L’etichetta che gli è stata appiccicata ormai da molti anni è quella di regista più controverso d’America. Controverso perché i suoi film suscitano sempre discussioni, dispiaceri, dibattiti, irritazioni. Controvertibile perché in effetti il suo trattamento della Storia, con la S maiuscola, di cui è uno dei pochi cultori nel panorama cinematografico americano, lo candida anche a esse-re attaccato per i suoi metodi a volte disinvolti, sempre molto personali, di presentare avvenimenti che elabora con la passione di chi è convinto di poter comunicare facilmente al grande pubblico sui massimi temi.
Il Figlio di un agente di cambio ebreo e di una signora francese, Oliver Stone ha studiato a Yale (senza finire i suoi corsi), ha insegnato a Saigon, e si è arruolato nella Venticinquesima divisione di fanteria in Vietnam, conquistandosi una stella di bronzo e un Purple Heart.
Ha studiato cinema con Martin Scorsese alla New York University, cominciando quindi a scrivere sceneggiature: per Fuga di mezzanotte (1977), con cui ha vinto un Oscar, per Conan il barbaro (1981), Scarface (1983), L’anno del dragone (1985).
Il suo primo film importante - dopo Seizure (1974) e La mano (1981) - è stato Salvador (1986), che ha rivelato il suo talento di narratore epico, qualche volta rozzo e grossolano, ma potente ed efficace. Il suo primo successo è stato Platoon (1986), che ha raccontato con tutto il realismo immaginabile l’orribile esperienza del Vietnam, così come Nato il quattro di luglio (1989) racconterà i postumi e la delusione dei reduci.
Se Wall Street (1987) e The Doors (1991) mancano tutti e due il loro bersaglio, e Tra cielo e terra (1993) è un generoso ma fallimentare tentativo di raccontare le ragioni delle vittime del conflitto vietnamita, Talk Radio (1988) resta una feroce e brillante requisitoria contro il cattivo uso del potere di comunicare. E JFK - Un caso ancora aperto (1991), al di là dei suoi difetti più evidenti - la frenesia della narrazione, le scorciatoie e le approssimazioni storiche - ha avuto il grande merito di riaprire un dibattito e di far aprire gli archivi del Congresso sul caso Kennedy. I paese che Graham Greene definiva The United States of Amnesia non è davvero un merito da poco.
Da Irene Bignardi, Il declino dell’impero americano, Feltrinelli, Milano, 1996