seguito imputazioni di ogni tipo. Zelig, assumendo molteplici personalità, ha vissuto molte vite ma la condanna che lo attende è una sola e pesante. L'uomo scompare ma Eudora non rinuncia a cercarlo e un giorno crede di vederlo in un cinegiornale sulle imprese del movimento nazista. La dottoressa raggiunge Berlino e lo trova a fianco di Hitler. A Zelig torna la memoria di chi veramente sia e i due debbono fuggire in aereo (su cui lui si trasforma in pilota) per sfuggire alle SS. Raggiunto il territorio americano con un volo transoceanico rovesciato, Zelig viene perdonato e acclamato come un eroe. Ora può finalmente sposare Eudora e sprofondare nell'anonimato.
'Dopo" è un avverbio di tempo che con il cinema assume un significato ambiguo. Si sarebbe infatti tentati di dire che "dopo" la riflessione sull'intima essenza del cinema e "dopo" il divertissement colto di Commedia sexy si giunge alla complessa analisi del linguaggio mediatico in Zelig. Come abbiamo già potuto rilevare, il film sull'uomo-camaleonte era già in gestazione (stesura del copione, ricerca di un primo materiale iconografico e organizzazione produttiva) mentre il primo veniva completato e il secondo si veniva sviluppando parallelamente. Ciò dà la misura della complessità dell'universo creativo alleniano e ci offre l'occasione per guardare con un occhio dis-incantato a Zelig. È sempre lo stesso uomo di cinema Allen colui che realizza tre opere stilisticamente e linguisticamente così differenti. Woody come Leonard dunque? Alla ricerca di una conferma da parte del pubblico e della critica e pertanto disposto a cambiare rapidamente pelle per poter conseguire approvazioni gratificanti? A proposito dell'accoglienza riservata a Interiors e della lettura delle recensioniha detto di recente: "Le ho sempre lette fino all'uscita del mio quarto o quinto film. Pensavo si dovesse fare, e poi dovevo trovare delle frasi da citare per la pubblicità, e così via. Ma poi cominciai a pensare che meno ne sapevo di quel che pensava la gente del mio lavoro e meglio stavo. Dovevo soltanto continuare a lavorare e a fare i film che volevo. E a farli uscire. Se alla gente piacevano, benissimo! Il fatto che qualcuno scriva "Questa è un'opera di genio!" non significa ch'io sia effettivamente un genio. E se un altro afferma che sono un idiota, questo non significa che io lo sia davvero. Non bisogna far caso a quel che dice la gente! (...) Quando porto a termine un film, per me è finito, addio. Ricordo quando ci fu la prima di Manhattan. Non ero neppure a New York. Il lato negativo di tutto questo è che non provi mai una sensazione di appagamento. Altre persone finiscono un film e, se questo film ha successo, leggono le recensioni e poi danno una festa. C'è una specie di sollievo. Per me, è come fare dei biscotti. Finisco un film e passo subito al successivo."
Questa volta la lettura in chiave anche solo parzialmente autobiografica del film non sembra avere un sufficiente fondamento. Anche se è evidente che Allen è Zelig così come tutti noi lo siamo nel momento in cui proviamo un forte bisogno di riconoscimento individuale o sociale.
Così come Leonard Zelig ("Il suo nome mi è scivolato dalla lingua mentre scrivevo") cambia personalità anche il film, come spesso accade, ha numerosi titoli provvisori fino a giungere al definitivo. Quello che a un certo punto sembrava il più quotato era The Cat's Pyjamas, un'espressione coniata negli anni Trenta per indicare qualcosa di veramente eccezionale. The Changing Man (che diventerà il titolo del "film" nel film') si troverà a confrontarsi con La crisi d'identità e la sua relazione con i disordini della personalità che sembra più il titolo di un saggio che di un film (e forse proprio per questo incuriosiva Allen).
... fine prima parte - continua ...

