Anno | 2016 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Italia |
Durata | 89 minuti |
Regia di | Stefano Amatucci |
Attori | Luisa Amatucci, Isa Danieli, Helmi Dridi, Nadia Kibout, Mario Porfito, Gabriele Saurio . |
Uscita | sabato 26 maggio 2018 |
Tag | Da vedere 2016 |
Distribuzione | Moovioole |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,24 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 7 febbraio 2019
Caina aspetta i corpi annegati degli extracomunitari che dall'Africa cercano di arrivare in Italia e che il mare riversa sulla riva.
CONSIGLIATO SÌ
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Caina trascorre le notti in spiaggia dove svolge un lavoro particolare, è una trovacadaveri. Il suo compito è quello di recuperare i corpi annegati degli immigrati che dall'Africa cercano di arrivare in Italia e che il mare riversa sulla riva. I cadaveri arenati vengono, poi, dissolti nel cemento in un centro di smaltimento statale. Caina guadagna 15 euro lordi su ogni cadavere, per lei gli immigrati sono solo corpi senza umanità su cui guadagnare. In passato era una killer su commissione, specializzata nell'ammazzare gli extracomunitari. Uccideva con freddezza e agiva con disprezzo perché il suo è un animo violento, xenofobo, capace di un odio viscerale per tutto ciò che non appartiene alla sua lingua, alla sua razza, alla sua religione.
Caina incarna i luoghi comuni e le paure di chi non conosce l'Islam né le culture dell'Africa, e preferisce barricarsi nel razzismo piuttosto che provare a capire.
È una sorte di sacerdotessa della morte che dispensa la propria maledizione ai corpi abbandonati con cui a volte parla e che ogni tanto negli incubi sente parlare, lamentarsi delle loro paure, sofferenze, angosce e delusioni.
Nel frattempo anche un gruppo di immigrati irregolari, tra cui Nahiri, tunisino, per sopravvivere lavorano come trovacadaveri ma in modo illegale. Anche loro vanno in giro rubando dalle rive i cadaveri degli immigrati, vendendoli sottobanco al centro di smaltimento grazie alla connivenza della sua dirigente, l'anziana signora Ziviello, che opera nel malaffare. La signora Ziviello è una sorta di Eichmann al femminile, ma ancora più mediocre, che rende, attraverso la burocrazia, ordinario l'orrore, l'incredibile e la disperazione di chi muore. La merce è difficile da recuperare, così gli abusivi decidono di annegare a mare quelli che arrivano vivi. Nahiri non ci sta, abbandona il gruppo e decide di mettersi al servizio di Caina. Si annusano, diffidenti, come belve.
Unico film italiano in concorso al 20° POFF Tallin Black Night Film Festival, Caina è l'opera prima al cinema di Stefano Amatucci, liberamente tratta dall'omonimo romanzo (Fandango, 2009) di Davide Morganti. Il regista piuttosto noto per la sua carriera televisiva, in cui emergono titoli come Un posto al sole e La squadra, firma un lavoro coraggioso sull'orrore dell'immigrazione selvaggia e sull'orrore ancor più raccapricciante del razzismo di chi accoglie, e del business che se ne ricava.
Mantenendo la stessa ferocia, la stessa gratuita ostilità della protagonista del romanzo, la trasposizione cinematografica di Amatucci esalta la dimensione tragica dell'immigrazione sotto una luce surreale, lontana dal realismo della cronaca. Favola nera e spietata, Caina, dunque, è la rappresentazione da incubo del mostro in cui si è trasformata la società europea in un futuro non troppo lontano.
Attraverso il ritratto della trovacadaveri, interpretata da una straordinaria Luisa Amatucci, il regista condanna la paura, l'ignoranza e la disumanità che si nasconde dietro l'ipocrisia di chi accoglie i migranti. Caina è una donna che non dialoga, emana sentenze, vomita insulti xenofobi anche sul prete che predica amore e tolleranza, è una donna crudele troppo facile da odiare rischiando di rimanere un personaggio piatto. È una persona monolitica come il muro di cemento in cui i corpi dei profughi vengono dissolti. I muri di questa grande fortezza europea costruita sulla sottomissione del più debole, però, risuonano di una sofferenza universale, di un dolore atavico, lo stesso che tiene sveglia Caina di notte. Quello che tormenta Caina in fondo, però, è soltanto la solitudine e la paura di finire dall'altra parte, al posto del più debole, di chi non ha voce, rischiando anche lei di venir sciolta nel cemento.
In una messa in scena teatrale, la trovacadaveri come su un palcoscenico grida i suoi pregiudizi pieni d'odio contro Nahiri che invano cerca di spiegarle l'Islam, la mentalità dei migranti e l'umanità che accomuna entrambi senza distinzione. Nei dialoghi accuratamente scritti sentiamo, però, eccessivamente la voce del regista che affida agli attori le sue parole, i suoi pensieri, a volte sfiorando un certo didascalismo morale. Nel montaggio particolarmente veloce di Paco Centomani, che vuole mostrarci l'incubo senza soffermarsi troppo, chiedendoci infine di svegliarci, colpisce la fotografia di Roberta Allegrini e Rocco Marra annerita dalla disperazione di chi vive come se fosse già morto. In una luce crepuscolare si delineano i corpi sulla sabbia, nel bagliore argenteo delle notti insonni si muove una contemporanea Caronte dall'accento campano e gli occhi gelidi. Le note della Laudes Creaturarum di Vito Ranucci coprono le urla, la disperazione, la disumanità che lentamente affondano tra le onde spumeggianti di un Mediterraneo, teatro dell'orrore.