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Luchino Visconti

Luchino Visconti (Luchino Visconti di Modrone) è un attore italiano, regista, produttore, scrittore, sceneggiatore, assistente alla regia, è nato il 2 novembre 1906 a Milano (Italia) ed è morto il 17 marzo 1976 all'età di 69 anni a Roma (Italia).
Nel 1975 ha ricevuto il premio come miglior regia al Nastri d'Argento per il film Gruppo di famiglia in un interno. Dal 1961 al 1975 Luchino Visconti ha vinto 7 premi: David di Donatello (1971, 1973), Nastri d'Argento (1961, 1970, 1972, 1975).

Raffinato maestro di cinema

A cura di Daniele Di Ubaldo

Ci sono diverse anime che convivono in Visconti (1906-1976). Di famiglia aristocratica milanese, si avvicina al cinema in Francia, accanto a Jean Renoir e al suo entourage composto da membri del Partito Comunista Francese. Questa combinazione tra educazione aristocratica e marxismo, si ripresenta anche al suo ritorno in Italia quando entra in contatto con l'antifascismo dei redattori della rivista "Cinema".
Questi precedenti, insieme all'aspirazione a recuperare gli insegnamenti del verismo - Verga in particolare - spiegano l'apparizione nel 1943 del primo film di Visconti, Ossessione, destinato a rivoluzionare l'intero cinema italiano e ad aprire la strada al Neorealismo, sebbene Visconti abbia avuto scarsi rapporti col movimento, di cui condivise le intenzioni teoriche, concretizzandole però in forme stilistiche e moduli espressivi personali, in cui i grandi narratori realisti dell'Ottocento - Stendhal, Balzac, Dostoewskij - fino a Proust e a Mann, costituivano la fonte d'ispirazione privilegiata. Ecco perché tra l'istintiva sperimentazione di Rossellini e il "pedinamento" zavattiniano di De Sica (Neorealismo ) da una parte, e Visconti dall'altra c'è un abisso, costituito dalla cultura che sostiene ogni sequenza.
Si consideri, ad esempio, La terra trema (1948) che, liberamente ispirato a "I Malavoglia" di Verga, rappresenta la prova maggiormente realistica di Visconti. É tale il suo servirsi di attori non professionisti che fa recitare conservando la lingua dialettale. Ma se si osserva la maniera rigorosa con cui li fa muovere, lo studio minuzioso con cui vengono preparate le inquadrature, ci si rende conto che questi poveri pescatori diventano, come li definì Bazin, gli eroi di un'opera lirica, incapaci di suscitare nel pubblico la familiarità di altri personaggi del neorealismo. E questo a causa della perfezione, di una pulizia estetica che non trascura nessun particolare. Una sequenza indicativa: la quiete dopo la tempesta, all'alba, con le donne che attendono sugli scogli, dritte come il loro sguardo a scrutare il mare che minaccioso fa da cornice al cielo, ancora pieno di nuvole e di cattivi presagi. É la rappresentazione realistica ed esteticamente perfetta della disillusione. Quella che coglie una famiglia di pescatori di Aci Trezza che, dopo aver deciso di emanciparsi per non soggiacere più allo sfruttamento dei grossisti, conoscono la sconfitta e l'umiliazione di dover tornare da loro a chiedere l'assunzione. La struttura del racconto parte dall'opera verghiana, ma al determismo dello scrittore, che motivava la miseria come conseguenza di leggi economiche immutabili, Visconti aggiunge un elemento dinamico, costituito dalla dialettica marxiana della lotta di classe. Il pessimismo del romanzo, così, viene giustificato dall'impossibilità di una rivolta individuale, mentre dall'altra parte viene fatta sentire la necessità di un'azione collettiva.
Questa maniera di interpretare le tematiche neorealistiche diverrà manifesta quando Visconti si servirà finanche degli strumenti di cui si erano avvalsi Rossellini e De Sica: Bellissima (1951) è basato su una sceneggiatura di Zavattini e presenta come interprete Anna Magnani, nel ruolo di una mamma che sogna per la figlia un avvenire nel mondo del cinema, mentre scopre invece che questo è fatto di falsità e corruzione. Il film presenta caratteri e ambienti realistici, ma rappresentati con sguardo distaccato che non concede nulla al sentimentalismo o alla facile tipizzazione. Anzi, Bellissima appare per molti versi un atto d'accusa, se non verso il neorealismo, quantomeno nei confronti dei suoi metodi, dei miti che ha creato nelle gente comune. Per il personaggio del film e per tanti italiani in quegli anni, il cinema rappresenta la risorsa dell'immaginario capace di alleviare gli stenti di una vita misera.
