FERNALDO DI GIAMMATTEO
Un patriarca del cinema, abile, di ingenuità disarmante, generoso, preciso in ogni ricerca (la tecnica visiva gli deve molto, dall'uso dei grandangoli ai carrelli, al montaggio). Un vero americano. Capace di tutti i deliri, di tutti gli errori, ma in grado anche, quando il rigore narrativo lo aiuta, di realizzare capolavori che sono rimasti nella storia del cinema: l'antimilitarista, accoratamente romantico e seriamente polemico (nelle situazioni, nei personaggi sgradevoli, nella ideologia
umanitaria) La grande parata (1925); il ritratto della solitudine e della infelicità delle classi medie nella città ostile La folla (1928), che costituisce una delle analisi sociologiche più sconvolgenti prodotte dal cinema; il tentativo, solo parzialmente riuscita, di abbinare folclore, antropologia e sentimenti elementari in un dramma sui negri delle piantagioni di cotone (Alleluia! , 1929, primo film sonoro del regista); il melodramma II campione (1931), storia di un pugile fallito, talvolta sopra le righe in una interpretazione peraltro efficace di Wallace Beery; la patetica e avventurosa storia di un gruppo di diseredati, per effetto della Depressione, che tentano di ricostruirsi una vita nelle campagne del Middle West, Nostro pane quotidiano (1934).
La filosofia dell'uomo comune che si fa strada nella vita con le sole sue forze è alla base di tutti i film migliori di questo americano democratico. Se non lo sorregge un profondo interesse per il tema trattato, e se deve sottostare alle esigenze dell'industria (negli anni '30 e '40 particolarmente arcigna quando sono in gioco i profitti), si disimpegna con onore in certe fortunate occasioni - ad esempio La cittadella, 1938, da Cronin, o Passaggio a Nord Ovest (1940), - si abbandona in altre al melodramma più bieco (Duello al sole, 1947), si fa travolgere dalla pressione del divismo (per La fonte meravigliosa, 1949, biografia demenziale di Frank L. Wright, è ostaggio di Gary Cooper), o al massimo regola le operazioni con accuratezza (Guerra e pace, 1956). L'insuccesso clamoroso di Salomone e la regina di Saba (1959) lo taglia fuori dal cinema, lui che, figlio di un commerciante di legname, aveva cominciato giovanissimo a pasticciare nei nickelodeon e poi fra i cineamatori.
Fernaldo di Giammatteo, Dizionario del cinema. Cento grandi registi,
Roma, Newton Compton, 1995