The Resurrection

Con 10 milioni di dollari di budget e oltre 4 anni di lavorazione necessaria, l'opera si presenta come la più imponente e costosa produzione coreana mai realizzata e come uno dei più colorati e rovinosi fiaschi di sempre al boxoffice. Mixare la favola della piccola fiammiferaia con la realtà virtuale è un'idea in effetti quantomeno bizzarra, ma a Jang Sun Woo certo non manca il coraggio. Il titolo pretende allo stesso tempo di intrattenere e sperimentare, il tutto in un contesto filosofico cyber-taoista.
Joo, fattorino di un ristorante e abbastanza sfigatello, passa tutto il suo tempo libero in una sala giochi e ripone tutte le proprie speranze di gloria nel sogno di diventare un gamer professionista. Presentataglisi l'opportunità di partecipare ad uno strano gioco virtuale (chiamato "The Resurrection"...), senza pensarci due volte si tufferà letteralmente dentro un'avventura ludica che non assicura il ritorno alla vita reale.
La trama, qui semplificata all'osso, ha il suo vero start quando il protagonista comincia il folle gioco il cui scopo consiste nel far innamorare di sé la piccola fiammiferaia assicurandosi però che muoia per congelamento(!), come nella favola. Rimandi visivi e concettuali al primo Matrix in un titolo che unisce icone videoludiche (Lara Croft in primis) a tentativi di profonda astrazione filosofica, spesso abbastanza forzati e poco efficaci proprio perchè tangibilmente identificabili. La forza del regista traspare in modo tacito nell'evidenziare il disorientamento totale di alcune realtà giovanili odierne ed è innegabile la potenza espressiva di alcune folli sequenze accompagnate da musiche improbabili (leggasi fiammiferaie vendicative e smitraglianti più Ave Maria di Schubert). Eventi "da videogioco" stridono accanto ad eventi altrettanto assurdi ma ben radicati nella realtà ad evidenziare gravi tematiche tramite accostamenti agrodolci. Lo spettatore, incuriosito in principio, giungerà a metà film in uno stato di disorientamento, misto di euforia e interdizione. Nelle due lunghe ore di proiezione accadrà veramente di tutto e gradualmente la carne al fuoco diventerà veramente troppa, in un delirio narrativo cyber-simbolistico-tao-barocco privo di ogni freno, nel bene e nel male. Buoni propositi, in parte ben concretizzati, ma decisamente troppi, troppi, troppi, fuochi artificiali. Un manifesto del post-modernismo a metà tra genialata e mattonata. 