Titolo originale | Domangchin yeoja |
Anno | 2020 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Corea del sud |
Durata | 77 minuti |
Regia di | Hong Sang-soo |
Attori | Kim Min-hee, Seo Younghwa, Eun-mi Lee, Young-hwa Seo, Song Seon-mi Kwon Hae-Hyo, Sae-Byuk Kim, Sung-guk Ha, Seok-ho Shin. |
Tag | Da vedere 2020 |
MYmonetro | 2,91 su 12 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 25 febbraio 2020
Una ragazza rincontra i suoi amici ma non tutto sembra andare bene. Il film è stato premiato al Festival di Berlino,
CONSIGLIATO SÌ
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Alla periferia di Seoul, Gamhee fa visita ad alcune amiche approfittando del viaggio d'affari del marito, da cui non si è staccata per un attimo negli ultimi cinque anni. Tre diversi incontri, qualcuno organizzato e qualcuno fortuito, con tre amiche. La prima è Youngsoon, divorziata di recente, per un barbecue. La seconda è Suyoung, insegnante di pilates da poco trasferitasi in un nuovo appartamento. Infine Woojin, che ha delle scuse da offrire a Gamhee.
Che sia per il numero di film realizzati o per l'alto grado di interconnessione tra i vari titoli, Hong Sang-soo è un regista che respinge la concezione dell'opera singola, una presenza che non inizia e non finisce, che è in qualche modo sempre lì, con il piacere discreto delle sue micro-storie.
Come la protagonista dell'ultimo The woman who ran, mostrata in conversazione in tre diverse vignette, in due case e in un bar: un caleidoscopio di dettagli personali e suggestioni da cogliere uno a uno, sulle frequenze che gli appassionati dell'autore coreano sanno bene come ascoltare.
Essendo il film tutto al femminile, la consueta autoironia del regista sulla sua reputazione e sul suo modo di essere è relegata al fuoricampo, accennata in osservazioni su ex-mariti e forse rintracciabile sulle schiene senza volto di ogni uomo che appare nel film - tutti, peraltro, elementi di disturbo, ospiti alla porta, oppure pieghe del passato. Forse è da loro che la forte presenza di dispositivi di registrazione e sorveglianza deve difendere. "Se ripeti sempre la stessa cosa, come può essere sincera?" fa chiedere il regista all'imprescindibile Kim Min-hee, costringendo gli spettatori a ridere bonariamente di loro stessi e del gusto che traggono dai suoi film.
La donna che scappa è una variazione di ogni personaggio sulla scena, anche se è quella che più insiste di non aver nulla da cui scappare - la protagonista - a lasciare intravedere un mondo ulteriore. "Gli innamorati devono stare insieme" gli ripete sempre il marito, ma Gamhee scopre molto di se stessa durante la sua assenza. Kim Min-hee è ormai oltre la comprensione totale di come abitare questi personaggi, e offre una performance di cristallina, trascendente naturalezza.
Come sempre, c'è poi della magica complessità appena sotto la superficie di un cinema così rilassato e all'apparenza spontaneo; la si nota nei ritmi delle conversazioni, fatte di rimpalli e di sottotesti che alludono a questioni di classe, identità, presentazione del sé. E lo si apprezza soprattutto nella perfezione di un gatto che appare in coda a un piano sequenza, e che la macchina da presa va a cercare con uno dei tipici zoom di Hong. Il gatto si prende la scena e forse il film, con il tipo di gesti che non si possono addestrare e che, eppure, succedono.
La traduzione italiana è sbagliata. Non so il Coreano, ma l'errore mi da lo spunto di confermare che Gambee, la protagonista, non corre più, intrappolatra com'è in un matrimonio dove la legge la detta il marito. Lei ci sta perché subisce questo legame stretto che chiama Amore. Nel primo week end libero dopo cinque anni, va a trovare due amiche del passato.