Col successivo Senso (1954), tratto da una novella di Camillo Boito, Visconti si libera del neorealismo per dare sfogo alle proprie esigenze visive e intellettuali. La struttura narrativa adesso attinge completamente al romanzo borghese, e anche il retroterra figurativo del melodramma, da sempre presente nella sua opera, raggiunge una dimensione compiuta. Il film, ambientato nel 1866, disegna un quadro di un'aristocrazia di bassi valori e dubbia morale, che contrasta con l'esaltazione del Risorgimento - che Visconti riscostruisce secondo l'interpretazione di Gramsci - di cui vengono messi in evidenza le contraddizioni di classe che lo hanno connotato.
Notti bianche (1957) chiarisce ulteriormente questa seconda fase del regista, caratterizzata da un'attenta analisi dell'animo umano, in questo caso quello di un insignificante borghese che vive un'illusione amorosa. É un personaggio che diverrà tipico nella filmografia di Visconti postneorealista, quando cioè la sua attenzione si indirizzerà verso nobili decaduti, per mostrarne la fase discendente, il declino morale e i falsi sostegni su cui cercano di appoggiarsi.
Il retroterra di questa indagine lo trova in Dostoevskij che ispirerà anche, in un contesto diverso, Rocco e i suoi fratelli (lo stesso Visconti ha dichiarato che il personaggio di Rocco è costruito seguendo "L'idiota"). In questo film, infatti, i protagonisti sono i membri di una famiglia meridionale arrivata a Milano unita intorno alla madre, che il regista segue nella fase della disgregazione, causata dal contatto con la civiltà industriale.
Ma è solo una parentesi. Tre anni più tardi, nel 1963, Visconti torna in Sicilia per adattare Il Gattopardo di Tomasi da Lampedusa, per concentrarsi sul momento che conduce al declimo una nobile famiglia. Il film appare molto decorativo, coerente cioè con un'inclinazione del regista, nella fase conclusiva della sua carriera, il quale ricerca la trasposizione elegante, la tecnica sapiente, l'estetica impeccabile. É segnato da questa logica anche Vaghe stelle dell'orsa (1965) che, nonostante la raffinatezza formale, o proprio per questo, non riesce ad appassionare. Esito peggiore ha Lo straniero, tratto dall'omonimo romanzo di Camus.
Nel 1969 Visconti inizia la trilogia tedesca nella quale indaga le contraddizioni che hanno lacerato la psicologia teutonica e trova comuni esiti nelle sconfitte che si abbattono sui suoi personaggi. Un parallelo sostenuto da riferimenti culturali germanici di ogni tipo. Sono potenti industriali messi in crisi dal nazismo quelli de La caduta degli dei; è un compositore prossimo alla morte, colpito dalla bellezza di un quindicenne, il protagonista di Morte a Venezia (1971); c'è un re pazzo e romantico nel quale il regista trova compiaciuta identificazione al centro di Ludwig (1973).
Una trombosi terrà Visconti lontano dal set. Quando tornerà a lavorare si muoverà alla ricerca delle proprie origini culturali, verso la memoria di qualcosa che ormai sente lontano. Gruppo di famiglia in un interno (1974) vede un vecchio intellettuale che continua a rimanere legato alla vita, malgrado il presente non gli appartenga più. Sebbene Visconti si sforzi di avvicinarsi criticamente ai fenomeni sociali contemporanei per trovarne letture personali: emblematico il confronto che instaura fra l'anziano protagonista e un giovane movimentista del '68, per scoprire che in fondo quest'ultimo non è che un'immagine riflessa del primo.
Sono poi le ultime riflessioni sul suo mondo che Visconti porta a termine: morirà due anni più tardi durante il doppiaggio de L'innocente (1976) tratto dal romanzo di D'Annunzio.

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