Nella sfera erotica è assai coinvolto un altro autore dall'esordio assai promettente e ambizioso: Salvatore Samperi. Bellocchio + Bunuel + Losey + Godard sono gli ingredienti cinematografici che Samperi adotta per il suo primo film, Grazie zia, del 1968. Se I pugni in tasca trasmette i vapori e gli odori sulfurei della cultura laica della Padania, Grazie zia ammorbidisce il suo maledettismo con ampie spruzzate d'incenso e aspersioni d'acqua santa. Il regista è di origine padovana e questa precisazione geografica forse chiarisce le differenze tra due esordi. Di suo il regista mette una visibile incapacità a controllare tutti gli elementi, dai dialoghi alla recitazione, una componente voyeuristica, che ammorbidisce non poco la rabbia dell'opera prima di Bellocchio, e la presenza di un erotismo diffuso in oggetti, specchi, sguardi, dettagli, gesti. Nel corso della sua carriera successiva, ricca di successi commerciali e di opere di decoroso livello, Samperi si rivelerà sempre più come un chierico vagante lungo le frontiere dell'eros, un discepolo «non autorizzato» né riconosciuto del verbo erotico di Lattuada, la cui vocazione sarà sempre mascherata da qualche alibi culturale e ideologico. Mentre l'erotismo lattuadiano è carico di echi culturali e riferimenti figurativi, ed è una vera e propria filosofia di vita, un processo di «ascesi» conoscitiva, quello di Samperi è qualcosa che sembra nato tra il buio del confessionale, i banchi di scuola, le caserme e i buchi della serratura casalinghi. Anche se molto presto Samperi si dimostra dotato di buone qualità professionali e capace di realizzare opere di una certa consistenza, spesso è servito da mediocri sceneggiature, è prigioniero di moduli da cui avrebbe potuto liberarsi con non eccessiva difficoltà. La sua parabola registica da la sensazione dello spreco del talento, della rinuncia troppo precoce a realizzare le proprie capacità.
Malizia del 1973 è il film che consacra Samperi agli occhi del grande pubblico (l'incasso è superiore ai 6 miliardi di lire, cifra che rapportata al valore attuale dell'euro pone il film nel gruppo di testa delle classifiche di tutti i tempi). Determinante per il successo, certo, la bellezza solare di Laura Antonelli, la protagonista femminile, ma forse anche l'idea di ricostruire la memoria di una delle due vie «consolari» italiane all'iniziazione sessuale (l'altra è quella delle case chiuse fino a quasi tutti gli anni Cinquanta). La casa e la famiglia - anche nel cinema successivo del regista - resteranno i luoghi privilegiati del viaggio e delle avventure nei territori dell'eros.
Tenendo conto della sua filmografia iniziale, che include un omaggio molto squinternato allo spirito della contestazione (Cuore di mamma del 1969), e una serie di film che ne rivelano le discrete qualità sul piano della satira e della commedia (Un'anguilla da 300 milioni, Beati i ricchi), e anche opere più ambiziose come Uccidete il vitello grasso e arrostitelo che riprendono il tema della famiglia come causa di infiniti mali e disturbi della personalità, si capisce come il regista cerchi di seguire alcuni temi, ma si dimostri presto molto elastico e capace di tener conto delle esigenze del mercato.
Dopo l'exploit di Malizia (quasi bissato con Peccato veniale) le possibilità di scelta si restringono e specializzano. La qualità dei film resta buona, con qualche oscillazione: Nené ed Emesto sono tra i risultati migliori. L'area privilegiata è quella della commedia erotica, ma vi sono anche dei piccoli detour verso il grottesco (il primo Sturm-truppen che traduce il fumetto omonimo di Bonvi). Samperi non è single-minded come Brass e non è animato da alcuno spirito evangelico. Sembra piuttosto rimanere prigioniero del suo successo maggiore e non ama rischiare facendosi portatore di una poetica né capire che molte cose sono cambiate. Il remake di Malizia 2000 non può più essere visto (né tanto meno concepito) come un film di genere erotico. E piuttosto un film dell'orrore. Se Laura Antonelli ha rneritatamente occupato l'immaginazione erotica negli anni Settanta, ora, dovendo scegliere, lo spettatore anche maturo non avrebbe dubbi a optare per il cybersesso.
Da Gian Piero Brunetta, Il cinema italiano contemporaneo. Da «La dolce vita» a «Centochiodi», Laterza, Roma-Bari. 2007