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Giancarlo Zappoli

Seconda parte
Zelig come riflessione sull'individuo nei rapporti con la società e sul potere dei mezzi di comunicazione, dunque. Allen decide di tornare alla forma linguisticamente più articolata di rapporto tra finzione e realtà. Chiunque si occupi di comunicazione audiovisiva sa con precisione che il "genere" documentario che pretende all'obiettività è in realtà frutto di continue scelte (di inquadratura, di montaggio, di colonna sonora) che ne mettono statutariamente in gioco la veridicità. Allen torna quindi a visitare questo territorio insidioso, come già aveva fatto all'inizio della propria attività con Prendi i soldi e scappa. La descrizione delle imprese di Virgil Stockwell seguiva apparentemente la stessa struttura narrativa. In realtà Zelig è un film concettualmente distante dal suo antesignano. Allen opera qui sui "segni" del documento mettendone a nudo la fragilità enunciativa. Ciò è evidente sin dalle scelte tecniche: "Ci procurammo vecchi obiettivi degli anni Venti, vecchie macchine da presa e vecchie apparecchiature per il sonoro. Cercammo di procurarci tutte le cose di quel tipo che ancora esistevano. E girammo usando esattamente lo stesso tipo di luci che usavano all'epoca. Usammo dei matte-shots. Facemmo degli effetti sfarfallio, cosicché il nostro film, come quelli vecchi, avesse una luce tremolante. E poi facemmo dei graffi sul negativo."
Allen elabora un metadiscorso estremamente raffinato sulla valenza comunicativa costruendo un falso documento che, con i toni della serietà argomentativa, mescola, sino a confonderli, il vero documento d'epoca, la falsificazione qualitativamente perfetta e l'intervista ad esponenti della cultura contemporanea che si prestano al ruolo di "testimonial" della veridicità di quanto mostrato. Susan Sontag, Saul Bellow, Bruno Bettelheim vengono coinvolti in questo gioco di rifrazioni distorte e vi si prestano coscientemente, consapevoli di divenire tessere di un puzzle estremamente rivelatore. Il fatto che Allen utilizzi uno dei media (il cinema) per realizzare questo saggio visuale estremamente critico sull'illusorio (ricordiamo la macchina di Commedia sexy?) è indice della consapevolezza dell'uso del mezzo. I ringraziamenti all'inizio della proiezione, le continue "conferme" ricercate attraverso la compresenza del protagonista con esponenti della vita culturale, politica e sociale del (verrebbe da scrivere "suo') tempo accrescono il procedimento di falsificazione, anticipando quello che Zemeckis porterà a compimento, grazie a una tecnologia estremamente sofisticata, in Forrest Gump. Ma l'intervento si articola su una molteplicità di livelli di approfondimento. Se lo spettatore sta assistendo a un documentario che non solo non è tale ma descrive, con prove circostanziate, le tappe della vita di una persona mai esistita, gli viene anche offerta un'ulteriore occasione di riflessione. Il susseguirsi di dichiarazioni, filmati di repertorio, spezzoni di cinegiornali d'epoca, registrazioni audio fa percepire in maniera quasi tattile l'enorme potere dei media. Quando vediamo immagini "private" della dottoressa Eudora Fletcher (cognome e nome sono quelli della "vera', terribile preside della scuola frequentata da Allen) non dobbiamo pensare a "errori" concettuali da parte del regista (come fa la macchina da presa ad essere presente?) ma, semmai, a forzature esplicite. La civiltà dell'immagine non è più disposta a lasciare nessuno spazio all'intimità. Tutto "deve" essere esibito. È proprio Zelig (il film e il personaggio) a smascherare questo statuto. Entrato nella stanza in cui la dottoressa (ancora attenta alle proprie possibilità di carriera) intende riprendere con il metodo candid camera le sedute di analisi, Leonard smonta l'artificio individuando immediatamente il luogo in cui l'operatore è nascosto. Il film mette in evidenza la "costruzione" del personaggio. Sono i media, con la stampa in ottima posizione in un'epoca in cui non c'era la televisione, che portano al proscenio l'uomo-camaleonte, ne conservano le vicende in prima pagina senza bisogno di apparenti sforzi (come ricordano i due anziani giornalisti) e che sono pronti a dimenticarsene fino a quando non si ripresenterà un'interessante occasione scandalistica. La sorellastra e il cognato non sono altro che una misera deformazione in sedicesimo, con le loro esibizioni da fiera e da cabaret dell' Elephant Man del momento, del ben più devastante baraccone mediatico. La loro fine è infatti da romanzo d'appendice ma trova ampio rilievo sui cosiddetti "mezzi d'informazione'.
In una società che si sta avviando sulla strada della massificazione (la memoria di Tempi moderni incombe su diverse inquadrature) Zelig non può che cercare il riconoscimento sociale annullando se stesso. Non è più l''essere tutto per tutti" che conta ma il divenire nulla illudendosi di essere qualcuno. In realtà l' everyman Leonard Zelig (descritto spesso facendo uso di scelte di inquadratura e di illuminazione proprie del cinema di Welles e, in particolare, di Quarto Potere che sembrerebbe il cinema più lontano da quello di Allen e a cui invece verrà dedicato un esplicito omaggio in Misterioso omicidio a Manhattan) non può che finire dritto tra le braccia della dittatura: È tra le file degli uomini più vicini a Hitler che Eudora Fletcher ('mutata" a sua volta dal camaleontico Leonard dalla condizione di scienziata interessata al successo a uno status di donna innamorata) ritroverà chi più le interessa. Sarà proprio il reincontrarsi a interrompere il ciclo delle trasformazioni restituendo ai due lo statuto di "persone'. Le scene da filmino amatoriale (ancora una volta e fino all'ultimo il "privato" che diventa pubblico) del matrimonio suggellano la vicenda ma il veleno sta nella coda. Le scritte che scorrono raccontandoci il "dopo" di quanto abbiamo visto (non ci sono più immagini, Zelig non è più un caso, non fa più vendere giornali, non fa più accorrere folle entusiaste) ci riportano alle origini della "malattia" psicosomatica del protagonista. Si era sentito a disagio quando si era trovato coinvolto in una conversazione in cui l'interlocutore parlava di Moby Dick, libro che lui non aveva letto, lacuna per la quale aveva provato vergogna. Il testo ci informa che "in punto di morte disse ai medici di aver avuto una bella vita: gli dispiaceva soltanto di non poter sapere come andava a finire Moby Dick. L'aveva appena cominciato a leggere." La caccia alla "balena" origine delle proprie frustrazioni ha con questo capitano Achab dei nostri giorni un esito meno traumatico ma, comunque, il ricordo del profondo disagio subìto non è stato definitivamente rimosso. Così come il tema della morte riaffiora, in modo quasi irresistibile, nel cinema di Allen.

