Titolo originale | The Playlist |
Anno | 2022 |
Genere | Biografico |
Produzione | Svezia |
Regia di | Per-Olav Sørensen, Hallgrim Haug |
Attori | Edvin Endre, Gizem Erdogan, Christian Hillborg, Ulf Stenberg, Severija Janusauskaite Ella Rappich, Joel Lützow, Jonatan Bökman, Janice Kavander, Lucas Serby. |
MYmonetro | Valutazione: 3,00 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento martedì 18 ottobre 2022
Un imprenditore svedese e i suoi soci decidono di rivoluzionare il settore della musica con una piattaforma di streaming legale.
CONSIGLIATO SÌ
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Daniel Ek è un programmatore di scarso successo, rifiutato da Google per insufficienti titoli di studio. Dopo aver ideato un sito che aumenta gli introiti pubblicitari, riesce a ottenere dall'eccentrico Martin Lorentzon un finanziamento per il suo progetto più ambizioso, una piattaforma legale per ascoltare gratis la musica in streaming, Spotify.
A una a una, tutte le startup di successo che hanno rivoluzionato il mercato sono oggetto di un adattamento, sospeso - a seconda dei casi - tra biografia, celebrazione o critica.
Dopo WeWork, immortalata in WeCrashed, e Uber, in Super Pumped, senza dimenticare Facebook nel film che rimane il capostipite e modello inarrivabile del particolare sottogenere, The Social Network, ora tocca a Spotify e al suo fondatore Daniel Ek, in una serie prodotta in Svezia, patria della piattaforma di streaming.
Quando è Netflix, una delle più famose OTT (over-the-top media services), a mediare il messaggio su un fenomeno similare, scatta quasi d'obbligo il quesito: perché una piattaforma che ha rivoluzionato e sconvolto il mercato deve raccontarci di un soggetto analogo? Potrà essere oggettiva ed eventualmente critica fino in fondo?
Il primo episodio della serie parrebbe dar ragione agli scettici, con un racconto da american dream: la classica storia di riscatto individuale, con la nullità che si trasforma in mogul capitalista. Se si trattasse di una serie americana, con ogni probabilità, ci fermeremmo qui, ma The Playlist conclude la parabola di Ek con la smentita di un personaggio sui fatti narrati sin qui. E così via, in una reazione a catena che in sei episodi dà spazio alla versione del Visionario, dell'Industria, della Legge, del Programmatore, del Socio e infine dell'Artista. L'inevitabile ripetizione di alcune scene clou - come l'incontro tra Ek e il discografico Per Sundin - è quindi osservata più volte da una prospettiva sempre differente, sia metaforicamente che in senso stretto, con la macchina da presa collocata in un punto alternativo. Notevole il secondo episodio, che ricrea il contesto in cui il mondo è cambiato, con il ridimensionamento dell'industria discografica sotto i colpi di Pirate Bay e l'esplosione di Spotify, normalizzatore del concetto di "musica gratis", che sfrutta le macerie lasciate dalla pirateria per erigere il palazzo del nuovo status quo della distribuzione musicale.
È così per molte rivoluzioni in fondo: al giacobinismo segue sempre un Termidoro, a una Tangentopoli una Seconda Repubblica. Attraversando alcuni episodi più canonici, che rischiano di trasformare il dispositivo in routine, si giunge all'epilogo: e il (parziale) coraggio di The Playlist sta nel lasciare l'ultima parola alla categoria che più ha sofferto il traumatico passaggio di consegne dalla musica analogica e tattile a quella digitale e impalpabile.
L'Artista in questione, la giovane Bobbi T, svela il rovescio della medaglia che si nasconde sotto le performance inarrivabili di Spotify e come la sorte di ogni "rivoluzione" tecnologica sia quella di colpire duramente alcuni settori professionali, con una particolare predilezione per chi vive della propria creatività.
Resta però solo sfiorato più che approfondito un tema urticante al pari dello sfruttamento degli artisti: l'utilizzo dei dati degli utenti per migliorare e rendere più accattivante Spotify, proprio grazie al meccanismo delle playlist - selezioni personalizzate di brani di artisti eterogenei - che danno il titolo alla serie. È qui che il prodotto "gratuito" rivela la sua natura, ossia che "Se il prodotto è gratis vuol dire che il prodotto sei tu", per dirla con Jaron Lanier. Per una serie che transita da Netflix, significa già molto in termini di coscienza sociale. Notevoli alcune caratterizzazioni, per un prodotto che ha il dono dell'intrattenimento informativo e il merito di non ridursi a mera celebrazione.