L'Asian Film Festival di questa edizione ha portato in Italia l'Orso d'argento per la Miglior Regia alla Berlinale 2020. The woman who ran di Hong Sang-soo è l'ennesimo piccolo capolavoro del regista sudcoreano. Galleggiamo dentro un mosaico femminile intimo e complice, dove l'uomo è sempre più marginale, disturbatore, perturbante, inutile. Gam-hee (la meravigliosa Kim Min-hee) approfitta del viaggio [...] Vai alla recensione »
Si pronuncia il nome di Hong Sangsoo e gli occhi si alzano al cielo come per dire "Ancora!?!", Proprio come accadeva con i film di Eric Rohmer, per dire, quando ancora venivano distribuiti in Italia. E invece il regista sudcoreano continua non solo a non essere prevedibile, ma quasi impercettibilmente a spostare i tasselli del suo universo con la grazia e la precisione di un amanuense, seguitando a [...] Vai alla recensione »
È un film di rimozioni The Woman Who Ran, il nuovo capitolo della filmografia di Hong Sang-soo (Orso d'argento per la miglior regia alla Berlinale 70). A iniziare dal titolo, che spiazza la definizione della protagonista, Gamhee (la solita Kim Minhee, straordinariamente impalpabile), proiettandola in una dimensione che è diversa da quella che lei offre di sé alle amiche cui fa visita.
Un film sulle donne che parlano degli uomini. The Woman Who Ran di Hong Sangsoo è un film piccolo e silenzioso, e per questo tanto più prezioso e uno dei momenti più ispirati e felici del concorso di questa Berlinale. Anche in questa storia di Hong si beve un po' di alcool. Il regista coreano, un ospite regolare alla Berlinale dalla fine degli anni '90, è noto per instillare soju, la bevanda alcolica [...] Vai alla recensione »
Da quando si è sposata, cinque anni prima, Gamhee non ha quasi più visto nessuno, è sempre insieme al marito, lui sostiene che quando due si amano non devono lasciarsi mai. Ora però è accaduto: l'uomo, traduttore e professore d'inglese è in viaggio per lavoro, così la giovane donna torna un po' al suo passato, ritrova le amiche, una ha divorziato da poco, un'altra vive da sola, un'altra ancora ha [...] Vai alla recensione »
In occasione di un viaggio d'affari del marito, da cui non si separa mai (perché "le persone che si amano stanno sempre insieme", dice lui), Gamhee fa visita a due amiche in provincia e ne incontra una terza per caso in un cinema a Seoul. In apparenza è la solita formula di Hong: le lunghe inquadrature, le zoomate improvvise, l'esile intreccio di ripetizioni e variazioni, la possibilità di altre esistenze. [...] Vai alla recensione »
2013, 2017 e 2020. Per la terza volta siamo a recensire un film di Hong Sangsoo. Nel 2017 riprendemmo buona parte della recensione del 2013, ricordando ai lettori alcune caratteristiche della sua produzione che da allora erano rimaste invariate. Lo rifaremo anche questa volta, aggiungendo fin da adesso che il film ci è parso più divertente e più interessante degli altri due che avevamo avuto occasione [...] Vai alla recensione »
Dopo anni Jia Zhang-ke torna al documentario, una delle radici profonde della sua opera, e lo fa per anche raccontare la sua nuova invenzione. Dopo il festival del cinema di Pingyao, un festival di letteratura a Lüliang, proprio lì dove c'era il villaggio della famiglia Jia, nello Shanxi. L'ennesima scommessa di un autore che sta provando a trasformare il tessuto materiale di una comunità attraverso [...] Vai alla recensione »
Mentre suo marito è in viaggio d'affari, Gamhee incontra tre sue amiche. Visita le prime due nelle loro case e incontra la terza per caso, negli uffici di una società di produzione cinematografica, dove si reca a visionare un film in una saletta. Non potrebbe cominciare un anno di festival cinematografici senza Hong Sangsoo che presenta alla 70 Berlinale, in concorso, il suo primo film del 2020, [...] Vai alla recensione »
Gamhee, mentre il marito è in viaggio d'affari e dal quale non si è praticamente mai separata nei 5 anni di matrimonio, va a incontrare tre sue amiche nei dintorni di Seul. Il cinema rarefatto di Hong Sangsoo, dove si parla del quotidiano parlando dell'universale, è una serie minimalista di quadretti, dai toni leggeri e caustici, tutti al femminile (i pochi uomini o rimangono fuori dalla porta o destano [...] Vai alla recensione »
Non è facile scrivere di un film di Hong Sang-soo, dato che si tratta di opere talmente fragili che qualche parola di troppo rischierebbe di danneggiarle. Come spesso capita nell'arte contemporanea, ci si muove su tracciati quasi invisibili, che richiedono un piccolo sforzo di comprensione allo spettatore, ma non certo a causa delle trame o dei dialoghi troppo complicati (a quello ci pensa Nolan). Vai alla recensione »