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PUBBLICO
RECENSIONI DALLA PARTE DEL PUBBLICO
sabato 7 luglio 2012
fedeleto

Il personaggio di Woody Allen e' sempre bizarro,buffo,curioso,ma stavolta e' il caso di dirlo e' INCREDIBILE! Allen(stadust memories,manhattan,il dormiglione) mette in scena stavolta una pellicola originale e estremamente sperimentale.Siamo in pieni anni venti e Iniziando con interviste di personaggi che si presume abbiano conosciuto un noto personaggio di nome Zelig,che posside un potere,ovv [...] Vai alla recensione »

sabato 17 dicembre 2011
tiamaster

Woody allen è riconosciuto universalmente come il più grande umorista del ventesimo secolo,bhe zelig è una delle sue opere più alte assieme al'assoluto manhattan,ombre e nebbia,la rosa purpurea del cairo,harry a pezzi,basta che funzioni, e match point (che io ho odiato).L'idea di base è un colpo di genio a dir poco rivoluzionario:la biografia di un personaggio immaginario.

sabato 15 agosto 2015
Great Steven

ZELIG (USA, 1983) diretto da WOODY ALLEN. Interpretato da WOODY ALLEN, MIA FARROW, STEPHANIE FARROW, JOHN BUCKWALTER, MARVIN CHATINOVER, GARRET BROWN, GALE HANSEN Leonard Zelig (Allen) è un artista che sa adeguarsi ai cambiamenti della società ormai sulle orme della globalizzazione e in sempre più rapida evoluzione. La sua nevrotica insicurezza lo conduce ad imitare, fisicamente [...] Vai alla recensione »

mercoledì 30 novembre 2011
Francesco2

Woody Allen realizzò questo film (poco) più di dieci anni prima rispetto a “Forrest Gump”, opera sull’ ‘”Utile Idiota” come ingranaggio utile per la società, provvisto tra l’altro di intuizioni di cui gli altri non erano capaci. La differenza, però, è che rispetto a Forrest Zelig si adatta sempre alle situazioni in cui si trova, come fosse una metafora degli U.

venerdì 25 gennaio 2013
Leonard Moonlight

Avevo scritto una recensione, ma non so per quale motivo è sparita. Comunque uno dei migliori film di Allen.

lunedì 21 dicembre 2009
Luca Scialo

Idea geniale quella di costruire un finto documentario in bianco e nero per criticare la società americana, mangiatrice e veloce inghiottitrice di talenti; nonchè di criticare i familiari che si approfittano del talento o delle stranezze dei propri cari per spolparli e trarci dei ricavi... Tuttavia il film cade spesso nella lentezza e in tempi eccessivamente dilatati; irritanti i dialoghi lunghi non [...] Vai alla recensione »

martedì 20 giugno 2017
Onufrio

Una commedia girata in stile documentaristico, sfruttando immagini reali e storiche di repertorio a immagini montate ad hoc con dentro i personaggi di questo piccolo capolavoro firmato Woody Allen, uomo di raffinato umorismo che dimostra, qualora ce ne fosse stato bisogno, una capacità non indifferente dietro la macchina da presa, frutto ovviamente di un lavoro certosino di tutto lo staff  [...] Vai alla recensione »

venerdì 21 febbraio 2014
Simone Magli

Un personaggio che rappresenta il disperato bisogno di essere accettati, che maschera il disperato bisogno d'amore di molte persone. Una storia profonda, drammatica e piena di significato. Film decisamente riuscito.

Frasi
Mio fratello mi picchiava. Mia sorella picchiava lui. Mio padre picchiava mia sorella, mio fratello e me. Mia madre picchiava mio padre, mia sorella, me e mio fratello. I vicini picchiavano la mia famiglia. La gente dell'isolato picchiava i vicini e la nostra famiglia.
Una frase di Leonard Zelig (Woody Allen)
dal film Zelig
STAMPA
RECENSIONI DELLA CRITICA
Stefano Reggiani

Va lodato Woody Allen analista del grande Vizio del secolo (il conformismo) e va apprezzato l'Allen che fa la parodia allo stile televisivo. Zelig è un miracolo di piccoli equilibri, il migliore dei piccoli film che avrà il suo posto tra i grandi. Ma è anche una ragnatela che si scompone con un soffio. Chi è Zelig? Un fantasma, una bugia, un personaggio inventato, e insieme il più autentico dei fenomeni. [...] Vai alla recensione »

winner
miglior attore straniero
David di Donatello
1984
winner
premio pasinetti per il film
Festival di Venezia
1983
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